MUSICISTA
Ricordando George Russell
Compositore, arrangiatore e direttore d'orchestra, fu autore di Ezz-thetic e altre pietre miliari del jazz cool e progressive. Se n'è andato questa estate nel silenzio quasi generale: noi non c'eravamo, ma ripariamo volentieri
di Franco Fayenz
Nell’estate scorsa se n’è andato uno dei maggiori musicisti del secolo Ventesimo, il compositore, direttore, teorico e didatta George Russell. Era nato a Cincinnati il 23 giugno 1923; la scomparsa è avvenuta il 27 luglio scorso. Ne scrivo ora perché la grave perdita è stata quasi ignorata in Italia – e in misura minore anche altrove – dal pubblico e perfino dai giornalisti musicali, me compreso, per difetto di notizie d’agenzia e non solo. Il celebre sassofonista norvegese Jan Garbarek che a Russell deve il decollo, tanti anni fa, della propria carriera, esprime così la rabbia e il dolore: “E’ incredibile che non se ne sia accorto quasi nessuno. Forse oggi è sconsigliabile morire durante le vacanze di massa. Russell era un grande, paragonabile soltanto a Igor Stravinskij, Arnold Schonberg, Duke Ellington e Gil Evans. Se non lo avessi incontrato nel 1965 durante uno dei suoi soggiorni nei Paesi scandinavi, e se lui non mi avesse voluto subito nella sua Living Time Orchestra, il mio itinerario musicale avrebbe potuto essere differente, più modesto o ritardato”.
Però qualcuno si è ricordato del maestro in modo assai bello. In agosto, a Roccella Jonica è stato inaugurato un piccolo monumento in pietra con inciso il nome di Russell, per celebrare il suo favoloso concerto tenuto in quella città il 2 settembre 1989. Quell’anno fu l’ultimo del periodo “eroico” del festival jonico, sistemato allora nel cortile di una scuola, ma Russell si adattò senza problemi. Era reduce da quattro giorni trascorsi a Londra dove aveva registrato una sua revisione (The Madness, Label Bleu Records) del tema della “folìa”, la danza ispano-portoghese del Cinquecento e del Seicento amata da Arcangelo Corelli, Antonio Vivaldi, Luigi Cherubini, Ferenc Liszt e Sergej Rachmaninov. Ripeté a Roccella il concerto di Londra, ovviamente con assoli diversi. Adesso l’inizio maestoso della folìa orchestrata da Russell è l’inno ufficiale del Comune di Roccella. In quell’occasione il maestro fu prodigo di esternazioni teoriche, alcune reperibili nel suo libro Il Concetto Lidio di Organizzazione Tonale (quarta e ultima edizione 2001 da Concept Publishing Company, Brookline, Massachusetts).
Disse che il jazz, senza nulla togliere ai tratti acquisiti come l’improvvisazione e il rilievo della fisionomia artistica di ogni esecutore, è destinato a diventare sempre più musica d’autore, in modo indipendente dalla latitudine in cui nasce. Portò come esempio il caso della sua orchestra, i cui musicisti dovevano avere personalità spiccata e forte carica interiore: “Hanno il privilegio di essere chiamati a progettare e ad interpretare una musica che è fuoco primordiale, espressione gravitazionale, ricerca continua. L’orchestra jazz è un collettivo e perciò a tutti i collaboratori va lasciato ampio spazio. Ma la libertà deve svilupparsi nell’àmbito dell’ordine precostituito da un autore”.
Questi concetti furono chiari già nel 1947, quando Russell vendette a Dizzy Gillespie l’orchestrazione di Cubana Be Cubana Bop con il quale il trombettista consolidò la sua fama. E più ancora, poco dopo, quando convinse gli intenditori con la magnifica partitura di A Bird in Igor’s Yard affidata all’orchestra del clarinettista Buddy De Franco. Il titolo inventato da Russell (“Un uccello nel cortile di Igor”) allude alla sintesi che l’opera realizza fra gli stilemi di Charlie “Bird” Parker, sommo innovatore del jazz, e di Igor Stravinskij. Una fusione fra il jazz moderno e la musica contemporeanea, quindi; e nello stesso tempo una sorta di replica allo stravinskiano Ebony Concerto, inciso nel 1946 dall’orchestra jazz di Woody Herman sotto la direzione dell’autore.
A New York Russell frequentò i jazzisti pensosi del futuro (Lennie Tristano, Lee Konitz, Miles Davis) e scrisse per loro brani come Ezz-thetic e Odjenar che fecero il giro del mondo attraverso i dischi.
E’ impossibile, poi, seguire Russell nei suoi tour soprattutto europei, i dischi stupendi, la scoperta di talenti fra cui il pianista Bill Evans. Ma si deve ricordare che il maestro è apparso per l’ultima volta in Italia nell’estate 2002 come direttore della sua Living Time Orchestra. Aveva già dei vuoti di memoria, pochi ma evidenti nei gesti direttoriali, primi sintomi dell’Alzheimer che lo affliggeva. I musicisti lo prendevano un po’ in giro senza rendersi conto di cosa si trattasse. Nel 2005, in ritardo, arriva il suo ultimo cd, The 80th Birthday Concert. La moglie Alice riferisce che gli ultimi tempi sono stati duri per lui e per chi gli stava vicino. Ma lei aveva imparato a citare nomi che gli erano cari e passi del suo libro per strappargli ogni tanto un sorriso.
Tags: Franco Fayenz, miles davis, russell,
24 Novembre 2009
Oggetto recensito:
GEORGE RUSSELL, MUSICISTA JAZZ
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