
Oggetto recensito:
Un film che mette d’accordo atei e credenti? Come spesso accade con i sofismi, ci si ritrova ad aver ragione tutti e alla fine quello che farà la differenza sarà la carica persuasiva della parola. E parole per convincere le masse ne sono state usate molte, da che mondo è mondo, e in tutte le religioni, dunque nessuno stupore nel vedere milioni di disperati in attesa del miracolo che, puntualmente, si verifica, ma, e lì è il bello, serve solo a far risaltare quanto siamo inadeguati perfino di fronte a quello che aspettavamo di vedere. E solo perché è toccato ad altri e non a noi. Invidiuzze, distiguo a non finire (durerà? non sarà mica una cosa temporanea? ma perchè è toccato proprio a lei? ma Dio che fa, va a caso?) Nessuna esultanza di fronte alla malata che si alza dalla sedia a rotelle, passi in infermeria, piuttosto, altrimenti il miracolo non sarà riconosciuto, Amore non se ne vede, in questo film tremendo, minimalista, asettico e perciò tanto più lancinante nel colpire. Christine, che muove solo la testa, e altri poveri cristi, accompagnati da baldi giovani e fanciulle in fiore, arrivano a Lourdes e scatta l’operazione pellegrino/pacchetto completo, compreso il miracolo. Dai tempi di Lazzaro alle moderne agenzie di viaggio e soggiorno “inclusive tour”, con tanto di supporto di volontari e crocerossine in belle divise e belle speranze, strada se n’è fatta parecchia e il profumo del business è quello che arriva agli dei dai moderni altari dei santuari delle illusioni. Ricordare Bunuel è d’obbligo, ma anche L’ora di religione di Bellocchio non va dimenticato. Jessica Hausner ha messo il dito in una piaga purulenta, che non è quella dei lebbrosi, per cui quel lontano predicatore del deserto nutrì amore e pietà infinita, ma è quella dei mercanti del tempio, degli abilissimi venditori di speranze e biglietti. La cura nel ricostruire l’ambiente e l’atmosfera dei rituali è estrema, il lessico della devozione, la gestualità sommessa,la tipologia dei personaggi, tutto denota acume, sottigliezza, capacità di ironia sottile, mai irriverente. Non c’è luce in questo film che si presupporrebbe inondato da quella delle tre virtù teologali, volate via dal sacrario di tutti i sacrari, la grotta dei Pirenei, dove la piccola Bernadette vide per 18 volte “la bella Signora” nell’Anno del Signore 1864. Quell’enorme edificio che ora la ingloba incombe, gotico e inquietante, dall’alto, pietra grigia, pesante, dietro la foto ricordo, file interminabili di fedeli, souvenir dovunque, acqua miracolosa offerta in bicchieri usa e getta. E’ piuttosto la tenera Christine il vero miracolo, con i suoi sorrisi smarriti e pazienti, il suo andare per pellegrinaggi, sola, pur di uscire di casa, anche se preferirebbe Roma, “più culturale”. Il suo pallido amore per il bel volontario dura l’éspace d’un matin, basta quella caduta improvvisa nella sala della festa di chiusura del viaggio per riportare tutto nella normalità di un mondo dove, si sa, i miracoli veri sono ben altra cosa e se ne vedono davvero pochi. Un tocco quasi felliniano quel ballo finale con la musica di Al Bano e Romina, si parla di felicità, si spinge alla socializzazione fra compagni di sventura, ma da domani di nuovo soli e così sia. Fino al prossimo pellegrinaggio_________Lourdes, 2009, di Jessica Hausner con Gilette Barbier, Gerhard Liebmann, Léa Seydoux, Sylvie Testud, Bruno Todeschini, Irma Wagner,durata 96’
Commenti
Gentile Anonimo, - meglio
Gentile Anonimo, - meglio imparare a memoria questa bella recensione che il commento-orologi che sta infestando (perché la redazione di GU tollera questa 'intrusione'?) i contributi dei lettori.
Non ho capito: dobbiamo
Non ho capito: dobbiamo imparare a memoria questa recensione? E' qui da tre giorni.
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