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TEATRO

Dodici ore fra i Demoni

Ovvero, in Paradiso. In anteprima nazionale, dopo il workshop della scorsa estate, lo spettacolo fiume di Peter Stein tratto dal romanzo di Dostoevskij va in scena alla Bicocca di Milano


di Sergio Buttiglieri


Per assistere a questo spettacolo, partendo dalla Liguria, ho rinunciato a un mare calmissimo e a un cielo finalmente sereno, e a una piacevole temperatura, finalmente coerente con il calendario. Quindi ero abbastanza contrariato all’idea di perdermi il primo giorno decente del maggio più piovoso degli ultimi anni, per sprofondarmi in un buio, immenso ex capannone industriale milanese del Gruppo Ansaldo (15.000 metri quadrati) dove la luce l'avrei rivista solo nelle pause, quasi fossi un carcerato nell'ora d'aria. Ma avevo prenotato da tempo e Peter Stein mi aveva recentemente donato alla Scala la regia di una Lulu di rara bellezza, e finalmente alle 11 sono entrato a conoscere i miei Demoni, consapevole che sarei uscito in un orario vicino alla mezzanotte, giusto in tempo per assaporare una Milano impazzita dalla vittoria dell'Inter alla finale della Champions League.
 
All'Hangar Bicocca, questa sorta di cattedrale laica dell'arte contemporanea, al cospetto delle inquietanti 7 torri di Anselm Kiefer ( I Sette Palazzi Celesti) che risiedono qui dal 2004, geniale introibo alla devastante ricognizione dell'anima di Dostoevskij, ci accoglie direttamente il regista, classe 1937, tra i più importanti del nostro tempo, fondatore negli anni settanta del mitico Schaubühne di Berlino. Ci riceve con i suoi capelli bianchi e il vestito nero, scampanellando come un parroco che chiama alla messa, e così farà per tutti gli intervalli di questo interminabile, ma intensamente travolgente, evento teatrale, giustamente insignito del Premio Ubu 2009 come miglior spettacolo dell'anno. 
 
I Demoni di Fedor Dostoevskij è difficilmente riassumibile, tanto è colmo di storie e di intrecci che farebbero impazzire d'invidia gli sceneggiatori dei serial televisivi del nostro tempo. Loro naturalmente, per ovvie ragioni di contratti pubblicitari da dilatare il più possibile, non farebbero morire i tormentati protagonisti, come invece fa il nostro Fedor. 
 
orizzontale.JPGLa scena in cui vediamo agire i 26 attori è, come spesso avviene per gli spettacoli teatrali memorabili, di una semplicità disarmante: due pareti che ruotano quando serve, per raccontarci l'intimità delle case. Qui si partorisce, si beve il the, o semplicemente ci si uccide, come farà Alekséj Nilic Kirillov (nella grande interpretazione di Fausto Russo Alesi). Un vecchio divano mezzo sfatto per le troppe conversazioni e i troppi brindisi (“si doveva pur bere lo champagne con qualcuno”, recita all'inizio Stepan) di cui è stato testimone, e tante sedie da osteria che, una volta rovesciate a terra, serviranno a raccontarci i moti rivoluzionari e gli incendi dell'anonima città russa in cui è ambientato il romanzo, forse il più importante di fine Ottocento.
 
La qualità di recitazione è molto alta, a cominciare da Elia Schilton, icona barbuta perfetta nei panni di Stepàn Trofìmovic, precettore inconcludente di Nikolaj, continuamente maltrattato (“dovete smettere di parlare per non dire niente”) dalla crudele e implacabile Varvara Petrovna Stavrògin, che in fondo ne ha invece bisogno per non sentirsi completamente sola (“vent'anni di reciproco egoismo”), incarnata magnificamente da Maddalena Crippa. Nikolàj Vsévolodovic Stravogin, restituitoci con quell'aria da dinoccolato dandy debosciato da Ivan Alovisio, è sicuramente il personaggio più odioso del racconto (“io desidero e basta, io non ho mai amato nessuno, ogni cosa mi è indifferente”), con quel suo andare oltre ogni limite in tutti i campi, a cominciare dalla pedofilia, con quel suo disprezzo degli altri che invece irrazionalmente spesso pendono dalle sue labbra. Ancor più odioso del pur viscido figlio senza talento di Stepan, Petr Stepànovic Verchovenskij, maligno prototipo dei rivoluzionari massimalisti (“le idee sono idiozie”) che tanto stavano antipatici a Dostoevskij – così tormentato dai grandi temi dell'uomo a cominciare dal libero arbitrio e dalla esistenza o meno di Dio – e qui interpretato dal perfidamente bravo, nella sua aurea mediocrità, Alessandro Averone.
 
Ma di attori meritori da citare, che ci hanno fatto compagnia per tutta la giornata e che quasi ci dispiaceva abbandonare, ce ne sono veramente tanti: ad esempio il piacevolissimo travolgente capitano Ignàt Lebjadkin/Franco Ravera (fratello di Marja la zoppa/ Pia Panciotti) che tanto farà inorridire gli invitati per la sua incontenibile ubriachezza durante la festa organizzata dalla irrequieta moglie Jùlija Michàjlovna/ Paola Benocci. E poi l'insulso nuovo governatore Andréj Von Lembke/Graziano Piazza, che oltre a discorsi fumosi e collezioni di manifestini rivoluzionari non fa (“devo assumere un maestro concertatore per dirigere lo sciame di grilli che avete in testa?” gli chiede Jùlija). Lizaveta/Irene Vecchio, immortalata in una delle torride scene finali nei manifesti dello spettacolo (“dove c'è fuoco c'è nichilismo”), è la figlia di Praskov'ja/ Maria Grazia Mandruzzato, matrona che sembra uscita dal Gattopardo, pervasa dall'eterna indecisione se stare col rassicurante Mavrikij/Paolo Mazzarelli, a cui va bene ogni umiliazione pur di rimanerle comunque vicino, oppure col demonio Nikolaj, troppo preso dal suo spropositato Io. 
 
__GiovanniVisentin_LucaIervolin o_PeterStein_AndreaNicolini_MaddalenaCrippa_ph_Le_Pera.JPGRicordiamo inoltre, oltre a Dar'ja/Franca Penone, emblema di chi nella vita si riduce ad essere inconsapevolmente materia di scambio, un Satov/Rosario Lisma di commovente intensità, che forse è l'unico personaggio di Dostoevskij da cui traspare un barlume di speranza (quando accoglie il nuovo nato, anche se non suo), subito però messo definitivamente a tacere dagli infidi cospiratori guidati da Petr.
 
D'altronde, ce lo dice lo stesso Dostoevskij: “il tempo si spegnerà nella mente, il tempo è un'idea”. E noi di questo differente tempo mentale, recitato, come espressamente richiesto dal regista, in maniera inaspettatamente cinematografica, abbiamo avuto una magnifica esperienza in prima nazionale (seguita all'anteprima in forma di workshop, tenutosi nel maggio 2009 nella tenuta umbra di San Pancrazio) che difficilmente dimenticheremo. Esperienza che fra poco avranno la fortuna di fare, oltre ai milanesi nel prossimo weekend, anche Vienna, Amsterdam, Napoli, Ravenna, Atene e infine New York.



Tags: elia schilton, Fedor Dostoevskij, i demoni, maddalena crippa, peter stein, prima nazionale, Sergio Buttiglieri,
25 Maggio 2010

Oggetto recensito:

I demoni di fedor Dostoevskij, regia di peter Stein

Prossimamente: 29 e 30 maggio, Milano, Hangar Bicocca; 3, 5 e 6 giugno, Vienna; 12 e 13 giugno, Amsterdam; 19 e 20 giugno, Napoli; 26 e 27 giugno, Ravenna, Palazzetto dello sport Angelo Costa; 3 e 4 luglio, Atene; 10 e 11 luglio, New York
 
Produzione: Tieffeteatro Stabile di Innovazione Milano, Wallenstein Betriebs -Gmbh Berlin, in collaborazione con Napoli Teatro Festival Italia, con il contributo di Assessorato alla cultura del comune di Milano
 
Secondo Attilio Bertolucci: “la luce che cade sulla sua pagina (di Dostoevskij )è come il riverbero che sta alla bocca di una fornace: fruga le profondità delle lotte e dei conflitti interiori di cui è fatto il dramma, avvolgendolo di grandi ombre fantastiche. Una cortina di spessa oscurità che copre il resto del mondo”. Da Aritmie

giudizio:



8.208
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