• Seguici su:
ARTE CONTEMPORANEA

MiArt, all'inizio della fiera

Nel tentativo di ritagliare uno spazio che valorizzi le collezione private di Milano: PAC, Museo del '900, Palazzo Reale, Fondazione Prada e Hangar Bicocca presentano l'evento per il prossimo aprile. Ritrova posto il design e vengono riconfermati i punti forti, come le esposizioni del moderno classico


di Riccardo Bonini

 


Milano ha da sempre coltivato un atteggiamento esclusivo e particolare nei confronti del contemporaneo. È inoltre una città che ha fatto di un attento collezionismo privato un marchio caratterizzante. Le collezioni private milanesi (in ambito moderno e contemporaneo) sono diffuse e molto significative, a differenza, ad esempio di Torino, dove la presenza di importanti musei e fondazioni ha portato, nel tempo, a una dimensione più istituzionale.
 
Alla luce di queste premesse, appariva quindi quantomeno lecito domandarsi quando la città lombarda avrebbe deciso di attrezzarsi sul versante fieristico, ripensando prima di tutto la base concettuale di un evento come miArt. Pare che l'occasione sia giunta. In occasione dell'edizione 2013 (la diciottesima), durante la conferenza stampa di presentazione presso il Padiglione d'Arte Contemporanea, il neo-direttore artistico Vincenzo de Bellis (classe 1977, già membro del collettivo Peep-hole) parte proprio da qui: "Da anni mi sto occupando del ripensamento delle dinamiche istituzionali dell'arte" afferma "e penso che la fiera oggi debba assumere una nuova identità, divenendo una sorta di cassa di risonanza per la produzione artistica della città, la cui centralità nell'operazione rappresenta il punto di partenza."
 
E proprio sulla stretta interazione tra luoghi di Milano e fiera si apre una collaborazione destinata, nelle intenzioni, ad espandersi nel corso dell'anno: PAC, Museo del '900, Palazzo Reale, Fondazione Prada e Hangar Bicocca hanno aderito alla proposta per inaugurare le loro mostre ed eventi nel corso della settimana della fiera agli inizi di aprile. In un momento non certo facile per il mercato emerge quindi la diffusa volontà di 'fare sistema', rinsaldando il legame tra pubblico e privato per rinnovare lo slancio.
 
La situazione, al di là delle frasi di circostanza, si presentava abbastanza tragica, soprattutto dal punto di vista qualitativo: inesistente sul piano internazionale, surclassata su quello interno, miArt si è sempre più avvitata in una dimensione, estremamente provinciale, sia per il pubblico che per i contenuti; in questo ha sicuramente sofferto di quell'assenza di 'sistema' di cui sopra. Attraverso anche lo sviluppo di un team giovane e inserito all'interno delle complesse dinamiche internazionali della curatela e di mercato del contemporaneo (tra gli altri Andrea Viliani, Andrew Bonacina - curatore dell'International Project Space di Birmingham -, Florence Derieux - direttrice FRAC Champagne-Ardenne, Reims) il tentativo è quello di colmare il vuoto, conferendo rilievo internazionale alla strategia.
 
Ma ogni operazione di slancio, se gestita con coerenza, non può equivalere ad un totale salto nel buio: per questa ragione non solo non vengono abbandonati alcuni punti strategici della 'piattaforma miArt' come la massiccia presenza del moderno classico (zoccolo duro del collezionismo artistico meneghino) ma viene reintrodotto in Fiera il design (sebbene con pezzi a tiratura limitata, escludendo la squalificante - per l'ideale artistico - produttività seriale), adeguandosi agli stimoli ricevuti da alcuni dei più prestigiosi palcoscenici fieristici mondiali (Miami oppure Frieze a Londra); in particolare, sempre riguardo al coinvolgimento del design all'interno dell'evento (era già successo negli anni '90), anche le fondazioni Portaluppi e Castiglioni hanno una parte nel circuito sistemico innestato dalla nuova gestione.
 
L'architettura ideale di miArt 2013 è dunque significativamente strutturata, articolata coerentemente, e sembra poter affrontare problematiche affascinanti. Il tentativo è di ridefinire il ruolo di un evento fieristico in un momento di profonda crisi dello scenario internazionale, crisi di cui il mercato italiano risente in maniera ancora più accentuata.
 
Uno strappo culturale è apparso come il gesto più significativo per affrancare il miArt da un'eredità non certo esaltante, e modellarne la rinascita (o, almeno per il momento, la presunta tale) attorno ad un progetto triennale è ulteriore conferma che tutto avviene sotto l'egida di una volontà programmatrice essenziale. Stefano Boeri, pur con gli enormi limiti imposti dalla politica, continua ad apparire un assessore capace con buone idee e un pizzico di coraggio, e la scelta di avallare il progetto di questo miArt è un'ulteriore conferma.
 
Una strada che riporti alla luce le qualità di una città come Milano, anche a livello internazionale, sarà lunghissima. E passerà anche da qui. Talvolta è più semplice ricostruire sulle macerie. Arrivederci fra sei mesi.



Tags: arte, collezioni private, Design, fiera, Miart, milano, recensione, Riccardo Bonini,
27 Novembre 2012

Oggetto recensito:

Miart 2013, Viale Scarampo, Milano

Info: www.miart.it

giudizio:



7.02
Media: 7 (1 vote)

Commenti

Invia nuovo commento

Il contenuto di questo campo è privato e non verrà mostrato pubblicamente.
 
CAPTCHA
Questa domanda serve a verificare che il form non venga inviato da procedure automatizzate
Image CAPTCHA
Enter the characters (without spaces) shown in the image.