L'antica reggia dei sultani a Granada è un tripudio di colori e arabeschi, oggetto di ispirazione per artisti come Escher e Matisse. Ma quanto c'è di originale e quanto di finto nell'arte del luogo? E che ne sa il turista di passaggio?
di Chiara Di Stefano
La reggia dell'Alhambra, sede di alcuni sultani prima e di Carlo V poi, si staglia sulla città di Granada come un nido d'aquila su una montagna. Arroccata a difesa della cittadina spagnola, la reggia, o meglio, le regge, nascono come sedi di potere e di controllo.
Celebre per le tassellature e gli stucchi che hanno affascinato artisti come Escher e Matisse, l'Alhambra risulta essere un sapiente impasto, un bric-à-brac di realtà e finzione. I mosaici e le travi che vediamo attraversando gli ampi saloni sono il frutto di una costante opera di restauro. La stessa fontana dei leoni e l'annesso patio, replicati da Owen Jones per l'esposizione universale di Londra del 1951, al momento della visita erano in restauro.
Un restauro che la renderà più belle, più levigate, nonché più appetibili per i turisti che fotograferanno ogni pietra, ogni palmo di quelle antiche strutture. Ma la nostra non vuole essere un'invettiva contro il sistema del turismo di massa, piuttosto una riflessione sulla perdita di cognizione da parte del fruitore di queste cattedrali della storia.
I turisti che si recano in Spagna per un tour generale passano da tante stazioni di posta, e altrettante attrazioni. In una settimana vedono La Sagrada Familia a Barcellona, il Prado a Madrid, comprano ventagli a Siviglia e scendono quasi fino al Marocco per visitare l'Alhambra nella più totale incoscienza. O meglio, sapendo sì di vedere luoghi meravigliosi ma con l'incoscienza del loro peso storico e artistico effettivo: il turista medio si muove teleguidato attraverso le sale della reggia di cui non può conoscere il segreto.
Una gran parte di queste strutture sono infatti artefatte, non originali. Appartengono a varie epoche storiche soprattutto al revival orientalista del 1851, quando Owen Jones porta all'Esposizione Universale di Londra una copia del cortile e della Fontana dei Leoni e contribuisce a diffondere, anche grazie alla pubblicazione del libro The Grammar of Ornaments la moda delle tassellature all'orientale.
L'immagine che si è tramandata negli occhi del grande pubblico è dunque quella di un'Alhambra intensamente decorata e colorata, immagine che nessuno ovviamente è più intenzionato a modificare. Così ad ogni cedimento di tassello, ad ogni perdita endemica di mosaico, si lavora ricreando il passato, costruendo l’idea di un arte all’ennesima potenza, più bella dell’originale, più colorata, più lucida, più levigata, più reale del reale.
Di contro, le stupefacenti zone decorate con "grottesche" all'italiana sono chiuse al pubblico che vi passa ignaro accanto abbagliato dai colori delle maioliche. L'Alhambra oggi è una grande fabbrica di turismo; entrano ed escono milioni di persone all'anno. Questo luogo è così carico di storia, anzi delle molte storie che vi si sono intrecciate, che satura lo spettatore dei suoi arabeschi e dei suoi colori. Citando un illustre storico dell'architettura l'Alhambra è come una torta alla panna, al primo morso ti piace, al terzo inizia a stomacarti e al quinto hai disperatamente nostalgia della crostata della nonna.
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