Mentre l'America si gode i suoi ruggenti anni venti, lo scrittore e la sua signora sono al verde. Ma non si scoraggiano, e affrontano i periodi di magra scialacquando ancora di più. Come vivere con 36.000 dollari all'anno raccoglie esilaranti articoli scritti subito prima del Grande Gatsby
di Alessandra Minervini
illustrazione di Elide Gramegna
Lo scorso ventuno dicembre ricorreva il settantesimo anniversario della morte di Francis Scott Fitzgerald. Questa data suggella la scadenza dei diritti d'autore sulle sue opere. Tanto che le case editrici italiane si sono ampiamente attrezzate per ripubblicare i suoi romanzi più famosi. C'è chi invece ha scelto una strada editoriale diversa. La casa editrice Mattioli 1885 ha pubblicato (prima della scadenza dei diritti) l'inedito Vivere con 36.000 dollari all'anno. Come spiega la curatrice, Cecilia Mutti, il libro include quattro articoli che Fitzgerald pubblicò tra il 1920 e il 1924 sul Saturday Evening Post e cioè nel periodo che segue la stesura del primo romanzo e precede quella del suo capolavoro Il grande Gatsby.
New York, 1920. E' l'età del jazz, New York ruggisce. Sono gli anni dell'entusiasmo consumistico, delle Maschiette e dei filosofi del proibizionismo. Anni di frivolezze spregiudicate che sono poi esplosi nel 1929 con il crollo di Wall Street e le note ripercussioni storiche in tutta Europa (fino alle derive totalitarie). In questo periodo i coniugi Fitzgerald sono una coppia emblematica nei salotti newyorkesi. Sono belli e dannati. Rifiutano la normalità preferendole la mondanità e una vita trascorsa al di sopra delle righe e delle proprie finanze. Non hanno un soldo, ma siccome sono felici e spavaldi non se ne rendono conto. E sembra di vedere le loro facce stupite davanti a un conto in banca che incredibilmente diminuisce e non prolifera, pur essendo entrambi molto attenti a spendere soldi e mai a guadagnarli.
"..."C’è qualche problema?”, mi chiese mia moglie, in ansia, quando la raggiunsi fuori, sul marciapiede. “Sembri così triste…”. “Non sono triste,” le risposi sorridendo. “Solo stupito. Siamo rimasti senza un soldo”. “Senza un soldo”, ripeté lei con calma, mentre c’incamminavamo per la via in preda a una specie di trance. “Beh, andiamo al cinema?”, propose allora, allegramente. Essere poveri significa sentirsi tristi e abbacchiati, e vivere in una topaia sperduta, e mangiare nella rosticceria all’angolo: io invece – al diavolo, era impossibile che fossi povero! Stavo nel miglior albergo di New York!”
Fitzgerald all'epoca è un giovane scrittore con la puzza sotto il naso che rifiuta a priori di scrivere anche solo una riga con un punto di vista che non sia il suo. Ma quando le finanze diventano davvero poche, al punto da dover rinunciare a leggere il giornale e alle serate a teatro, Fitzgerald si sacrifica e si mette a scrivere racconti per denaro. Orrore nel cuore. A cosa servono i soldi se uno scrittore non può scrivere quello che vuole? E allora via. La famiglia Fitzgerald (nel frattempo era nata la figlia Scottie) lascia la (troppo) cara America e si trasferisce in Francia, meta degli intellettuali meno abbienti dell'epoca. Secondo Fitzgerald le insolvenze economiche si risolvono con la creazione di un fondo fiduciario (pari appunto a 36.000 dollari) da dilapidare senza darlo a vedere. Come se la vita agiata fosse una sorta di medicina omeopatica dell'indigenza. “Siamo troppo poveri per risparmiare. Fare economia è un lusso da gente ricca; ora come ora, la nostra unica salvezza è sperperare”. Fatta pace, a modo suo, con la povertà, lo scrittore si concentra, scrive, crea Il grande Gatsby. Il resto è storia della letteratura.
Vivere con 36.000 dollari all'anno è un pamphlet dallo stile incisivo e sapiente, che rivela un aspetto del grandissimo narratore americano che nei suoi romanzi emerge meno e cioè una autoironia esplosiva. Fitzgerald è divertente quando commenta la sua miseria materiale (“Stando al nostro budget avremmo diritto a tre quarti di una donna di servizio, così stiamo cercando una cuoca senza gamba che venga da noi sei giorni alla settimana”). Sembra non lo faccia apposta, e invece si sente a suo agio nella povertà. Alla quale c'è sempre un rimedio. Come ad esempio: “Contiamo di eliminare la voce destinata alle “opere di bene” per dedicarci al crimine.”
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Francis Scott Fitzgerald, Come vivere con 36.000 dollari all'anno, Mattioli 1885, p 80, 10 euro
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