MUSICA ROCK
Cucù, i Radiohead
L'ultima trovata del gruppo di Thom Yorke: incidere un disco senza farlo sapere a nessuno. Non ai giornali, ma neppure ai pirati di internet. Fino a spiazzare perfino se stessi. Marketing virale o sciocchezza micidiale? Vediamo, ma parliamo (anche) della musica che c'è in The king of limbs
di Simone Dotto
Se uno tra quei due o tre soggetti al mondo che ancora possono fregiarsi del titolo di popstar se ne esce dall’oggi al domani con un disco nuovo, la notizia è di quelle da far fermare la stampa. A meno che le popstar di turno non siano dei guastafeste ipertecnologici del rango dei Radiohead, che delle macchinose tempistiche delle rotative hanno deciso di infischiarsene (inquinano, e poi fanno così tanto “ società industriale”…).
Attenzione, però, che non si tratta di scelta eremitica o di snobismo verso riviste e quotidiani. Dietro gli annunci dell’ufficio stampa - soprattutto quelli mancati - si nasconde ancora il genio diabolico di Chris Hufford, già autore del metodo paghi-quanto-vuoi, adottato per la promozione dell’ultimo disco ma in quest’occasione (significativamente?) abbandonato. Sempre connesso con le ultime strategie di marketing virale, il manager-guru ha già donato ai suoi discepoli nuove pillole di saggezza promozionale: dice che il miglior modo per far parlare di sé è non parlare per nulla (vecchio trucco) e che la maniera più efficace per farsi seguire da tutti è … precederli.
Meno scontata di quanto sembri, quest’ultima: giocare d’anticipo nel mondo internettiano, dove le anticipazioni sono la regola, è tanto più difficile quanta più attesa e curiosità ci si crea attorno. Pure con tutto il chiacchiericcio che si portano dietro, i Radiohead riescono nel triplo salto carpiato di precedere gli organi di comunicazione ufficiale (facile), i pirati spifferoni del web (difficile) e infine persino se stessi (difficilissimo): che dopo aver comunicato che il nuovo lavoro avrebbe visto la luce di lì a cinque giorni, pensano di portarsi avanti ancora un poco, e di uscire ventiquattr’ore prima di quanto avevano annunciato.
Il tutto, naturalmente, è possibile soltanto nel cyberspazio. The King of Limbs, ottavo capitolo di una carriera discografica inaugurata nel 1992, passerà i suoi primi mesi di vita in formato esclusivamente digitale, rimandando a maggio il suo esordio analogico, l’uscita di quello che è stato ironicamente battezzato Newspaper Album: un “disco formato giornale”, ma forse anche un disco pensato “per i giornali” e tutto quel mondo di carta che ancora ragiona in termini di distribuzione, trasporto, spedizione e quant’altro. Solo qualche anno fa, un piano simile sarebbe finito in un silenzioso suicidio commerciale: tempo che escano i giornali, l’album è già vecchio, e te lo ritrovi nel cestone degli invenduti a prezzo speciale. Nel 2011, invece, la cosa funziona e per di più se ne parla parecchio – e la prova sta proprio nei 2500 caratteri spesi fin qui, senza mai aver nemmeno sfiorato l’argomento musicale.
The Kings of Limbs, dunque, dove “limbs” sta (anche) per “oscurità interplanetarie”. E’ da lì che i Radiohead spediscono i loro dispacci al mondo e questo in particolare è più telegrafico degli altri (trentatré minuti appena) e mastica una lingua che a chi non ha frequentato le ultime evoluzioni della scena elettronica inglese (dubstep e affini) sembrerà totalmente “aliena”. Dopo la timida ricomparsa di chitarre e ritornelli nei due album precedenti, di “canzoni” propriamente dette qui non c’è più traccia. A vedere il video ballerino di Lotus Flower qua sotto, tornano in mente le parole che Thom Yorke usò per definire un suo vecchio brano: “ una discoteca vista dall’interno della propria testa”. Il brano, per la cronaca, era Idioteque, inciso dieci anni fa quando per la prima volta il gruppo si prese una vacanza dal pop nel limbo dell’elettronica. Dev’essere un rifugio rassicurante, quello, se i nostri ogni tanto i nostri sentono il bisogno di tornarci, per prendere un po’ le distanze da sé e dal resto del mondo.
Ironia del destino ha voluto che questo silenzioso conto alla rovescia coincidesse proprio con le cerimonie in pompa magna dei Grammy Awards, gli oscar che ogni anno l’industria musicale consegna a se stessa: un bel bagno di sangue a questo giro, consumato soprattutto sui campi di battaglia del web. I fan di Justin Bieber che imbrattano la voce Wikipedia su Esperanza Spalding, “rea” di aver sottratto al loro beniamino il premio per il miglior artista esordiente e di essere (alle loro orecchie) un’emerita sconosciuta. La stessa accusa lanciata dall’ormai nota pagina whoisarcadefire (http://whoisarcadefire.tumblr.com/), che invece prende di mira la formazione canadese a sua volta colpevole di essersi aggiudicata la targa per il miglior album 2010 a discapito di Lady Gaga. Anche questo è “hype”, tante chiacchiere sparse nell’etere per gonfiare questo fenomeno mediatico e sgonfiare quell’altro. Però quanta differenza fra i bisbiglìi di eccitazione per un arrivo imminente e queste urla da tifoseria...
Quando tutto il rumore sarà passato, e The King of Limbs sarà stato consegnato alla storia esclusivamente secondo i suoi meriti musicali, Thom Yorke e sodali potranno comunque ricordare di essere stati al centro della festa non per essersi fatti attendere, come fanno le celebrità, ma per essere arrivati con qualche ora di anticipo, come capitava solo agli sfigati dei tempi del liceo. Per il gruppo più nerd del music business, una bella rivincita.
Attenzione, però, che non si tratta di scelta eremitica o di snobismo verso riviste e quotidiani. Dietro gli annunci dell’ufficio stampa - soprattutto quelli mancati - si nasconde ancora il genio diabolico di Chris Hufford, già autore del metodo paghi-quanto-vuoi, adottato per la promozione dell’ultimo disco ma in quest’occasione (significativamente?) abbandonato. Sempre connesso con le ultime strategie di marketing virale, il manager-guru ha già donato ai suoi discepoli nuove pillole di saggezza promozionale: dice che il miglior modo per far parlare di sé è non parlare per nulla (vecchio trucco) e che la maniera più efficace per farsi seguire da tutti è … precederli.
Meno scontata di quanto sembri, quest’ultima: giocare d’anticipo nel mondo internettiano, dove le anticipazioni sono la regola, è tanto più difficile quanta più attesa e curiosità ci si crea attorno. Pure con tutto il chiacchiericcio che si portano dietro, i Radiohead riescono nel triplo salto carpiato di precedere gli organi di comunicazione ufficiale (facile), i pirati spifferoni del web (difficile) e infine persino se stessi (difficilissimo): che dopo aver comunicato che il nuovo lavoro avrebbe visto la luce di lì a cinque giorni, pensano di portarsi avanti ancora un poco, e di uscire ventiquattr’ore prima di quanto avevano annunciato.
Il tutto, naturalmente, è possibile soltanto nel cyberspazio. The King of Limbs, ottavo capitolo di una carriera discografica inaugurata nel 1992, passerà i suoi primi mesi di vita in formato esclusivamente digitale, rimandando a maggio il suo esordio analogico, l’uscita di quello che è stato ironicamente battezzato Newspaper Album: un “disco formato giornale”, ma forse anche un disco pensato “per i giornali” e tutto quel mondo di carta che ancora ragiona in termini di distribuzione, trasporto, spedizione e quant’altro. Solo qualche anno fa, un piano simile sarebbe finito in un silenzioso suicidio commerciale: tempo che escano i giornali, l’album è già vecchio, e te lo ritrovi nel cestone degli invenduti a prezzo speciale. Nel 2011, invece, la cosa funziona e per di più se ne parla parecchio – e la prova sta proprio nei 2500 caratteri spesi fin qui, senza mai aver nemmeno sfiorato l’argomento musicale.
The Kings of Limbs, dunque, dove “limbs” sta (anche) per “oscurità interplanetarie”. E’ da lì che i Radiohead spediscono i loro dispacci al mondo e questo in particolare è più telegrafico degli altri (trentatré minuti appena) e mastica una lingua che a chi non ha frequentato le ultime evoluzioni della scena elettronica inglese (dubstep e affini) sembrerà totalmente “aliena”. Dopo la timida ricomparsa di chitarre e ritornelli nei due album precedenti, di “canzoni” propriamente dette qui non c’è più traccia. A vedere il video ballerino di Lotus Flower qua sotto, tornano in mente le parole che Thom Yorke usò per definire un suo vecchio brano: “ una discoteca vista dall’interno della propria testa”. Il brano, per la cronaca, era Idioteque, inciso dieci anni fa quando per la prima volta il gruppo si prese una vacanza dal pop nel limbo dell’elettronica. Dev’essere un rifugio rassicurante, quello, se i nostri ogni tanto i nostri sentono il bisogno di tornarci, per prendere un po’ le distanze da sé e dal resto del mondo.
Ironia del destino ha voluto che questo silenzioso conto alla rovescia coincidesse proprio con le cerimonie in pompa magna dei Grammy Awards, gli oscar che ogni anno l’industria musicale consegna a se stessa: un bel bagno di sangue a questo giro, consumato soprattutto sui campi di battaglia del web. I fan di Justin Bieber che imbrattano la voce Wikipedia su Esperanza Spalding, “rea” di aver sottratto al loro beniamino il premio per il miglior artista esordiente e di essere (alle loro orecchie) un’emerita sconosciuta. La stessa accusa lanciata dall’ormai nota pagina whoisarcadefire (http://whoisarcadefire.tumblr.com/), che invece prende di mira la formazione canadese a sua volta colpevole di essersi aggiudicata la targa per il miglior album 2010 a discapito di Lady Gaga. Anche questo è “hype”, tante chiacchiere sparse nell’etere per gonfiare questo fenomeno mediatico e sgonfiare quell’altro. Però quanta differenza fra i bisbiglìi di eccitazione per un arrivo imminente e queste urla da tifoseria...
Quando tutto il rumore sarà passato, e The King of Limbs sarà stato consegnato alla storia esclusivamente secondo i suoi meriti musicali, Thom Yorke e sodali potranno comunque ricordare di essere stati al centro della festa non per essersi fatti attendere, come fanno le celebrità, ma per essere arrivati con qualche ora di anticipo, come capitava solo agli sfigati dei tempi del liceo. Per il gruppo più nerd del music business, una bella rivincita.
Tags: dubstep, marketing virale, Radiohead, recensione, Simone Dotto, The Kings of Limbs,
02 Marzo 2011
Oggetto recensito:
Radiohead, The king of Limbs, XL Recordings
The King II: “If you think it’s over, then, you are wrong”. Le parole che chiudono il disco, insieme alla sua scarsa durata, hanno messo la pulce nell’orecchio di qualche ascoltatore. Voci vorrebbero un secondo capitolo di prossima pubblicazione, sulla falsariga dei dischi “gemelli” Kid A e Amnesiac pubblicati tra il 2000 e il 2001, a pochi mesi di distanza l’uno dall’altro.
Il video: il web dà, il web (ri)prende. Una volta messo in circolazione il clip di Lotus Flower che vedete qui sopra, i sostenitori della band ci hanno messo le mani per riempire la rete dei loro “omaggi” sottoforma di remix. Su Youtube potrete troverete il povero Thom Yorke costretto a ballare su decine di musiche diverse. Tra le più azzeccate segnaliamo una variante “made in italy” (http://www.youtube.com/watch?v=A51qtrQe1Yc)
Il video: il web dà, il web (ri)prende. Una volta messo in circolazione il clip di Lotus Flower che vedete qui sopra, i sostenitori della band ci hanno messo le mani per riempire la rete dei loro “omaggi” sottoforma di remix. Su Youtube potrete troverete il povero Thom Yorke costretto a ballare su decine di musiche diverse. Tra le più azzeccate segnaliamo una variante “made in italy” (http://www.youtube.com/watch?v=A51qtrQe1Yc)
giudizio:
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