Un festival rock in mezzo al Sahara, tra i tuareg perfettamente a loro agio con chitarre elettriche e amplificatori: è il luogo dell’incontro tra gli americani Dirtmusic e i maliani Tamikrest, da cui nasce l’album BKO. Perché ormai gli esotici siamo noi
di Simone Dotto
Trent’anni fa, la vita di chi si dava alla world music era decisamente più facile: il musicista pop occidentale di turno (meglio se inglese, per via della sindrome post-colonialista) indiceva una conferenza stampa, rassegnava pubblicamente le dimissioni da rockstar e annunciava di voler partire alla volta di terre lontane. Africa, Asia, India, poco importava, pur di fuggire da questa viziata routine quotidiana di riflettori accesi e pubblici in delirio. Non passavano più di due anni che il nostro turista - ancora perfettamente sincronizzato sul fuso orario della discografia occidentale – faceva ritorno, dichiarandosi immancabilmente “rinato” e mostrando con orgoglio, ai giornalisti appena riconvocati, una valigetta piena di preziose registrazioni, quando non un intero set di musicisti in carne ed ossa, prelevati dal posto a mo’ di souvenir.
Così andò, pressappoco, per tutti i Padri Pellegrini della cosiddetta “musica del Mondo” (dove “Mondo” sta ad indicare in realtà solo quella porzione di pianeta che, vista da qui, ci pare tanto “selvaggia e incontaminata”). Da allora le cose sembrerebbero molto cambiate. Oggi, ad esempio, può capitare che nella cassetta della posta di tre rocker americani di lungo corso come Hugo Race, Chris Eckman e Chris Brockaw (in arte Dirtmusic) venga recapitato un invito ufficiale a partecipare ad un festival rock nel bel mezzo del Sahara. E che, una volta laggiù, i tre si ritrovino a condividere il palco con un gruppo di tuareg, i Tamikrest, che non solo sanno bene come destreggiarsi tra amplificatori e chitarre elettriche, ma sfoggiano anche magliette di gruppi punk californiani con assoluta disinvoltura. Dicesi “world music di ritorno”: un segnale evidente che non siamo i soli a trovare esotico ciò che sta dall’altra parte dell’oceano.
Da questo incontro nasce BKO, secondo album del progetto Dirtmusic, il primo a formazione “intercontinentale”. A dargli il titolo è la sigla internazionale dell’aeroporto della città maliana di Bamako, dove sono avvenute le registrazioni: un non-luogo, un campo neutro da cui ricominciare la partita Occidente contro Resto del mondo e dove, molto più dei passaporti, contano le rispettive collezioni di dischi. Qui, il blues subsahariano di Ali Farka Touré diventa una grammatica condivisa e il primo disco dei Velvet Underground il territorio comune sul quale misurarsi (galeotta fu la cover di All Tomorrow’s Parties, il brano che inaugurò la prima jam session fra i due gruppi, poi reinciso in studio come singolo promozionale).
Potremmo aggiungere che nella sua seconda metà il disco indulge un po’ troppo sulle sole regole del cantautorato made in Usa. O che le percussioni e le chitarre “tuareg” sono le spezie che, sia pure in modo discreto, insaporiscono il tutto. Ma mettersi a dividere i quarti di sangue orientali da quelli occidentali non renderebbe giustizia allo spirito e all’intelligenza del progetto. Basti dire, allora, che BKO è uno dei migliori dischi di rock classico che la stagione ci abbia consegnato fin’ora, e che sarebbe tanto meglio godercelo così senza per forza doverlo puntellare sulla cartina.
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Dirtmusic, BKO, Glitterhouse
Packaging: per i feticisti del genere musica-oggetto, il cd di BKO è un bel giocattolone. Comprende un folto booklet di scatti “desertici” e un bonus dvd che testimonia le primissime session del gruppo con line up allargata
Protagonisti: ciascuno dei tre fondatori dei Dirtmusic vanta un curriculum chilometrico, di esperienze e militanze anche molto distanti fra loro. Chris Brockaw è fra i chitarristi e collaboratori più richiesti del gotha indipendente americano; Chris Eckman guida attualmente la compagine folkrock dei Walkabouts; Hugo Race è un ex componente dei Bad Seeds di Nick Cave e oggi produttore e autore di innumerevoli progetti sperimentali: tra i tanti, vale la pena di ricordare le sue riletture lounge delle musiche della sceneggiata napoletana, raccolte nell’album del 2004 The Merola Matrix
Tamikrest: Nelle stesse sessioni di BKO, i Tamikrest hanno registrato anche il loro debutto, Adagh, prodotto dallo stesso Eckman e pubblicato dalla Glitterhouse a marzo
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