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MUSICA - JAZZ

Bryan Ferry senza swing

Gli anni ruggenti. Non i Venti descritti da Francis Scott Fitzgerald, ma i tardi Settanta, che il cantante inglese ha vissuto sulla cresta dell'onda assieme ai suoi Roxy music e che ora rivisita con tanto di Big Orchestra. The Jazz Age è il suo disco dal vivo: divertente ma tutto sommato inutile


di Marco Buttafuoco

 


Nel 1999 Bryan Ferry aveva dedicato un disco alla musica americana degli anni’30. Si chiamava As time goes by, e il leader dei Roxy Music vi esercitava con garbo, discreto senso dello swing e qualche leziosità il suo mestiere di cantante. A distanza di tanti anni il musicista inglese ci riprova con questo album insolito.
 
Jazz age è dedicato ai roaring twenties, quelli resi "favolosi" dalla prosa di Francis Scott Fitzgerald ma, a differenza di As Time Goes By, non è costruito sulla reinterpretazione di standard dell’ epoca. Niente canzoni di George Gershwin, per capirci, né di Cole Porter o di Hoaghy Carmichael. Ferry ha invece chiamato un'orchestra a reinterpretare, in chiave swing e senza la sua voce, brani del repertorio suo e del suo storico gruppo. Sax, tromboni, banjo e basso tuba sostituiscono in eleganti impasti timbrici le chitarre e e le tastiere. I sax evocano, talora fin troppo scolasticamente, le voci di Coleman Hawkins e Ben Webster, le trombe citano Armstrong, i clarinetti imitano Jimmy Dodds. L’orchestra nel suo complesso ha il suono di quella dell’ Elligton degli anni del Cotton Club. 
 
bryanferry2.jpgNe è venuto fuori un disco patinato e divertente, corredato da una bella copertina in stile, un omaggio sentito e non manieristico al mito di quell’epoca in cui F.S. Fitzgerald scriveva di “giardini azzurri, dove uomini e donne andavano e venivano come falene fra bisbigli e champagne e stelle". Jazz age è qualcosa di più di un mero esercizio di stile, ma anche qualcosa di meno di un disco indimenticabile. E’ un lavoro perfettamente cesellato, intriso di uno spleen sottile ed elegante, ma non racconta niente di nuovo a chi ama il jazz e la sua storia.
 
Forse sarà curioso ed interessante per i fans della pop star, che riascolteranno in una versione davvero insolita alcuni delle loro hit preferite. Il jazzofilo si emozionerà tuttavia ben poco a sentire riprodotto, seppure alla perfezione, il sound che ha imparato ad amare nei classici. Nella descrizione di una delle feste organizzate in casa Gatsby, Fitzgerald parla di “scoppi di risa felici ed inutili che si alzavano verso il cielo estivo”. Ecco, questa stessa coppia di aggettivi definisce a perfezione il disco di Ferry. Un disco felicemente inutile.



Tags: anni'20, Bryan Ferry, George Gershwin, Jazz Age, Marco Buttafuoco, recensione, swing,
10 Gennaio 2013

Oggetto recensito:

The Brian Ferry Orchestra, the Jazz Age, Bmg 2012

 

giudizio:



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