Con Il mio nome è Frank Sinatra, lo studioso Francesco Meli dice la sua sulla movimentata esistenza del cantante italoamericano: una difesa appassionata, che non si fa mancare nulla. Né la parte più strettamente musicale, né i particolari scandalistici sul personaggio
di Marco Buttafuoco
Quella di Frank Sinatra è certamente una delle storie più turbolente e controverse dello show-business internazionale. Alla sua indiscutibile e indiscussa grandezza artistica ha fatto sempre da contraltare, nell’immaginario collettivo, una vita giocata ai limiti delle legalità e della moralità comune. Allude a lui, ne Il Padrino, il personaggio di Johnny Fontaine, il cantante che, rischiando di finire ai margini del grande giro, chiede al Boss di intervenire presso un impresario deciso a rifiutarlo. E’ per aiutare lui che Don Corleone fa all’ impresario stesso quella celebre proposta “che non potrà rifiutare”. Voci, mai provate direttamente: supposizioni, illazioni rimaste incollate alla figura di quello che fu probabilmente il più grande cantante pop di ogni tempo.
Di tutto questo e di molto altro parla questa notevolissima biografia di The Voice, pubblicata dall’americanista Francesco Meli, da poco uscita per Arcipelago. Meli si schiera, senza esitazioni, dalla parte del grande italo americano. E’ proprio nel carattere “etnico” del personaggio Sinatra, che lo storico legge le cause della sostanziale diffidenza e dell’astio che buona parte dell’opinione pubblica americana ebbe nei suoi confronti. In lui l’americano benpensante medio vedeva il tipico maschio latino eccessivo, violento, seduttore, incapace di trattenere le proprie emozioni, di qualsiasi “understatemnent” .
Sinatra, da parte sua, faceva pochissimo per dare di sé un’immagine diversa. Rifiutò fin dall’inizio della carriera, ad esempio, di americanizzare il suo nome come avevano fatto tanti cantanti di origini italiane (Tony Bennett, Frankie Laine e Dean Martin fra gli altri). Appoggiò e difese apertamente artisti di colore, come Sammy Davis jr, che alla sua protezione dovette una carriera luminosa quanto insperata. Fu fra i pochi a stare vicino a Billie Holiday, negli ultimi tragici giorni della sua vita distrutta dall’alcool e dalle droghe. Fu litigioso e generoso (spese fortune per aiutare amici in difficoltà), ebbe quattro mogli, una lunga e allora scandalosa relazione con Ava Gardner e centinaia di flirt.
Il libro di Meli ricostruisce con dovizia di particolari una vita turbinosa e discutibile. La scrittura dello studioso milanese, articolata su brevi paragrafi, accumula materiali d’ogni sorta: dalla psicologia del personaggio attraverso le sue canzoni, al gossip vero e proprio, dalla descrizione della società e della mentalità americana al racconto delle notti folli di Las Vegas, trascorse da Frank e con il suo clan di amici inseparabili; dalla narrazione dell’infanzia nel quartiere “etnico“ di Hoboken, “dalla parte sbagliata dell’Hudson”, alle frequentazioni di molti presidenti americani, primo fra tutti J. F. Kennedy, di cui fu amico quasi fraterno e dal quale fu abbandonato per motivi d’opportunità, d’immagine. Oltre naturalmente a una puntigliosa e competente analisi dell’ immensa produzione discografica di “blue eyes”.
E’ probabile che Meli sia rimasto un po’ vittima di quella sorte di “sindrome di Stoccolma” tipica di molti biografi che finiscono per adorare il personaggio di cui parlano. Ma questo toglie poco al valore del libro. Che è interessante proprio per la sincerità e la franchezza di cui è permeato. Meli non teme di dire la sua verità, talora un po’ urticante per il senso comune, in modo particolare per chi sostene il politicamente corretto.
Fa a pezzi senza se e senza ma il mito dei Kennedy, disprezza apertamente i Beatles, dà giudizi feroci sul pensiero femminista americano. Ma contemporaneamente lancia ben centrati sassi sull’ipocrisia del puritanesimo statunitense. Talora la sua difesa può risultare non del tutto convincente. Ma il libro appassiona e apre interrogativi, suggerisce prospettive nuove: molto suggestivo ad esempio, il paragone che Meli istituisce fra l’interprete di My way e il protagonista de Il grande Gatsby. Un bel libro, di quelli che non si dimenticano facilmente.
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Francesco Meli, Il mio nome è Frank Sinatra. Una leggenda italoamericana, ARCIPELAGO EDIZIONI 2010, 287 p, 16 euro
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