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Cani per ciechi

Ne Il patto dei Labrador, il primo libro di Matt Haig pubblicato solo ora in Italia, i quattro zampe sono convinti di poter governare e risolvere le crisi famigliari. E mettono in luce l'inadeguatezza profonda di chi dovrebbe farlo, ma rifiuta di assumersene la responsabilità


di Remo Bassetti


Immaginiamo che non solo si ottenga di far parlare un cane, ma che pure lo si convinca a intrattenerci su questioni astratte. Il cane in questione, tuttavia, per quanto possa vantare una lunga esperienza di cucce, scodinzolate, croccantini e pisciate nel parco, difficilmente riuscirà a spiccicare parola se gli chiederemo: che cos’è la democrazia? E altrettanto, ahimé, di fronte alla domanda: cos’è lo Stato? Oppure: cosa mi dici della fisica quantistica? Ignaro per lo più delle costruzioni culturali dell’uomo, che a lui rimangono celate, il cane potrebbe tuttavia tenere una piccola conferenza se così lo interrogassimo su cos’è la famiglia. Nel nesso misterioso che separa il nucleo domestico dal resto del mondo, nelle relazioni che legano tra loro i membri della famiglia, il cane ha modo di percepire qualcosa che non è materiale e fisicamente evidente, e in qualche modo gestisce la conoscenza di un’invisibile istituzione. Si potrà eccepire che l’animale si limita ad applicare le categorie concettuali canine (che propriamente concettuali non sono), riversandole per equivoco sulla rete affettiva del padrone. Per lui, insomma, la famiglia non è altro che il branco, e quelli che animano la casa condividono con lui (il cane) il territorio. Ma se uno dei figli cambia casa, e dunque branco e territorio, al cane non ne deriva alcuna confusione: il ruolo familiare permane.
Chissà se Matt Haig aveva in testa considerazioni simili quando ha pensato, non solo di elevare un labrador a protagonista e io narrante di un romanzo, ma di incentrare la storia sulla funzione di protettori della famiglia che i labrador hanno deciso di assumere con tanto di patto fondativo, di cui il volume riporta alcuni estratti. I labrador, e il protagonista Prince in particolare, sono convinti che qualsiasi tipo di crisi incombente sulla famiglia sia frutto di una negligenza canina, e diventano così una felice metafora del patetismo di quanti (umani) si illudono di poter governare situazioni più grandi di loro. Al tempo stesso, gli sforzi generosi di Prince mettono in luce l’inadeguatezza di chi davvero dovrebbe occuparsi di evitare la disgregazione della famiglia, assumendosi delle responsabilità.
Il Patto dei Labrador, anche se pubblicato dopo in Italia, è stato scritto prima del geniale e commovente Il club dei padri estinti, e si vede. La trama si sviluppa con troppe ingenuità e il tentativo di provare a chiudere quasi ogni capitolo con l’annuncio di un imminente colpo di scena o con lo scivolamento in enfasi stucchevoli è scolastico sino al didascalismo, ma c’è già una grazia tutta particolare nel far ridere e intenerire, anche a tre righe di distanza. Il finale, com’è ovvio, è una bestialità. Ma non per dire che è brutto, tutt’altro. E nemmeno per sottolineare che c’è di mezzo un cane. E’ che, al solito, gli esseri umani commettono un errore terribile.


Tags: Einaudi, Il club dei padri estinti, Il patto dei Labrador, Matt Haig, Remo Bassetti,
10 Dicembre 2009

Oggetto recensito:
MATT HAIG, IL PATTO DEI LABRADOR, EINAUDI, P. 344, EURO 18.50
giudizio:



9
Media: 9 (2 voti)

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