Un poderoso saggio di Francesco Bruni dimostra che la nostra comunità nazionale esisteva ben prima del 1861. Dal mare nostrum a Dante, passando per tavole imbandite e alta moda, un viaggio alla scoperta di quella identità che qualcuno vorrebbe perduta
di Nicola Arrigoni
"Fatta l’Italia bisogna fare gli Italiani": la celebre frase di Massimo D’Azeglio - è ormai accertato - è un falso storico. D’Azeglio non disse né scrisse mai quelle parole, che gli furono attribuite parecchi anni dopo la morte, nel 1896. Nel poderoso saggio Italia. Vita e avventure di un’idea, Francesco Bruni va oltre e si prefigge il compito di dimostrare – dati alla mano – che gli italiani, o meglio un senso di appartenenza all'Italia, esistevano già ben prima del fatidico 1861. Così, in occasione del 150° dell’Unità il saggio di Bruni, docente di storia della lingua italiana all’Università di Venezia, oltrepassa le polemiche sulla natura più o meno rivoluzionaria o colonizzatrice del Risorgimento.
Se l’Italia come stato unitario non ha che centocinquanta anni, il nome, le idee sono molto più antiche: l’Italia esisteva già prima dell’Italia. L'unificazione del 1861 rispose all’esigenza di una comunità di darsi un assetto politico istituzionale e non viceversa. Insomma gli Italiani c’erano già eccome, si trattò solo di dare vita ad uno stato nazionale.
Nel suo viaggio alla scoperta dell’identità italiana e delle sue origini culturali, Bruni parte dal Mediterraneo, mare nostrum romano, dove fu eleborata la cittadinanza inclusiva della Roma imperiale e il diritto di cui si nutre ancora la nostra giurisprudenza, per arrivare poi nell’Italia linguistica di Dante. "Sullo sfondo di un senso comune diffuso presso un popolo in larghissima prevalenza cattolico, le élites dirigenti della cultura e della politica hanno promosso la collaborazione tra la pietà religiosa e gli studi laici di marca umanistica. Roma è la sede dei papi e la nuova Gerusalemme, e già nella Roma antica anteriore a Cristo sussisteva tra Roma e l’Italia un particolare rapporto giuridico e politico".
L’intreccio di culture, la grande lezione del Rinascimento che l’Italia esportò in tutta Europa e la preesistenza di un’Italia geografica, giuridica, religiosa, linguistica, ma anche del vestire e del mangiare, rendono non certo improvvisato – come vuole certa storiografia – l’approdo alla formalizzazione di un’unità nazionale, che anzi arrivò tardi rispetto a stati come l’Inghilterra e la Francia.
L’indagine di Bruni però va in cerca non solo dei luoghi culturali e letterari in cui si sviluppò l’idea di Italia, ma indica anche momenti in cui sembrò possibile una concreta unificazione del paese. Alla celebre esortazione del Principe a riscattare l’Italia dei barbari fece seguito l’impegno reale del Papa mediceo di Roma con i Medici di Firenze, complici le azioni diplomatiche di Guicciardini e Castiglione. "L’esito fu il Sacco di Roma del 1527, dopo il quale gli italiani non ci provarono più per trecento anni, fino ai tempi nuovi di Napoleone, del Romanticismo e del Risorgimento. Dunque se la nazione-società precede lo stato-nazione, quest’ultimo non è un’improvvisazione ottocentesca".
Forse a riassumere lo spirito del volume e di quell’avventura che è l’idea di Italia è quanto disse Mario Luzi in occasione del bicentenario del Tricolore: "L’Italia non è mai stata un paese che riposasse sulle proprie ragioni acquisite, ma è sempre stata vera e indubitabile nella tensione verso un sé da raggiungere, è stata una perpetua utopia oppure non è stata niente. Credo si possa dire che l’anima della nostra gente è progettuale, forse utopica, dinamica comunque e non asseverativa. L’identità non è un dato, ma un punto da raggiungere, a cui mirare".
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FRANCESCO BRUNI, Italia. Vita e avventure di un’idea, Il Mulino 2010, p. 550, 35 euro

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