Pausa Pranzo

Pizzeria da Gino a Milano: quando la qualità dei piatti non basta

“Mangiate merda: milioni di mosche non possono sbagliare”. Ligi all’insegnamento dell’aforisma di Marcello Marchesi, siamo andati a verificare perché, dal 1969, decine di persone si accalcano in piedi nei pochi metri quadri della Pizzeria da Gino in Corso Vercelli a Milano, dal martedì alla domenica all’ora di pranzo, o all’uscita dalla messa che si celebra la domenica pomeriggio allo stadio di San Siro.

Già mette di cattivo umore il rito del biglietto col numero e la lentezza con cui bippa l’ansiolitico display; in più non aiuta lo spintonare di chi cerca di ritirare quanto ordinato facendolo passare pericolosamente vicino al vostro cappotto appena acquistato; lo snocciolare delle cifre del conto  poi fa pensare alla necessità di un’urgente visita dall’otorino, non essendo proprio possibile che si debba sborsare la stessa cifra che si pagherebbe comodamente seduti a un tavolo apparecchiato di una delle (poche) buone pizzerie del quartiere. Ma il colpo del ko è assestato dai banchi in formica, vista tram e odor di biossido, sui quali, a fianco di adolescenti tormentati, si mangia per tornare di fretta alla propria, sicuramente più accogliente, scrivania.

Basta allora che la pizza al taglio sia buona (per gli amanti delle digressioni non autorizzate dalla tradizione, da segnalare quella bianca coi fiori di zucchina), che ci siano (altrettanto buoni) primi piatti (meglio lasciar perdere i pizzoccheri), verdure, fritti, e che in un sacchetto si possa portare a casa per i bambini qualche fetta di ottimo salame di cioccolato? Evidentemente, per gli emuli delle mosche di Marchesi, la risposta è positiva.

Il paradosso resta, invece, per chi ritiene che a metà giornata ci si meriti qualcosa di più che una semplice soddisfazione delle papille, perché anche quant’altro sta sopra il collo necessita della sua dose di coccole.