Sam Mendes, il regista già premio Oscar, colpisce ancora: esce oggi American Life, il viaggio di due futuri genitori attraverso le improbabili tipologie di famiglia della realtà Usa. Senza retorica né comicità sguaiata, finalmente una storia semplice e godibile
di Andrea B. Previtera
Oh, finalmente. Siamo andati a caccia di diversità per tutto il duemiladieci cinematografico senza portare a casa grandi prede, ma ecco che quando credevamo di rimandare le speranze venatorie all'anno incombente, salta fuori dai cespugli una squisitezza firmata Sam Mendes. American Life: delizia stagionata, in realtà, non preda sgambettante, perché stiamo parlando di una produzione targata 2009 ma giunta solo ora nelle sale italiane. Titolo originale: Away we go, opportunamente (sigh) rinominato per strizzare l'occhio al fatto che sì, il regista è proprio quello lì dell'Oscar, sì, sì, quello di American Beauty.
Dicevamo: diversità. Burt e Verona sono una coppia di trentenni americani di metà cammino prossimi a dare alla luce il primogenito, e fiduciosi di poter contare sulla presenza dei futuri nonni (paterni) per costruire una famiglia estesa. Nonni giovanili e scanzonati, però, che hanno appena preso la decisione di andarsene a vivere in Belgio per qualche anno. Ha così inizio una non-avventura on the road per disorientati genitori in divenire, alla ricerca e riscoperta di amici e parenti da cui trarre assistenza e ispirazione.
Arizona, Wisconsin, Florida e un passaggio canadese, di tappa in tappa attraverso la distopia americana vista con gli occhi via via disincantanti di una giovane artista incinta e del suo compagno gestore telefonico di grandi contratti assicurativi (in maglietta, zaino e braghe corte). Di famiglia in famiglia passando in rassegna modelli tanto presuntuosamente moderni quanto disastrosi o disturbanti, in una di quelle storie circolari in cui il morso finale alla coda è illuminante.
Mendes conferma che il mastrolindo d'oro di cui può fregiarsi non è stato un caso, e con American Life riesce in quelli che sono gli intenti mancati di più di un regista. Fa girare, ad esempio, la giostrina dei pasticci sociali di un paese, con grande umorismo ma senza mai scadere nel grottesco (vedi Mammuth). Traccia appena le silhouette di personaggi che tuttavia sembra di conoscere da sempre, sulle righe di un racconto mai banale e tuttavia mai eccessivamente introspettivo. Assenti, con grazia dei presenti, moralismi, stereotipi e melassa.
Un'ora e mezza finalmente al netto di eroi e di disastri, distante dai teatrini dell'assurdo, dalle grandi emozioni e dalla comicità sguaiata. Senza più bisogno di figure caricaturali o grandi nomi sul set. Senza profonde significanze o trame da decodificare. Una storia diversa eppure semplice e gradevole, persino plausibile, raccontata con discrezione. Il lato B di American Beauty?
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American Life, di Sam Mendes, USA Gran Bretagna 2009, 98 m
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