Sette città italiane ricordano in contemporanea la mostra dei poveristi del 1968, un evento che fece la storia. Bologna, che grazie alla Galleria De’ Foscherari ne fu parte integrante, ospita al Mambo una retrospettiva curata da Germano Celant e Gianfranco Maraniello. Ma dov'è il senso, quando manca la sorpresa?
di Mirko Nottoli
Dopo le personali di Giovanni Anselmo, Giuseppe Penone, Gilberto Zorio, Pier Paolo Calzolari, che si sono susseguite nel corso degli anni prima alla Gam poi al Mambo, una grande retrospettiva sull’Arte Povera sembrava un approdo più che naturale per il museo bolognese.
Gloria artistica nazionale, risalita agli onori della cronaca durante la penultima biennale di Venezia con il dibattito se esista o meno un’arte di destra e una di sinistra, l’arte povera nasce a Torino nel 1967 su iniziativa di Germano Celant, e oggi se ne celebra il "non si sa cosa" contemporaneamente in sette città italiane che hanno svolto un ruolo fondamentale nella storia del movimento (Torino, Milano, Bergamo, Bologna, Roma, Napoli e Bari). Il capoluogo emiliano partecipa, con questa Arte Povera 1968, curata da Gianfranco Maraniello e Germano Celant, grazie anche alla Galleria De’ Foscherari che fu tra i primi a promuovere i 'poveristi' con una mostra storica, entrata di diritto negli annali.
C’erano tutti allora, e oggi sono ancora qui. L’igloo di Mario Merz (sotto a sinistra), una stella di Zorio, un tronco d’albero di Penone, un meccanismo refrigerante di Calzolari, una tautologia di Paolini, la Vergine degli stracci di Pistoletto.
Non che manchino i capolavori, tutt’altro, è che purtroppo li conosciamo già. Basta recarsi in un qualsiasi museo italiano d’arte contemporanea per vederli e, purtroppo, rispetto ad un’arte che ha ripudiato la sua antica funzione
Insomma, mentre un marmo del Bernini, levigato all’infinito, lo si può vedere una decina di volte e rimanerne affascinati a ogni sguardo, un mucchio di stracci rimane un mucchio di stracci, anche se lo si vede riprodotto su un libro. Lo stesso Warhol, a proposito dei suoi film-fiume, sosteneva che fossero migliori quando se ne parlava che quando si vedevano.
Insomma, da un museo come il Mambo, che d’arte contemporanea deve occuparsi, chiediamo novità, sorprese, provocazioni. Chiediamo lumi sulle ultime tendenze, panoramiche sui tempi presenti e magari incursioni su quelli futuri. E’ giusto anche essere educati sulle opere e gli artisti già storicizzati, non vogliamo negare l’aspetto didattico del museo, purché venga svolto in modo critico, problematico, attraverso chiavi interpretative che non siano un semplice reportage di cronaca. Altrimenti, se oggi tocca all’Arte Povera, e domani a Mario Sironi, dopodomani finiamo con le solite mostre sugli Impressionisti, che invece sarebbe meglio lasciare a Palazzo dei Diamanti e a Marco Goldin. A noi interessa l’arte contemporanea, che è bella in quanto è viva, mobile, in perenne mutazione, intrigante proprio perché mutevole, multiforme, magmatica, impossibile da afferrare o da definire. Può essere assurda, incomprensibile, stucchevole, volgare, irritante, offensiva, anche decerebrata ma mai “risaputa”. Ecco perché preferiamo gli stracci a Bernini.
Tags: arte contemporanea, arte povera, bologna, germano celant, Gilberto Zorio, Giovanni Anselmo, Giuseppe Penone, MAMbo, Mirko Nottoli, museo, Pier Paolo Calzolari,
Arte povera 68, MamBo - Via Don Minzoni 14, Bologna
Fino al 26 dicembre 2011
A cura di: Germano Celant e Gianfranco Maraniello
Orari: martedì, mercoledì e venerdì dalle 12.00 alle 18.00 tranne il giovedì dalle 12.00 alle 22.00; sabato, domenica e festivi dalle 12.00 alle 20.00
Ingresso: 6 euro, ridotto 4 euro
Per informazioni: www.mambo-bologna.org
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