Tempo di visita calcolato, nove ore. Per chiudere il nostro speciale a puntate sulla mostra evento veneziana vi facciamo da guide in un tour breve e a prova di neofita. I padiglioni con le opere più interessanti: Arabia, Stati Uniti, Danimarca... un giro del mondo (dell'arte) in una giornata
di Chiara Di Stefano
Il profano che intende accingersi alla visita della Biennale di Venezia in un giorno solo ha necessariamente bisogno di qualche indicazione per evitare di perdersi tra i percorsi che attraversano Giardini ed Arsenale. Dunque, con un esplicito omaggio allo stile del Gazzettino delle Arti, celebre inserto del Gazzettino degli anni '60, guidiamo il visitatore in un percorso veloce e divertente.
Si parte dai Giardini, sede regina dell’Esposizione Internazionale d’Arte di Venezia e puntiamo dritti sul viale alberato che culmina nel Padiglione Inglese. Cominciamo a destra con il Padiglione Svizzero del trash-artist Thomas Hirshorn. Cocci di bottiglia e carta stagnola avvolgono tutto lo spazio calpestabile che è stato modificato per rendere un’idea antiplatonica del nostro mondo, con cellulari incollati a sedie di plastica da spesso scotch isolante, tabloid che raccontano scandali sessuali, manichini sotto teca... Da vedere con passo veloce ma con occhi attenti - sia per il contenuto che per i vetri rotti.
Subito dopo il Padiglione Venezuela disegnato dall’architetto Carlo Scarpa nel 1954, propone tre artisti per tre ambienti, una scelta che è un omaggio alla razionale organizzazione degli spazi di Scarpa stesso. In particolare segnaliamo il lavoro di Francisco Bassim, che con una carica di irriverente ironia rappresenta i miti dell’arte e della cultura come tante icone pop (come l’immagine divertentissima di una Frida Kahlo volante in versione Superman, a sinistra).
Attraversiamo la strada per entrare nel Padiglione Danimarca, dove si affronta il tema della libertà d’espressione. Speech Matters è una mostra articolata e complessa che include varie uscite all’esterno con una propaggine galleggiante presso l’isola di San Servolo e un’altra, più "terrena", nel giardino adiacente al padiglione che ospita l’opera di Thomas Klipper, Pavillion for Revolutionary Free Speach / Speaker’s Corner. L’artista ha inciso nel legno i ritratti dei personaggi della politica italiana e straniera raffigurati in momenti topici (sotto, a destra). In questo spazio libero, proprio come nello Speech Corner di Hyde Park a Londra, chiunque lo volesse può improvvisare un comizio su un tema che gli sta a cuore.
Proseguendo sulla strada in salita troviamo sul lato opposto della strada il Padiglione Giappone che, assieme al Padiglione Corea, forma una piccola propaggine orientale nella geografia dei Giardini. Per il Giappone lo splendido lavoro della giovane artista Tabaimo consente un numero limitato di visitatori, seguendo il trend di altri padiglioni che tendono a esporre opere site specific per un limite massimo di persone alla volta. Ma il lavoro di Tabaimo è così bello che vale la pena di aspettare. Su specchi riflettenti scorrono disegni inspirati alla tradizione giapponese di Hokusai e ai Manga. Divertente e interessante il Padiglione Corea affidato all’artista Lee Yongbaek che propone uniformi da soldato con motivi floreali e una bella installazione audio video che coinvolge lo spettatore.
Fuori dallo spiazzo troviamo il Padiglione Germania, vincitore quest’anno del Leone d’Oro, e dedicato al recentemente scomparso Christoph Schlingensief, artista legato al gruppo Fluxus. Il Padiglione è stato completamente trasformato nel progetto, Church of Fear vs. The Alien Within già esposto nel 2008. L’installazione comprende una vera e propria chiesa con banchi, ceri ed un altare. Nelle intenzioni dell’artista c’era la volontà di rappresentare il circolo della vita, della sofferenza e della morte, legati indissolubilmente ala sua esperienza di chierichetto e alla religione cattolica. Di qui una serie di videoperformance proiettate su pannelli o nelle nicchie che possono essere disturbanti per un credente (e nell'osservare le quali, quindi, consigliamo cautela).
Uscendo dalla tetra Germania attraversiamo il piazzale antistante e entriamo nel Padiglione francese di Christian Boltanski che con Chance, presenta una riflessione sul caso, sulla vita e sulla morte. Decisamente rumorosa, l’installazione (che costringe le guardasala a indossare cuffie insonorizzate) è composta da una sorta di rullo tipografico sul quale scorrono facce di neonati quasi indistinguibili nella velocità del movimento. Ogni tanto il rullo rallenta e si ferma e ci lascia osservare quei volti per un attimo; poi tutto riprende.
Usciamo ancora e ci avventuriamo, è davvero il caso di dirlo, nella caverna del Padiglione Gran Bretagna di Mike Nelson, totalmente modificato nella sua morfologia. Le arcate ampie e spaziose delle sale lasciano il posto a stretti cunicoli attraversabili da pochi eletti alla volta conducono a diverse stanze soppalcate, precarie e nascoste. Bello e claustrofobico allo stesso tempo ha il difetto della poca fruibilità, e per questo forse non è troppo adatto alle masse della biennale.
Torniamo indietro sui nostri passi e svoltiamo all’altezza del Padiglione dei Paesi Nordici, quest’anno occupato da una Svezia poco significativa, per arrivare al Padiglione USA di Allora e Calzadilla. Il poliedrico duo che risiede a Portorico presenta Gloria, un complesso concept work sui molti stereotipi legati agli Stati Uniti, unendo in un efficace cortocircuito topos culturali come militarismo, sport, lotta per la democrazia e trasformazioni del corpo. Se sarete fortunati, potrete assistere alla performance di uno degli atleti della nazionale americana di ginnastica che si alterneranno sul tapis roulant posizionato su un gigantesco carro armato rovesciato e riadattato per l’occasione. Gli americani questa volta hanno il coraggio di presentare un padiglione estremamente critico rispetto al celebrativo Nauman della scorsa Biennale, che parla di guerra e di pace, di economia e manipolazione con la scultura sonora Algorithm, un grande organo a canne unito ad un bancomat funzionante. A ogni prelievo corrisponde un breve momento musicale esclusivo.
Uscendo e passando oltre il bar e il padiglione del Libro (oggi bookshop) ci si trova sulla via che conduce all’ex Padiglione Italia del curatore Bice Curigher (vedi articolo). Prima di uscire verso l’Arsenale provate ad affacciarvi al Padiglione Spagna dove vanno in scena performance teatrali per tutta la durata della Biennale secondo un fittissimo calendario.
Uscendo ci dirigiamo verso l’Arsenale che da alcuni anni ospita padiglioni nazionali. Superata la mostra del curatore, troviamo la sala occupata dall’Arabia Saudita che presenta una scultura di specchi delle sorelle Shadia e Raja Alem, The Black Arch, inspirata alla pietra nera della Medina, da circumnavigare ed osservare nel suo repentino farsi e disfarsi nella luce (a sinistra).
La Turchia con Plan B di Ayse Erkmen presenta un’unica opera di imponenti dimensioni, composta da tubi colorati che ricordano quelli che attraversano il deserto per l’approvvigionamento idrico. Per restare in Medioriente davvero pregevole la Second Time Around degli Emirati Arabi, che presentano una variegata selezione di artisti tra i quali segnaliamo Lateefa Bint Maktoum autrice di meravigliose fotografie di donne in niqab in luoghi idilliaci.
Se le gambe ancora vi tengono fate uno sforzo e superato il Padiglione Italia di Sgarbi (vedi recensione) uscite nel Giardino delle Tese delle Vergini per godervi l’installazione di fumo e vapore Cloud Tea del cinese Cai Zhisong. Poi potete sempre aspettare una golf car che vi riporti all’ingresso.
Tags: Arsenale, arte contemporanea, Biennale Venezia, Carlo Scarpa, Chiara Di Stefano, Christoph Schlingensief, Fluxus, Giardini, padiglione Danimarca, padiglione Venezuela, venezia,
Biennale d'arte, Giardini e Arsenale, Venezia
Fino al: 27 novembre
Orari: tutti i giorni, dalle 10 alle 18. Chiuso il lunedì
Ingresso Biennale: 20 euro, ridotto 16 euro. I particolari di costi e tariffe qui
Sito ufficiale: www.labiennale.org
Speciale Biennale Venezia/1: Luci e Ombre sulla Biennale
Speciale Biennale Venezia/2: Sgarbi veneziani
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