Il cognome in comune con il noto zio Sigmund gli impone da sempre l'etichetta di intimista. Ma le opere in mostra al Centre Pompidou di Parigi chiariscono che l'ultraottantenne Lucian è soprattutto pittore della carne
di Remo Bassetti
Lucien Freud, Working at night
La parola “intimità” fa principalmente riferimento a una forma di regolare vicinanza fisica tra persone, pur sottintendendo che proprio questa vicinanza è la via d’accesso a una reciproca confidenza spirituale. L’intimismo, corrente artistica e letteraria, sembra evidenziare più direttamente la disposizione interiore di un protagonista, i suoi pensieri e il suo essere più profondo, risalendovi attraverso la rappresentazione del suo quotidiano celato agli occhi pubblici.
Come definire Lucian Freud? Ce lo si può domandare con miglior cognizione dopo l’esplorazione della mostra che il Centre Pompidou gli dedica, ghiotta occasione per chi avesse perso quella al Correr di Venezia cinque anni fa. Una mostra essenziale, divisa in quattro parti, con un percorso coerente e rigoroso.
Sicuramente Freud non è pittore che s’interessi alla disposizione delle persone nel mondo.
I suoi soggetti sono in posa statica, ristagnante, né sono affiancati da oggetti che accennino a una loro collocazione sociale fuori campo. I suoi quadri più celebrati sono i ritratti d’interno, tra i quali annovera anche quelli di celebrità come la regina o Kate Moss (che qui non ci sono).
I suoi nudi sono intimi o intimisti? In un certo senso nessuno dei due, perché della raffigurazione dell’intimità manca, quasi sempre, ogni riferimento alla relazione tra persone e dell’intimismo manca la centralità dell’elemento interiore.
Forse sarà la sua parentela con Sigmund, e l’obiettiva circostanza che se allo zio venne l’estro di stendere le persone sul lettino per far fluire il loro inconscio, il nipote a sua volta fa frequentemente stendere i suoi modelli sul letto: così è luogo comune che Freud scandagli nella psiche dei suoi soggetti, che ne faccia emergere, attraverso una pennellata dall’imprinting espressionista, i moti dell’animo e i turbamenti personali. Non si sa quante volte il povero Lucian Freud, ora ottantottenne, dovrà ripetere che egli è un pittore della carne.
(a sinistra, Autoritratto, 1985)
Non ho affatto la sensazione che Freud miri a tirare fuori la singolarità interiore di chi ritrae, ma all’inverso che ne metta in scena la serialità nell’angoscia, nella noia, nell’impotenza, senza che la varietà dei corpi possa aggiungere una scintilla diversa. Del resto sono corpi mostrati nella loro progressiva sconfitta, consumati, dilatati o imbruttiti, come li svela la luce impietosa di un contesto cromatico accesamente chiaro.
Interessa a Freud dipingere la consunzione della materia, attraverso la magistrale esaltazione di piccoli dettagli: una vena bluastra, la ruggine sul ferro, lo scrostamento della vernice sul legno, la marcescenza delle piante. Quando si concentra sull’uomo, è uno scienziato che osserva l’organismo per descriverne la precarietà, ma senza nessun eccesso orrorifico. E perciò con una verosimiglianza più sottilmente cupa e inquietante.
Alla fin fine, simboli di questo finto low profile sono gli scroti ballonzolanti (raro incontrarne così tanti a una mostra), ai quali si faticherebbe a riconoscere una qualsiasi esuberanza generatrice.
Tags: Centre Pompidou, Correr di Venezia, espressionismo, intimismo, Lucian freud, parigi, pittore, Remo Bassetti, Sigmund Freud,
Lucian Freud. L'Atelier, Centre Pompidou, Place George Pompidou, Parigi, Francia
Fino al: 19 luglio
Orari: tutti i giorni dalle 11.00 alle 21.00; chiuso il martedì
Ingresso: euro 12, ridotto euro 9; oppure euro 10, ridotto 8, secondo il periodo e le altre mostre visitabili nel museo
Info:www.centrepompidou.fr
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