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Oggetto recensito:
A single Man di Tom Ford
di: Davide Steccanella




Non mi pare che nè al grande Luchino Visconti nè al più modesto Vanzina sia mai passato per la capa di disegnare braghe o bluse, mestiere che evidentemente non erano in grado di fare, non vedo quindi perchè al bravo stilista Tom Ford sia invece passato per la capa di cimentarsi nella regia mestiere che non gli appartiene perchè come quello del disegnar abiti non si improvvisa. Detto quindi che la regia di A Signle man più che scadente di fatto latita totalmente, che la storia di per se stessa è invero poca cosa e che i pochi dialoghi rasentano l'imbarazzante, non resta che soffermarsi su quelle che a dire di molti sarebbero state le qualità del film tanto piaciuto a Venezia ovvero la cura delle immagini e la recitazione del protagonista che pure mi si dice concorra agli Oscar. Quanto alla prima, sulla quale peraltro già il prode Guzzano apprezzato critico di tendenza aveva lanciato i propri strali parlando di poster e di patinamento da sfilata di D&G, francamente mi sfugge l'elogio. Certo la casa del protagonista e più in generale gli sfondi e gli arredi delle location sono da copertina ma che c'entra con l'arte dei fratelli Marx dico io ? Abili autori di spot o di video musicali han saputo far di meglio con grande schermo ed alcune sequenze tipo i flash-back dei due amanti oppure l'indugio sui pettorali sudati dei tennisti su strada sono sotto la soglia quasi da fare rimpiangere lo Zeffirelli del Toscanini. Infine Colin Firth che certo il suo mestiere lui si lo sa fare bene ma che qui ci mostra un perenne dandy stile british un pò miopetto che potrebbe essere il fratello maggiore e meno checca di Ruppert Evert o un pò più checca di Hugh Grant insomma ben di meglio da lui avemmo in passato. Insopportabile e sopra le righe la soliltamente intensa Julianne Moore, pessino il fidanzato nei pochi momenti dove si vede e nessuna colpa al ragazzino costretto ad interpretare un ruolo davvero senza capo nè coda. Il paragone che mi è stato fatto con Morte a Venezia suona sacrilego, Tom Ford è un grande stilista, continui pure a fare quello...





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Commenti

Nessun sdilinquimento,ma che

Nessun sdilinquimento,ma che bella cosa il disaccordo civile,gentili Paola e Davide

A SINGLE MAN,di Tom Ford,con Colin Firth,Julianne  Moore,Nicholas Hoult,Usa,2009,95 minuti “Si farà una gran fatica,qualcuno/direbbe che si muore-ma a quel punto/ogni cosa che poteva succedere /sarà successa....” Così Giovanni Raboni in una sua poesia  frontale,frontale come lo è questo film.Che parla di amore,di morte,di caso,di necessità,di maturità e di giovinezza,di professori e di allievi,di solitudi funzionali alle assenze e alle presenze.Dividendo la vicenda in episodi sequenziali ma al tempo stesso amalgamati fra presente e passato,e giocando la storia su tre piani distinti:la voce fuori campo del narratore,che lascia al film la raffinata placenta letteraria da cui è stato estratto.I ricordi del protagonista,tesi ad illustrare le presenze del passato che sono le assenze del qui ed ora.La fotografia,che racconta quello che accade in modo spassionato e passionale,ossia frigidamente romantico;allineando secondo una rigorosa estetica  quasi minimalista le persone come gli oggetti,mettendone altresì sullo stesso piano le presenze senza ombre.Che pertanto ne annullano la tridimensionalità  per delinearli  nitidamente solo come superfici.Secondo un’estetica dichiarata e coerente,dove tutti sono belli, curati, al loro posto ma non equidistanti:le persone, le cose,gli interni e gli esterni, ricostruiti con grande rigore filologico anche nei dettagli dei vestiti,dei trucchi ,delle pettinature,degli arredi anni sessanta.Come se l’estetica fosse uno dei pochi modi  per stare al mondo,interpretandolo con dignità ...Tom Ford,uomo bello ,intelligente,omosessuale stabilmente accasato da anni e anni-il compagno compare di sfuggita in una scena all’università-affronta con ragione e sentimento- e forse perfino troppo sorvegliatamente- una specie di suo alter ego,che il caso ha appena reso vedovo del più  giovane convivente.E lo segue con raffinatezza ma al tempo stesso con disinvoltura casalinga,non priva dell’umorismo sommesso della quotidianità,nel suo progetto di suicidio.Finchè ...quello che doveva succedere,appunto,succede.E rappresenta con maestria e  ponderatissima semplicità una vicenda sia emblematica che esplicita,riuscendo a non ghettizzare il film in una dimensione esclusivamente gay,e mantenendo,oltre alle forme,anche un contenuto dialogante tanto esistenzialmente serio,quanto conciso e naturale.E,alla fine di un film di classe,che fa muro contro la volgarità dei tempi,dando  altresì a Colin Firth l'opportunità di una grande interpretazione,sorge spontanea una domanda non finale ,ma parallela:come mai i grandi stilisti tengono quasi sempre solo per loro il concetto di stile ,guardandosi bene,tranne pochissime eccezioni,di indossare o abitare in case che assomiglino anche solo lontanamente alla moda che propongono? Da vedere,confermando i tre soli.E aggiungendo un consiglio,quello di leggere,di Isherwood,non tanto l’omonimo libro appena tradotto da Adelphi,quanto Mr.Norris changes train,tradotto da Einaudi con il titolo Mr.Norris se ne va.Questo sì u n grandissimo libro

Sottoscrivo ogni parola del

Sottoscrivo ogni parola del commento, ma val la pena di dare un'occhiata all'ampia messe di tributi e sdilinquimenti (è il caso di dirlo) che ricorrono su un sito di cinema che va per la maggiore,sul web e in edicola, non faccio il nome per discrezione (e per non fargli pubblicità).Un film urtante fino a diventare urticante.

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