Una mostra a Napoli suggerisce una nuova chiave di lettura dell'arte contemporanea
In questo periodo, Napoli è una città dominata dal Barocco. Intanto per la mega-mostra
Ritorno al Barocco: da Caravaggio a Vanvitelli, distribuita in sei differenti sedi; e quindi per la complementare
Barock al Madre (Museo d’Arte contemporanea Donna Regina), dedicata appunto ai legami ed alle analogie fra l’arte barocca e quella contemporanea. Insomma dove ti volti in città è tutto uno spuntare del Barocco in forme più o meno prevedibili, e se l’esposizione principale è fin troppo completa - tanto quasi da raschiare il fondo del barile -
Barock potrebbe al contrario sembrare fin troppo trendaiola, a partire dal titolo (anche perché il rock, per la verità, non c’entra poi tanto) fino ai nomi degli artisti coinvolti: da Damien Hirst ad Orlan, da Kounellis a Gilbert & George, vi è rappresentata una buona parte dell’élite contemporanea che piace alla gente che piace. Nelle cui opere, sia chiaro, questo richiamo al Barocco è spesso del tutto implicito: e sono dunque le didascalie ad offrirne la chiave di lettura, un po’ capziosa ma in compenso molto stimolante.
Prendiamo il famoso squalo tigre di Damien Hirst che ci accoglie all’ingresso, immobilizzato per sempre com’è nella sua resina trasparente: esso “richiama il ciclo della vita”, e “mette in scena il contrasto tra il moderno culto del benessere e l’inesorabile decadenza del corpo”; porta dunque in causa due temi tipicamente barocchi come il memento mori e la “spettacolarizzazione dell’orrore”. Caratteristiche rintracciabili - seppure in modi assai diversi - anche nella pila di arti di gesso accatastati da Kounellis, o in Bomber di Gilbert & George ispirata agli attentati londinesi del 7 luglio 2005. Il richiamo al Seicento si fa invece esplicito nella stanza dedicata ad Orlan, con opere (fotografie, un video e una scultura) ispirate all’Estasi di Santa Teresa del Bernini: sulla quale l’artista francese "opera un recupero della originaria e sottile carica eversiva che permane in maniera latente nella poetica barocca, trasposta in una estetica ridondante, eccessiva e sarcastica".
Alla fine resta l’idea che l’intera l’arte contemporanea - più che la solita giungla inestricabile di personalità bizzarre ed effimere tendenze - possa essere vista come un solo grande “neobarocco” con poche e costanti caratteristiche: da un lato le ossessioni per il corpo e per la morte, come segni, ahinoi, di una vittoria della natura sulla cultura e sull’evoluzione; dall’altro
un’arte interessata non alla ricerca di una qualche propria autenticità, quanto ad esplorare (dall’esterno) il divario tra realtà e finzione. Un’arte insomma che fa consapevolmente, e coerentemente, spettacolo di se stessa.
Barock ipotizza infine un forte parallelismo storico ed antropologico fra le due epoche, rispettivamente segnate dalla rivoluzione tecnico-scientifica del Seicento e quella tuttora in corso delle nuove tecnologie; spiegando così il senso di crisi che aleggia su entrambe, il disorientamento, e il crollo delle morali precedentemente consolidate.
(Qui sopra, Maurizio Cattelan, Untitled, 2008)
Tutto questo rimane allo stadio dell’accenno, dell’intuizione suggestiva che (anche un po’ furbamente) manipola senza paura il significato delle opere esposte dirigendolo verso una tesi. Ma del resto, non è ogni forma di critica una sorta di manipolazione rivelatrice?
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