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ARTE

Paul Cézanne, l'ultimo dei coraggiosi

Guttuso scrisse che l'arte moderna è spesso caratterizzata dalla paura. In questo senso l'interpretazione quasi di retroguardia dell'artista francese è un complimento. Ora una bella mostra a Roma mette in luce le sue influenze sui più noti pittori italiani del '900


di Marco D'Egidio

Bagnanti (1892)


Ma l’atto del dipingere è spesso caratterizzato non più dal coraggio come per Giotto, per Tintoretto, o per Tiziano o per Caravaggio o per Van Gogh, anzi dalla paura”. Così scriveva Renato Guttuso nel suo editoriale Paura della Pittura pubblicato sulla rivista Prospettive nel 1942. A questi nomi Francesco Trombadori ne aggiungeva un altro, nel suo quadro dello stesso anno, raffigurante una natura morta sul tavolo di un atelier, qualche tela sullo sfondo, spighe di mais e melanzane, cartoline, oltre allo stesso numero di Prospettive, e a un volume su Paul Cézanne. L’opera, che apre la collettiva Cézanne e gli artisti italiani del ‘900 allestita a Roma al Complesso del Vittoriano, insieme a diversi documenti della prima metà del Novecento – carteggi, articoli di giornale, cataloghi e monografie volti a testimoniare il dibattito culturale dell’epoca - ripropone l’amara riflessione di Guttuso sulla pavidità e il conformismo dell’arte durante la Seconda Guerra Mondiale. A questa paura della pittura contemporanea, incapace di farsi - per dirla sempre con Guttuso - “concreta espressione di un concreto mondo di oggetti e uomini a portata delle nostre mani”, Trombadori contrappone il coraggio e la lezione saldamente figurativa di un maestro francese “scoperto”, per l’Italia, da Ardengo Soffici in occasione della retrospettiva a lui dedicata al Gran Palais di Parigi nel 1907.
 
La mostra romana, curata da Maria Teresa Benedetti, racconta in cento opere di come Cézanne (Aix-en-Provence, 1839 – Aix-en-Provence, 1906) rappresentò insieme un faro e un porto di sicuro approdo etico ed estetico per molti artisti italiani nelle tormente e nei tormenti d’inizio secolo, a partire dall’articolo che Soffici, rimasto estasiato a Parigi da questo “pazzo e primitivo”, scrisse su di lui sulla rivista senese Vita d’Arte nel 1908. Così il mito di Cézanne si diffuse da questa parte delle Alpi, paragonato a Giotto per la sua ricerca di un ordine geometrico nella realtà visibile e quindi eletto a modello di un’arte che poteva essere insieme tradizionale e moderna. Quasi il manifesto di una Rétro-guardia.
 
E’ davvero un piacere scoprire lungo il percorso espositivo le influenze che la pittura di Cézanne esercitò su Carlo Carrà, Giorgio Morandi, Felice Casorati, Mario Sironi, lo stesso Soffici, Felice Carena, Gino Severini, Umberto Boccioni, Fausto Pirandello ed altri artisti ancora. Ogni sezione della mostra (sono quattro: i paesaggi, i nudi, i ritratti e le nature morte) mette a confronto alcune delle opere più rappresentative dell’artista che tanto ispirò anche Picasso e le tele degli italiani che più o meno esplicitamente lo richiamavano. Ed è altrettanto stimolante leggere l’evoluzione stilistica negli itinerari dei singoli autori: ad esempio la rigida e duratura osservanza cézanniana di Morandi, il tormento che porterà alla frammentazione delle forme di Pirandello, il rifugio post-futurista in cromatismi più statici di Boccioni, le escursioni classicheggianti e primitive di Sironi, oltre naturalmente alla parabola di Cézanne che si staccò dall’impressionismo per cercare l’essenza visibilmente stabile delle cose e approdò infine, se non all’espressione, quanto meno all’intuizione dell’armonia che abbraccia la realtà.
 
9 - CARRA MERIGGIO_Coll privata.jpg
Di Cézanne sono gioielli, se pure non di primo piano, il piccolo quadro, anticipatore di Francis Bacon, I ladri e l’asino, e la natura morta Teschio e bollitore, in cui l’intensità dello “sguardo” del teschio – ci piace immaginare – aveva impedito all’artista di concludere lo sfondo. Non ci può essere Cézanne, poi, senza una serie di “bagnanti”, a rivelarci le tracce di un umanesimo che si fa sempre più essenziale. Altri pezzi forti della mostra, i “paesaggi lirici” di Carrà, così intensamente materici e percorsi da uno struggente senso di nostalgia (sopra: Meriggio, 1927), Felice Casorati nei ritratti e nella rappresentazione del nudo femminile in Concerto - dipinto che ha un qualcosa di misterico (ma forse è solo metafisica) – le tele monumentali di Sironi, e la Spiaggia affollata, in cui par di vedere il calore nel colore tremolante, di Fausto Pirandello, figlio di Luigi.
 
Un discorso a parte, per l’intensità del suo ripensamento, merita Boccioni, presente in mostra con una natura morta e tre straordinari ritratti: il 1915/16 è per lui l’ultimo periodo prima della morte e il maestro, reduce dall’esperienza futurista, per le sue rapide pennellate colorate che non vogliono più creare linee di forza sembra rifarsi all’ultimo periodo di Cézanne, come emerge dal confronto tra il Ritratto del Maestro Busoni (sotto) dell’artista italiano e Il giardiniere Vallier del francese.
8 - BOCCIONI BUSONI_Gnam.jpg

Quando si parla di primo Novecento, saltano subito in mente le Avanguardie. La mostra del Vittoriano, costruita con rigore scientifico esemplare e che presenta anche pannelli didattici in apertura, ha il pregio non solo di esporre grandi opere, ma soprattutto di rivelarci che cosa c’era sotto il tappeto dei grandi movimenti artistici del secolo passato: una salda rete di pittori controcorrente, o comunque di avanguardisti con un piede ben saldo nelle fondamenta della tradizione. D’altronde pure il cubismo trasse ispirazione da Cézanne. Un’eredità che comincia a perdersi solo nel Secondo Dopoguerra, dopo la grande paura ma prima di un’altra dittatura: quella del concetto.



Tags: bagnanti, Marco D'Egidio, paul Cézanne, recensione,
14 Ottobre 2013

Oggetto recensito:

Cézanne e gli artisti italiani del ‘900, Complesso del Vittoriano, Roma

 

Fino al: 2 febbraio 2014

Orari: dal lunedì al giovedì 9:30-19:30; venerdì e sabato 9:30-23:00; domenica 9:30-20:30

Costo del biglietto: intero 12 euro; ridotto 9 euro

Informazioni: 06 6780664 www.comunicareorganizzando.it

 

giudizio:



3.06
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