ATTUALITA' - NON E' UN PAESE PER DONNE? / 4
Quando le beghine finivano sul rogo
Nel Medioevo erano chiamate così le donne che non volevano né sposarsi né chiudersi in monastero, e vivevano libere di muoversi e pensare. Margherita Porete era una di loro, e giusto settecento anni fa venne condannata per eresia: aveva solo scritto che cercare Dio nelle chiese è da asini
di Luisa Muraro
(Illustrazione di Daniela Tieni)
Quest’anno è il settimo centenario della morte di Margherita Porete. Era una beghina e morì sul rogo. Beghina, così come ai nostri giorni femminista, è uno di quei nomi che gli uomini di potere rendono ridicoli e sospetti perché sono i nomi di donne indipendenti dal sistema di potere. Non ho niente contro gli uomini ma critico quelli che corrono dietro al potere e le donne che corrono dietro a loro. Beghine si chiamavano nel Medioevo quelle donne che non volevano né sposarsi né chiudersi in un monastero, e vivevano da sole o in piccoli gruppi, libere di muoversi e di cambiare idea, occupate nel lavoro, nella lettura e nella preghiera.
Esattamente settecento anni fa, nel 1310, a Parigi, Margherita spirò tra le fiamme, davanti a una grande folla. C’era gente che piangeva, dicono le cronache. Balzac ha immaginato che Dante, ormai in esilio, sarebbe giunto fino a Parigi proprio in quel tempo, fra persone che parlavano ancora della morte di Margherita.
La sua unica colpa fu di avere scritto un libro, Lo specchio delle anime semplici, che venne giudicato eretico e che lei non volle rinnegare. Avrebbe potuto salvarsi. In quel libro aveva messo in parole, dopo averle messe in pratica, le idee più avanzate di un vasto movimento spirituale fatto di laici, fra i quali molte donne: il Movimento del libero spirito. Erano idee sul filo del rasoio intorno al tema della deificatio, ossia della mutazione dell’essere umano nell’essere divino, tema fra i più rischiosi della vita spirituale perché coinvolge la libertà come bene assoluto e ha delle ricadute nella vita pratica. Una, principalmente, era fatta per disturbare il potere clericale. Diceva: è da asini cercare Dio nelle chiese, nei conventi e nelle cerimonie, Dio si nasconde nel fondo del fondo di noi stessi.
La frase “è da asini” è testuale. Margherita scrisse in francese, che allora era la lingua del popolo, gli istruiti usavano il latino, e ha un linguaggio che va dalla più ispirata dolcezza, come il passo sull’anima che nuota nel mare della gioia, ad una energica concretezza, come le invettive contro il clero che diceva asinerie teologiche.
Lo specchio è un libro di ricerca che ha ancora delle cose da dire. La filosofa Simone Weil lo conobbe e ne fu colpita. In esso troviamo anticipata una scoperta di Gregory Bateson, quella dell’alternanza gerarchica fra calibrazione e retroazione. In breve, Margherita comprese che a un certo punto si deve cessare di sforzarsi per ottenere risultati migliori, e lasciare che il meglio venga da sé. Espose la sua scoperta nella forma di una canzone di danza per l’anima in festa che, non più sottoposta alla pratica delle virtù, canta la sua libertà.
Consultati dal tribunale dell’Inquisizione, i magistri (professori) della Sorbona non riconobbero la giustezza di questa idea. La ritroviamo infatti nel dispositivo della condanna, insieme ad altre tesi condannate. Il processo, condotto dal grande inquisitore di Francia, si svolse secondo le regole. Ciò nonostante, Margherita non si sottomise alla procedura e rimase in silenzio. Il perché, non lo sappiamo. In silenzio affrontò la condanna e il martirio.
Oggi alcuni teologi dicono che il libro non è eretico. Ma ci fu chi lo disse già allora, autorevolmente, tre teologi uno dei quali illustre: libro difficile ma valido, validissimo. Non furono ascoltati. Peccato! Peccato per lei, per noi, per tutti. Se le idee di quel movimento e il pensiero di Margherita fossero stati accolti, approfonditi e assimilati, la Chiesa cattolica si sarebbe trovata meglio preparata e più disposta ad ascoltare le critiche di un Martin Lutero e le esigenze di libertà avanzanti con la modernità.
In considerazione di tutto questo e del grande bisogno che abbiamo anche noi di vivere sotto cieli più grandi, volendo festeggiare con le donne e gli uomini di Giudizio Universale l’Otto marzo 2010, io, senza potere ma con l’autorità che mi date voi, dichiaro aperto l’anno margheritiano dedicato a ricordare la beghina Porete e a ritrovare la sua ispirazione.
Tags: 8 marzo, beghine, dante, deificatio, eresia, Gregory Bateson, honoré de balzac, Luisa Muraro, margherita porete, parigi, rogo, Simone Weil,
10 Marzo 2010
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Commenti
Cara Luisa, anche per me
Cara Luisa, anche per me questo sarà l'"Anno Margheritiano", mi impegno a diffondere questa bella e nuova iniziativa. Con grande affetto e riconoscenza. Mimma Marotta
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