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PERSONAGGI

Il cuoco giansenista

Sul menu di Carlo Cracco, chef dell'omonimo ristorante stellato di Milano, si scomodano poetica e filosofia. Così l'ottima cena diventa indigesta


di Arrigo Roveda

 


“I massimi chef e i loro ristoranti, Carlo Cracco, oggi un ‘crack’ della cucina di ricerca, li ha passati tutti. A volte come aiuto di brigata, altre come collaboratore del cuoco in testa. Da questo percorso formativo ha estratto una ‘poetica’ gastronomica che, come ha ben scritto la critica del gusto Alessandra Meldolesi, ‘pesca nella semplicità di un minimalismo elegantissimo, quasi giansenista’, in cui la tradizione, il passato sono presenti, ma solo per essere reinventati con ragionata trasgressività: da tale approccio nascono piatti che, per dirla ancora con la Meldolesi, ‘stanno facendo la storia della cucina italiana’: dal Tuorlo marinato alla Marinara in foglie, dalla Pasta all’uovo al Rognone con i ricci, capaci di fare sussultare qualsiasi gourmet, come provini gastronomici alla Brillat – Savarin”.
Mi accorgo di questo anonimo sproloquio stampato sulla quarta di copertina del menu, proprio dopo aver terminato di gustare un ottimo tuorlo d’uovo marinato con purea di broccoli e alici (che peraltro metà dei commensali aveva lasciato nel piatto schifata), mentre mi accingevo a pensare: “cacchio! Cucina proprio bene sto Cracco!”.
 
Però.
Ma allora quella Teresa che riuniva noi fratelli attorno al tavolo della cucina per tagliare il salamotto da cui nascevano gli gnocchi di patate, spiegandoci che se li segnavamo con la forchetta prendevano meglio il sugo, poteva considerarsi un epigono della maieutica socratica? O la zia Lidia che ci invitava ad ogni compleanno di papà per sfornare il timballo di pastafrolla, piccione e maccheroni su una ricetta della nonna Pimpi rievocava forse dei trionfi barocchi? O nonna Clara di Macerata era forse razionalista nel dosare alla perfezione la maionese dell’insalata russa per far risaltare il sapore delle verdure? Anche loro cucinavano bene, magari meno bene di Cracco, ma si sarebbero vergognate di ricevere apprezzamenti che andassero oltre un applauso o un bacio sulla guancia.
 
Non è dato di sapere cosa pensi Carlo Cracco, bravo mestierante dei fornelli, di una critica del gusto che scomoda poetica, minimalismo e giansenismo; se si senta onorato o si vergogni delle parole per lui spese dalla Meldolesi. A noi basta che abbia accettato di vederle stampate su un suo menu per lanciare un invito: “boicottatelo!”


Tags: Alessandra Meldolesi, Arrigo Roveda, Carlo Cracco, chef, critica gatronomica, cucina italiana, giansenismo, minimalismo, ristorante,
28 Dicembre 2010

Oggetto recensito:

CARLO CRACCO, CHEF DEL RISTORANTE CRACCO, MILANO

Ristorante: Via Victor Hugo 4, Milano
Il giudizio: tre soli alla cena, quattro ombrelli al personaggio
giudizio:



6.3
Media: 6.3 (55 voti)

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