A forza di dire che l'ex leader di An è diventato una spina nel fianco per Berlusconi, non ci siamo accorti quanto sia diventato un problema per la sinistra. O meglio, per i suoi elettori in crisi di identità
di Remo Bassetti
Ero seduto ieri, dopo l’ora di pranzo, con un collaboratore di Giudizio Universale e, mentre ci scambiavamo varie opinioni e qualche confidenza, si capiva che rimaneva taciuto qualcosa che ci imbarazzava, che non avevamo il coraggio di tirare fuori. Ci eravamo buttati verso l’alcol? Frequentavamo assiduamente i sexy-shop? Alla fine ce lo siamo detti, per liberarci, ed era in effetti lo stesso pensiero: avevamo ascoltato per radio il discorso di Fini alla direzione Pdl, e ne eravamo rimasti toccati, quasi commossi.
Commossi può apparire parola eccessiva. C’è sicuramente un sovrappiù di turbamento in persone che si sentono di sinistra di fronte a questa escalation di coraggio e contenuti da parte di Fini. C’è quel dubbio sottile, che ci fa interiormente sussultare, e che vanamente cerchiamo di scacciare, e che dice: finirà che andrò a votare per Fini? (In una perfetta economia lessicale, il verbo Finirà potrebbe perfettamente rendere l’intera frase). Insomma, sottolineare continuamente come Fini sia diventato un problema per Berlusconi tende ad occultare quanto sia parallelamente diventato un problema per il popolo di sinistra, suscitandovi crisi identitarie e derive degne di trattamento psicanalitico simili a quelle che produce nel capo del Governo.
Non possiamo negarci che la simpatia per l’uomo è nata strumentalmente, per il gusto che andasse ad appiccare il fuoco nella casa di quell’altro. E se ragioniamo freddamente, a proposito di un voto futuro, ci sono meccanismi di sicurezza insormontabili. Ci vorrebbero trent’anni almeno a Fini per produrre una classe politica adeguata a fiancheggiarlo, per esprimere figure credibili a livello locale, dei sindaci proponibili. Oppure, se verrà scelto come leader di un nuovo centrodestra moderato, sappiamo che lì andranno a confluire i transfughi più cialtroni del centrosinistra, e non saranno certo loro che vorremo premiare con il voto. Se poi la sconfitta dentro il Pdl lo confinerà in un ghetto la questione nemmeno si porrà.
Quanto alla credibilità del personaggio, piacerebbe (senza che diventi una Fiuggi personale: non siamo di quelli che gradiscono la diuresi delle abiure) sentirlo ammettere che è arrivato in cima a un percorso di trasformazione, visto che il Movimento Sociale e Alleanza Nazionale, partiti che anche loro non eleggevano il comitato direttivo (il segretario e il presidente però sì) non erano certo modelli di incoraggiamento del dissenso interno. Ma, naturalmente, su tutte, c’è l’obiezione principale: che quei valori ieri proclamati da Fini - la dignità dell’uomo, il ruolo del dibattito nella democrazia, la legalità - sono il minimo sindacale di una visione del mondo che non sia asfissiata dall’opportunismo, dall’ignoranza, dall’egoismo più gretto.
Proprio per questo, tuttavia, dovremmo, per equilibrio delle proporzioni, ascoltarne il patrocinio con voce alta, forte, nobile, ed estensione di contenuti, da parte del leader di sinistra, che invece le bisbigliano timidi, sottovoce, timorosi di violare le regole di urbanità e di offendere la sensibilità dei moderati che corteggiano. Credo che dalla giornata di ieri dovrebbero prendere esempio.
Perché, al di là persino del merito del discorso, ciò che vibrava, e in fondo emozionava, era la qualità tutta politica del discorso, la sua connotazione culturale, un odore proustiano di madeleine, a maggior ragione commovente perché spoglio di enfasi retorica. Qualcosa che la sovrastruttura propagandistica e mediatica dei discorsi di questi anni, quella sì una metastasi, aveva riposto nel libro dei ricordi, e che lo svolgimento dentro un contesto ostile (come è più facile sbandierare certi temi davanti a una folla osannante!) rende ancora più meritoria. Insomma, che un giorno lo si voti, francamente, è difficile. Ma un grazie a Gianfranco Fini a questo punto lo dobbiamo davvero.
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Direttore, leggo con
Direttore, leggo con interesse sorridente questo beffardo "coming out" (sull'ipotesi di Fini leader del centrosinistra ho scritto, due anni e mezzo fa - dueanniemezzofa -, un delirante articolo di satira scorretta tuttora in rete, da qualche parte) e mi permetto di dissentire alquanto.
Fini pare a me un politico assai mediocre strategicamente, cosa attestata storicamente (pur da alleato, nel '96 fu lui a spingere verso le elezioni vinte poi da Prodi, sicuro com'era di "sfondare" il muro del 15%, miraggio che AN ereditava virtualmente dal PSI), abbastanza opportunista e, soprattutto, cosa che una persona anche lontanamente di sinistra non dovrebbe mai dimenticare, firmatario di due leggi tra le più infami promulgate dai governi di Papino il Breve. Al momento attuale, il Gianfranco ha bisogno di smarcarsi in qualche modo dal Padrone e da Bossi (mettetela come volete, sono loro le vere volpi politiche degli ultimi quindici anni e non solo per i risultati recenti, del tutto ingigantiti, specie per la presunta "leghizzazione" del Paese), si è pentito e sta scalpitando in modo alquanto scomposto. Ha perso i famosi colonnelli, la sua base non lo riconosce più, il potere mediatico del Capo non farà molta fatica a farne un Follini qualcunque. Perché, alla fine dei giochi, agli italiani delle sfumature di Fini (quello che qualche anno fa dichiarava di non voler un insegnante gay per il figlio) sulla bioetica non gliene frega né gliene fregherà niente di niente, né delle posizioni d'apertura sul voto agli immigrati. Velletarismi, nulla più.
Il pallino resta in mano al Capo, sempre più nervoso, ma ancora bene in sella.
Poiché in Italia, di politica se n'è sempra fatta pochina, in favore della strategia, l'unica speranza che può giocarsi Gianfranchino è che Silvio sia costretto a togliersi dalla piazza ben prima della legislatura, per motivi personali (e di voci, per quanto contino, ne girano parecchie). In quel caso, e solo in quello, Fini potrebbe mettere d'accordo i nasini all'insù del centrosinistra, un bel po' di (ex)fascisti (quelli che riesce a non alienarsi adesso), un bel po' di moderati, più i centristi da San Rutelli a Casini. Mi pare l'unico scenario possibile affinché uno dei due politici più sopravvalutati (e vanitosi) della storia recente (l'altro lo taccio da quanto è facile) possa uscire, in un'ottica di tre anni, dalla pastoia in cui si è cacciato per assoluta insipienza e mancanza di avvedutezza.
E poi diciamocelo: il "mondo" che ha in testa Fini forse è una società ordinata, moderata, normalizzata secondo principi di rigidità che sono sempre stati patrimonio della destra europea, ossia una vera utopia per la cialtronissima classe politica del Belpaese. Non è lui a spostarsi, ma la sinistra evanescente che abbiamo. Rendersene conto non sarebbe male.
Un saluto, Igor Vazzaz
Parole parole parole. Credo
Parole parole parole. Credo che esistano due situazioni: le parole che nascono dopo una maturazione dell'esperienza personale e le parole che nascono da uno studio approfondito dei temi. La prima è vera e parte dal cuore supportata dalla mente, la seconda è falsa e parte dalla mente e arriva al cuore. Entrambe, apparentemente e solo apparentemente, colpiscono la persona, le sue emozioni, il suo interiore. Perché fanno breccia sui desideri, sulle aspettative, sul delegare, sul non voler guardare se stessi e i propri limiti e pregiudizi. Siamo solo in superficie. C'è poco da imparare e ancora meno da imitare, dobbiamo educarci a capire/scoprire gli inganni e non c'è migliore strumento della nostra vita e del nostro agire.
...scagli la prima pietra chi
...scagli la prima pietra chi di sinistra da sempre (come me!)...non ha pensato almeno una volta nelle ultime 24 ore che esiste la ragionevole possibilità che <...finirà per votare Fini!>...!!! Bersani e dintorni...meditate...ed in fretta.
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