Treno Genova - Siviglia: i personaggi sono tutti in carrozza, tra cellulari e abiti alla moda. Una volta giunti a destinazione nella città ispanica prende il via la nota commedia del Barbiere rivisitata con un tocco di 'modernità' nell'allestimento dell'Accademia alla Scala diretto da Damiano Michieletto che allo spettatore richiede un notevole sforzo di fantasia
di Maria Rosaria Corchia
Il barbiere di Siviglia di Damiano Michieletto è uno spettacolo fatto con poco, che punta tutto, forse troppo, sulla fantasia dello spettatore per “costruire” lo spazio. Unica cornice all’allestimento, un viaggio in treno: l'espresso da Reggio Emilia a Siviglia annunciato prima dell’ouverture, rievocato sul finale primo atto, con ritorno sul finale secondo. I viaggiatori – cantanti e figuranti – salgono sul treno indossando abiti di oggi, giungono a Siviglia travestiti, e tornano a Reggio, nella vita di tutti i giorni, con jeans e cellulari: un invito esplicito a lasciare la quotidianità, almeno per un paio d’ore, per entrare in una dimensione altra.
La scena è vuota: quinte nere e, come fondale, uno schermo neutro, che si illumina di verde solo durante l’aria della calunnia. A dare colore e qualche spunto, per permettere allo spettatore di immaginare la Siviglia raccontata da Beaumarchais, solo pochi oggetti di uso quotidiano: le sedie rosse del treno sul quale sono seduti gli interpreti/personaggi sono infatti l’unico appiglio del pubblico per immaginare poi la piazza di Siviglia, la finestra di Rosina, le pareti della camera che la imprigiona. A queste si aggiungeranno solo oggetti di scena e attrezzi vari: una scala, ombrelli, cuscini, coriandoli e, nel secondo atto, enormi palloni bianchi per un finale a tinte quasi circensi.
Un Barbiere di fantasia dunque, perché è di tanta fantasia che lo spettatore deve essere attrezzato per poter immaginare lo spazio e l’azione. Anche ai cantanti, per “inventare” il vuoto del palcoscenico, è richiesto di muoversi e danzare. Addirittura Berta, mentre canta “Ma che cosa è questo amore che fa tutti delirar?…” abbandona i suoi abiti da governante e si lascia andare in uno sfrenato spogliarello. E un gruppo di figuranti di volta in volta anima lo spazio con movimenti - piuttosto banali - che mirano a sottolineare le relazioni tra i personaggi e il contesto dell’azione: funzione tradizionalmente svolta dal coro, che in questo allestimento è però relegato al fuori scena delle barcacce. Movenze, passetti di danza, incursioni in platea che di sicuro intrattengono, a tratti risultano ricicole, ma stabiliscono anche una connessione fin troppo superficiale con la drammaturgia e la musica rossiniana.
Se il disegno luci di Alessandro Carletti non aiuta a colorare il vuoto del palcoscenico, suggestioni interessanti e qualche virtuosismo si riscontrano nei costumi, ideati da Carla Teti in forte contrasto con la scena. Nessun tentativo di richiamare l’epoca di ambientazione della pièce, ma abiti da favola, e in alcuni casi travestimenti che enfatizzano attraverso forme antropomorfe la caratteristica essenziale di ogni singolo personaggio. Così accanto a una Rosina che sembra un'Alice nel paese delle meraviglie in rosso, c’è Figaro con il panciotto, i baffi e due orecchie volpine che ne esaltano la furbizia; Bartolo, con le sembianze di un bulldog, è bianco in volto come ad anticipare il pallore che lo immobilizzerà nel finale del primo atto. Infine Don Basilio è una vera e propria serpe, con codona, gobba, cilindro e bacchetta.
Buona la prova del direttore Francesco Angelico alla guida dell’Orchestra dell’Accademia Teatro alla Scala, così come quella dei cantanti, solisti dell’Accademia di perfezionamento per cantanti lirici della medesima istituzione. Menzione particolare per Christian Senn (Figaro) del quale si segnala anche una spigliata abilità scenica, Simon Lim (Don Basilio) e Natalia Gavrilan (Rosina). Applausi convinti del pubblico.
Tags: Barbiere di Siviglia, Damiano Michieletto, gioachino rossini, la scala, Maria Rosaria Corchia, operetta, recensione, teatro,
Il barbiere di Siviglia, di Gioachino Rossini, regia di Damiano Michieletto
Visto a: Teatro Municipale Valli di Reggio Emilia, 18 gennaio 2013
Prossimamente: Teatro Comunale di Modena, 15 e 17 febbraio 2013
Commenti
Invia nuovo commento