Ovvero, quando il politicamente scorretto vende. Una serie racconta la versione ridicolizzata, ma verissima, della nostra televisione: un prodotto di qualità che fa ridere e pensare
di Viola Rispoli
Non gridiamo al miracolo, perché Boris non è altro che un buon prodotto, leggero, satirico, divertente, con bravi attori e buone trovate. Uno di quelli che dovrebbero essere la norma in un paese in cui si faccia mediamente buona fiction. Solo che in Italia mediamente si fa brutta fiction. Sempre meno, tanto per cominciare, e quella poca ancorata a canoni estetici vecchi, spesso retorica, conservativa nell'aspetto e nella sostanza, con trame meccaniche, prevedibili e consolatorie. All'interno di una tv che non evolve perché non è un vero mercato, è un duopolio (anzi ultimamente un monopolio) in cui bisogna mantenere le posizioni, e in cui gli esperimenti sono rischiosi, soprattutto quelli che osano sui contenuti.
Per questo Boris non è più solo un buon prodotto, ma quantomeno è un piccolo caso, se non vogliamo scomodare i miracoli. Innanzi tutto ha rotto il tabù del "non si può raccontare la televisione in televisione": ambientata in un set tv, Boris mette in scena la scena stessa, con grande successo di pubblico e critica e buona pace degli scettici ("la guarderanno solo gli addetti ai lavori"); tanto che ormai attori di calibro fanno a gara a inserirsi con piccoli ruoli e camei tra i personaggi fissi della sgangherata troupe di protagonisti. Sfidare i tabù a volte paga, specialmente quando si cavalca e sublima il desiderio nascosto di ogni italiano, anche quelli più emancipati: andare in tv e farne parte. Vederla da dentro.
E la tv che Boris racconta è una versione ridicolizzata, ma verissima nella sostanza, della nostra. Un duopolio in cui una parte è tenuta al guinzaglio dalla sua stessa paura di offendere un’istituzione, rompere i rapporti con un’altra, dispiacere la politica del momento, nonché obbligata di contro a compiacere qualcuno e rispondere di ogni scelta; e l’altra parte fatta di soldi, grosse tette, marketing e comicità trash. Una distinzione semplicistica e manichea, come satira vuole, ma efficace. Ecco quindi l’aspetto più interessante di Boris: mostrare senza edulcorare. Far ridere non è facile, quindi tanto di cappello al trio di sceneggiatori Ciarrapico, Torre e Vendruscolo. Ma quando si può raccontare la realtà, fare satira è un po' più facile. E non chissà quale realtà. Nessuna rivelazione su Ustica, Moro, gli investimenti di Milano2. Semplicemente il ritratto squallido, veritiero ed esilarante della solita italietta cialtrona, pigra, menefreghista, gretta e autocompiaciuta, come faceva la commedia all’italiana e non fa più nessuno.
Niente di miracoloso, ma divertente. Miracoloso nella misura in cui ci fa rendere conto (specialmente agli addetti ai lavori assuefatti) che a Boris si può dire tutto e nel resto della tv italiana no, che vale anche il politicamente scorretto e lo sconveniente, e si possono avere personaggi protagonisti pieni di difetti odiosi, e non perché hanno avuto un trauma da piccoli ma perché sono così e basta, come siamo noi tutti. Si può avere il megalomane e il cocainomane, la raccomandata e la troia, l'inetto, il bastardo e il razzista, si può intitolare Sanità Annozero il libro d'inchiesta di un giornalista esaltato, chiamare Jasmine un'attrice cagna, citare il Bagaglino come aspirazione ultima di un comico demenziale; a Boris si può addirittura nominare Berlusconi, e non per fare politica, cosa che non le compete. Soltanto per ridere, e anche un po' per pensare. Binomio che si realizza di solito quando si riesce a scherzare sul peggio di noi. Pratica che in Italia sta diventando pericolosamente vietata, come tante altre cose.
E un po’ spiace che una piccola breccia in questa gelatina preventiva di censura e autocensura la faccia un conservatore guerrafondaio come Murdoch, con le sue reti satellitari fuori dal duopolio. Anche se nei fatti il prodotto è tutto italiano, dall'ideazione alla produzione. Ma comunque preferiremmo che questa sfida all’immobilismo la lanciasse e la vincesse la Rai, e non solo con esperimenti alla Tutti pazzi per amore, vivace e moderna ma nella forma soltanto; o con il vorrei-ma-non-posso de La Nuova Squadra, in cui per ogni scelta un poco più estrema si vede il tributo dovuto all'edulcoratore folle. Vorremmo che la stravincesse nei contenuti, ridendo di se stessa nel guardare Boris che ne racconta gli aspetti più bassi, ma dimostrando di avere sfrontato coraggio. Rompendo lei il meccanismo perverso del duopolio, prima ancora che del duopolio ci si riesca a liberare. Questo sì che sarebbe un miracolo. Nell’attesa, viva la freschezza terrena di Boris.
Tags: Boris, ciarrapico, fiction, rupert murdoch, sky, torre, tv italiana, vendruscolo, Viola Rispoli,
BORIS, SKY
In onda: la terza stagione su Fx, canale 119 di Sky, il lunedì alle 22.45 e in replica il martedì alle 23.45
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Raro vedere in Italia
Raro vedere in Italia qualcosa di intelligente e divertente allo stesso tempo. Veramente un programma che mette in mostra il meglio della grande tradizione della commedia italiana e la qualità dei contenuti. Ottimo lavoro e grazie a chi ci ha lavorato: sia alle capacità che al coraggio
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