Il copione più famoso di William Shakespeare destrutturato dalla regia di Claudio Autelli, che lascia i due leggendari amanti soli in scena, con pochi comprimari e senza le scenografie veronesi ad accompagnare. Nel concentrarsi esclusivamente sull'ossessione amorosa, però, va perso un po' del quadro generale
di Igor Vazzaz
foto di Alice Casarosa
Non pare una coincidenza il fatto che uno dei capolavori scespiriani più ripresi negli ultimi anni - quello del Bardo è ben a ragione il repertorio più frequentato dell’intero teatro occidentale - sia Romeo e Giulietta: parliamo d’un classico dei classici e siamo certi che se, da un lato, l’inflazione del “sentimentale” contribuisce non poco al successo della tragedia veronese, dall’altro, le infinite declinazioni possibili d’un testo tanto conosciuto da risultar iconico giustificano a sufficienza il gran numero di messe in scena. Solo andando a memoria, e limitandoci alla presente testata, rammentiamo il musical di Cocciante (e Panella), la versione rom di Tiezzi (leggi), il recente Mercuzio non deve morire della Compagnia della Fortezza (leggi), senza contare le altre concretizzazioni di cui, per qualche motivo, non abbiamo avuto modo di parlare.
Claudio Autelli è da qualche tempo uno dei più interessanti registi della sua generazione, quella di Emma Dante, Antonio Sixty, Carmelo Rifici, Serena Sinigaglia. Il suo è un teatro influenzato da modelli forti (Shakespeare, Tolstoj, Pinter) fatti reagire, non di rado umoristicamente, con elementi del contemporaneo, citazioni da cinema, musica, tv. In occasione del Festival del Teatro Era, ecco quindi la sua versione di Romeo e Giulietta, prodotta dal Teatro Litta (con cui Autelli collabora da anni) e dall’importante centro toscano.
In uno spazio metafisico, sorta di mondo chiuso e dominato dal nero, i personaggi vengono via via espulsi da una curiosa costruzione metallica piramidale, inizialmente coperta da un telo bianco semitrasparente. La struttura si rivelerà semovente e scomponibile in quattro sezioni identiche, tutte dotate d’illuminazione lungo l’asse principale, offrendo la possibilità di creare numerosi effetti scenografici a seconda dell’utilizzo e della disposizione. Non c’è Verona, non c’è città né contesto: solo Romeo, solo Giulietta. Solo la loro lacrimosa vicenda.
L’ossessività dell’ambientazione è l’opportuna traduzione visiva dell’interpretazione di Autelli: il dramma è coagulato, ridotto all’essenza dei suoi due interpreti principali, il loro coraggio, la loro ostinata e incomprensibile, al nostro occhio contemporaneo, scelta d’amore.
Ha buon gioco Francesco Meola nei panni di un Romeo a tratti convulso, fulmineo nelle movenze; la di lui innamorata è una Giulia Viana che entra in scena in una specie di costume balneare, lacerto di spettacolo che strappa sorrisi. Recitazione polifonica quella dei due, in grado di toccare corde assai varie, senza trascurare una marca quasi grottesca. La concentrazione estrema sui protagonisti è confermata, se ve ne fosse bisogno, pure dall’assegnazione delle parti: gli altri attori sono destinati a mutare di personaggio in personaggio, di costume (anche se semplice, umoristico e d’uso connotativo) in costume. Andrea Pinna è sia un guappo e inguinale Mercuzio sia l’austero Padre Capuleti, Camillo Rossi Barattini è Tebaldo, una ridicolosa e rosso vestita Madonna Capuleti e Paride, mentre Michele Schiano di Cola la collaborativa nutrice di Giulietta, il barbuto Frate Lorenzo e, infine, lo Speziale.
Di questo Romeo e Giulietta che vediamo al debutto assoluto ci colpisce, però, in negativo, una certa algidità, pur nell’insistita sottolineatura di quel sentimento immenso e caparbio che guida la coppia d’innamorati, la loro inquietante rivolta contro l’ordine del mondo. Sembra quasi che, a voler troppo avvicinare l’oggetto d’interesse agli occhi, si finisse per smarrirne il profilo, i contorni, senza poterlo più intendere né intuire.
Un vecchio adagio dei critici teatrali suggerisce di non visionare mai le prime repliche di una messinscena, così come le ultime: all’inizio, lo spettacolo necessita sempre rodaggio, alla fine, con il regista che spesso non segue la tournée, gli attori recitano sottogamba, perpetrano vizi e vizietti acquisiti nella coazione a ripetere. Ed è per questo che sospendiamo, almeno in parte, il giudizio, auspicando che lo spettacolo possa acquisire maggior passo con il susseguirsi delle repliche.
Tags: bardo, Claudio Autelli, Francesco Meola, Giulia Viana, Igor Vazzaz, romeo e giulietta, shakespeare, verona,
Romeo e Giulietta di William Shakespeare, adattamento e regia Claudio Autelli
Visto a: Pontedera (Pi), Teatro Era, in occasione del Festival Teatro Era 2011, il 10 novembre 2011
Produzione: Fondazione Pontedera Teatro/LITTA_produzioni 2011 in collaborazione con Ass. Cult. LAB121
Prossimamente: Casalpusterlengo (LO), 6/12; Milano, T.Litta, 13-31/12; per altre date e informazioni: www.teatrolitta.it
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