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LIBRI

I coccodrilli di Enaiatollah, per fortuna, non fanno piangere

Dalla sua esperienza come educatore, Fabio Geda racconta in un romanzo gli aspetti più nascosti della vita dei bambini immigrati. Con una leggerezza che cattura più di tante pagine drammatiche


di Gianpaolo Mazza


L’infanzia e la crescita sono per Fabio Geda delle ossessioni. E gli scrittori che hanno detto qualcosa di importante nella storia della letteratura in fondo hanno scritto delle proprie ossessioni per buona parte della loro vita. 
 
Occupandosi di minori stranieri in qualità di educatore, Geda ha vissuto circondato da storie pazzesche che meritavano di essere raccontate. E lo ha fatto colmando un vuoto, perché letteratura su questi argomenti ce n’è veramente poca. Per dieci anni ha vissuto con i bambini in una comunità-alloggio, ci ha dormito, li ha svegliati la mattina, ha corretto i loro compiti, li ha ascoltati per ore raccontare esperienze e anche bugie. Geda non è portatore di una verità superiore, però, a differenza di altri, parte da dentro, da una posizione privilegiata. 
 
Negli ultimi anni buona parte dei libri di successo parla di adolescenza. È bene sottolineare che Geda parla di infanzia, di preadolescenza, di bambini che hanno dai dieci ai dodici anni. Detto ciò, nel suo libro Nel mare ci sono i coccodrilli Geda dimostra di non essere un letterato, ma uno scrittore che racconta semplicemente storie. Storie che oggi, più che mai, possano mettersi in ascolto della vita e della contemporaneità e offrirci una narrazione del mondo alternativa a quella che ci viene messa a disposizione dalla politica o da molti media. 
 
Il protagonista è Enaiatollah Akbari, ragazzino hazara nato a Nava, paesino di poche anime nel cuore dell’Afghanistan a non molti chilometri dalla capitale Kabul, che i talebani e i pashtun perseguitano a causa della sua etnia. La madre, sperando di dargli un futuro migliore, accompagna il figlio in Pakistan e lo abbandona. Quando Enajatollah rimane da solo, dopo i primi momenti di rabbia e stupore smette di pensare alla sua famiglia, cancellandola per otto lunghi anni preso dall’urgenza di sopravvivere. Lo fa con tristezza, ma senza rabbia o risentimento. L’abbandono per amore può essere elaborato, mentre l’abbandono per disinteresse, per noia o per fragilità, tipico della società occidentale, spezza i legami molto di più. 
 
Per Enaiatollah si disintegrano i concetti di spazio e di tempo: la sua età rimane incerta, i suoi continui spostamenti, che dal Pakistan lo porteranno in Italia attraverso Iran, Turchia e Grecia vivendo esperienze tragiche, non intaccano la sua voglia di vivere. 
 
Un bel libro, che affronta i problemi meno evidenti della vita degli immigrati con un piglio leggero, soave, autoironico. E questa leggerezza è la sua vera forza. Perché Geda ha capito, con l’aiuto fondamentale di Enaiatollah Akbari, una regola fondamentale: se si racconta qualcosa di drammatico in modo drammatico si spinge il lettore a proteggersi, a filtrare. Se invece si usa uno stile leggero, l'essenza del dramma arriva lo stesso, e raggiunge il lettore con una potenza di cui si accorge solo dopo aver chiuso il libro. Ed è così che succede con Nel mare ci sono coccodrilli.



Tags: afghanistan, Baldini Castoldi Dalai, crescita, dramma, Fabio Geda, Gianpaolo Mazza, immigrazione, infanzia, Nel mare ci sono i coccodrilli. Storia vera di Enaiatollah Akbari, recensione,
16 Luglio 2010

Oggetto recensito:

Fabio Geda, Nel mare ci sono i coccodrilli. Storia vera di Enaiatollah Akbari, Baldini Castoldi Dalai 2010, p. 155, euro 16

giudizio:



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