Il progetto della vita di Plamen Dejanoff si chiama The Bronze House e vuole riunire urbanistica, architettura e scultura nella costruzione di un edificio di oltre 600 metri quadri. Prima di trovare sede nella cittadina di Veliko Tarnovo verrà esposto museo per museo intorno al mondo. L'abbiamo visto al MamBO di Bologna e l'impressione è quella di una grande campagna marketing
di Mirko Nottoli
Perplessità. Potrebbe essere questa la parola che meglio descrive la sensazione che si prova visitando la personale di Plamen Dejanoff allestita al Mambo di Bologna. The Bronze House si intitola, come la colossale opera che ci accoglie nella grande sala delle Ciminiere del Museo: una vera e propria casa costruita con dei moduli di bronzo assemblabili all’infinito.
Approfondendo la questione, incuriositi da un concetto che non si riesce ad afferrare nell’immediato, veniamo a conoscenza di un progetto ambizioso - per quanto non nuovo, quantomeno nelle finalità - che si propone di riunire urbanistica, architettura e scultura in un nuovo modo di intendere la progettazione che le comprenda tutte. Punto di partenza il suo paese natale: Veliko Tarnovo, in Bulgaria, paese di origine medievale, dichiarato Patrimonio Mondiale dell’Umanità dall’Unesco, che conserva ancora oggi intatte le tracce del passato di capitale del Secondo Impero Bulgaro e che già attrasse l’attenzione di Le Corbusier che sul posto scrisse parole prontamente riportate a matita su una parete della sala espositiva.
Qui, a Veliko Tarnovo, il nostro artista vorrebbe costruire il maggiore monumento in bronzo mai realizzato, uno straordinario edificio di oltre seicento metri quadrati destinato ad essere assemblato in Bulgaria dopo la parziale presentazione dei suoi componenti in un percorso espositivo itinerante che ha già coinvolto alcune istituzioni museali europee, tra cui il MUMOK di Vienna, il MAK sempre di Vienna, il Kunstverein di Amburgo e, a seguire la tappa italiana presso il MAMbo, il FRAC di Reims.
Perplessità, ripetiamo. Ok, l'idea è quella di applicare all'architettura la tecnica a incastro modulare che si rifà alle tipiche decorazioni delle case popolari in legno della Bulgaria (così il comunicato stampa), le stesse di cui parla anche Le Corbusier nel suo libro Viaggio in Oriente. Ma a chi giova tutto ciò? Alla suggestione iniziale infatti, condotta dalla volontà di comprendere, subentra - mano a mano che si comprende o si crede di farlo - un senso di velleitarismo furbastro nascosto dietro manciate di fumo negli occhi, che utilizza un linguaggio volutamente in critichese per non farsi capire: un pieno di voli pindarici e rimandi colti senza che se ne percepisca la reale motivazione. Da lì ad una supercazzola di dieci pagine in cui sui parla di “un negoziato di sistemi di valori e di logiche che facciano mostra di sé e dell’autenticità dei correlati processi di contrattazione” il passo è breve.
Il dubbio è che siamo sempre noi a non essere abbastanza intelligenti. Certo, non lo possiamo escludere. Però perché, al netto di ogni speculazione filosofica, il progetto della Bronze House assomiglia al Palazzo della Civiltà Italiana all’EUR? Perché gli edifici-sculture chiamati Planets of Comparison ricordano i Froebel’s gifts già celebrati con ben altri risultati da Frank Lloyd Wright? E perché gli oggetti d’arredo rimandano alle sculture kitsch di Jeff Koons con tanto di aspirapolvere imbalsamata a festa?
Veniamo poi a sapere che a Veliko Tarnovo, paese immerso in un paesaggio da favola per rovinare il quale non c’è probabilmente nulla di meglio che qualche esosa installazione contemporanea, un edificio è già stato rivestito con la pesantissima maglia bronzea. E ci sembra architettonicamente funzionale? Urbanisticamente rilevante? Artisticamente attraente? Proprio non sappiamo. L’autore dichiara di essersi ispirato alla colonna infinita di Constantin Brancusi, quello sì un capolavoro che svetta nel bel mezzo della campagna rumena. Ma laddove l’opera di Brancusi è una sintesi esemplare di leggerezza, poesia, astrazione e immaginazione, il lavoro di Dejanoff appare sotto tutti i punti di vista pesante, farraginoso, pretestuoso nel suo volersi rifare e ridefinire a tutti i costi i massimi sistemi.
Il personaggio del resto è tanto noto quanto controverso nell’ambiente artistico internazionale per le sue ripetute e continuative collaborazioni con la pubblicità, la moda, il marketing, per le sue strizzate d’occhio autopromozionali ai brand più à la page come BMW, Swarovski, Porsche. Artista, businessman, imprenditore di se stesso al punto di aver cambiato il suo nome Dejanov in Dejanoff per apparire meno “dell’est”, anche stavolta non si smentisce costituendo una Fondazione che gli finanzi il progetto. “L’arte è un lusso”, dichiara. Chissà se Brancusi sarebbe d’accordo.
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Plamen Dejanoff, The Bronze House, Mambo, Via Don Minzoni, 14, Bologna
Fino a: 9 settembre 2012
Orari: martedì, mercoledì e venerdì dalle 12 alle 18; giovedì, sabato, domenica e festivi dalle 12 alle 20; chiuso il lunedì
Ingresso: 6 euro, 4 euro ridotto. Gratuito da 0 a 15 anni.
Info: www.mambo-bologna.org
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