Con sguardo immune da giudizi storici, la fondazione Guggenheim di New York allestisce una mostra sull'estetica italiana e europea dopo le avanguardie storiche. Chaos and Classicism testimonia quel "ritorno all'ordine" e al rigore formale che precede un ventennio di dittatura
di Chiara Di Stefano
A distanza di quasi novant'anni dal suo avvento, in Italia ancora non si riesce a parlare serenamente di fascismo e alcuni artisti sono rimasti assenti fino a oggi dai manuali proprio perché fascisti dichiarati: bisognava andare al Guggenheim di New York per farsi spiegare cos’è stato il Ventennio per l’arte, in Italia e nel resto d'Europa.
La mostra al Solomon Guggenheim di New York è una strana sorpresa. Non trovandoci proprio nel giardino di casa non ci si aspettava di vedere esposti sulla celebre rampa “di garage” una selezione di artisti soprattutto italiani - da Adolfo Wildt a Carrà e De Chirico - insieme ad alcuni nomi tedeschi interpreti del gusto nazifascista. Superata la fase dello scetticismo iniziale la mostra si rivela gradevole e ben costruita.
Già dal titolo, Chaos and classicism affronta le due anime che muovono il periodo delle post-avanguardie, quello del “ritorno all’ordine” e del terribile avvento dei nazifascismi.
Dopo l’onda di cambiamenti inaugurata dagli impressionisti a fine 1800 e il rapido ma inebriante passaggio da tutte le avanguardie storiche, nel periodo del primo dopoguerra si assiste in tutta Europa ad una riflessione sulla classicità. Una tendenza che travalica i paesi e le categorie dell’arte, come ben illustrato anche in mostra, dove ad abiti stile peplo si aggiungono affreschi staccati di Sironi, mobilia e architetture. Come ogni moda o tendenza artistica, il ritorno all’ordine coinvolge ogni strato della società.
L'architetto Ludwig Mies van der Rohe, ideatore del celebre motto "Less is more" concentra in sé lo spirito dell'epoca. All’ornamento Art Nouveau risponde con una serie di soluzioni austere. Del tedesco è presente una ricostruzione del celebre Padiglione Barcellona del 1929, un assoluto capolavoro della progettazione con tanto di sedie “Barcellona”, capolavori del design apprezzati ancora oggi.
Linee verticali o orizzontali nell’architettura, volumi semplici e assoluti in scultura, abbandono dell’arabesco in favore di una ripresa della pittura classica. Questo animo post-classico, già praticato dal Neoclassicismo, fa gioco al nascente fascismo prima e al nazismo poi, nella creazione di un immaginario collettivo fatto di ordine e disciplina.
Trovarsi in America permette anche di apprezzare un allestimento assolutamente multimediale, che presenta nel programma lectures, manifesti film e documentari, come il celebre Olympia di Leni Riefensthal mostrato nell’ultima sala (sopra a sinistra, la locandina).
Ma l’America è anche inevitabilmente kitsch. E così da una teca nella sala dedicata all’architetto francese Le Corbusier, spuntano i celebri occhialini tondi neri. C'è un oggetto feticcio per ogni architetto e, ahimé, sono molto più ammirati questi della Chaise longue esposta nella stessa sala.
Ci volevano gli americani per farci riscoprire artisti italiani come Donghi, scelto addirittura come manifesto della mostra (a destra, Circo Equestre, 1927). Ci volevano gli americani per farci riflettere serenamente sulla nostra storia passata. E se togliamo la scivolata degli occhialini, la mostra, sarà perché curata da un professore della New York University, è storicamente ineccepibile e magistralmente presentata. La aspettiamo in Europa al Guggenheim di Bilbao, dove approderà nel febbraio del prossimo anno.
Tags: Adolfo Wildt, Chaos and classicism, Chiara Di Stefano, fascismo, Guggenheim, Ludwig Mies van der Rohe, nazismo, new york, totalitarismo,
Chaos and Classicism: Art in France, Italy and Germany 1918-1936, Solomon R. Guggenheim Foundation, New York
Fino a: 9 gennaio 2011
Curatore: Kenneth E. Silver
Orari: Tutti i giorni dalle 10 alle 17:45 tranne il sabato, dalle 10 alle 19:45. Chiuso il giovedì.
Ingresso 18 dollari, ridotto 15 dollari. Il sabato ad offerta libera
Info: www.guggenheim.org
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