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TEATRO - FESTIVAL

Santarcangelo, il teatro e noi

Appassionata panoramica sulla quarantunesima edizione del Festival più longevo d'Italia, che quest'anno era dedicato al rapporto attore-pubblico


di Nicola Arrigoni

 


Piazza Ganganelli di Santarcangelo è diventata la platea d'Italia. Non è una metafora, almeno non solo, perché gli oltre cento partecipanti al festival teatrale - che arrivato alla sua quarantunesima edizione è il più longevo del Paese - hanno portato ognuno una seggiola, una poltrona, una panca, raccogliendo l'invito della direttrice artistica Ermanna Montanari. 
 
Del resto l'edizione 2011 è dedicata proprio al rapporto fra attore e spettatore, e così il fitto programma ha interrogato il pubblico, gli ha chiesto di essere corpo attivo della messinscena. Questo è accaduto per il debutto nazionale di The plot is the rivolution dei Motus al teatro Petrella di Longiano, un confronto intenso e performativo fra Judith Malina, fondatrice del Living Theatre, e l'androgina attrice della compagnia Silvia Calderoni (foto in alto). L’ottantacinquenne e la trentenne hanno condotto una riflessione aperta sul termine rivoluzione, sul mito di Antigone, sulla peste del teatro, sulla sofferenza che deve portare con sé ogni vero attore quando si fa corpo vibrante, presenza scomoda, grimaldello di quel Paradise Now che il Living Theatre praticò come possibile azione contro ogni tipo di oppressione. Al racconto di Judith Malina, Silvia Calderoni ha fatto seguire l’azione, in un’eredità che ha finito col commuovere, mettendo a confronto due generazioni. Da un lato un teatro che quarant’anni fa agiva provocatoriamente per cambiare il mondo, in uno scenario contestato ma comunque, almeno, percepito come esistente; dall’altro la sofferenza solipsistica di Silvia Calderoni, l’angosciante solitudine di un creare sempre interno al corpo dell'attore, privo di qualsiasi scenario, fosse pure da contrastare. L’effetto è interessante. Alla fine la richiesta al pubblico di emettere un urlo per abbattere le pareti del teatro è liberatorio. Silvia Calderoli inoltre chiede a tutti di lasciare un segno: una parola, un disegno sulla platea di cartone che contribuirà a dar vita ad una creazione collettiva. 
 
Il T. E. L. di Fanny & Alexander vuole far esplodere lo spazio e il tempo. T. E. L. è un dispositivo di comunicazioni utopiche: Marco Cavalcoli è di fronte al pubblico, gestisce il mito ambiguo di Thomas Edward Lawrence, mentre a Ravenna in contemporanea Chiara Lagani recita l’altra parte, impartisce le istruzioni al corpo di quell'attore/soldatino in frac, in una messa in scena che alla narrazione preferisce la suggestione sonora.
   
yalta.JPGSe all’imbrunire la poetessa Mariangela Gualtieri della Valdoca lancia come un muezzin laico il suo canto poetico dalla torre civica, L’eresia della felicità di Teatro delle Albe e Marco Martinelli racconta di una comunità di oltre duecento bambini e ragazzi provenienti da tutto il mondo che lavorano sulle liriche di Majakoskij con una strepitosa vivacità espressiva ed emotiva. Urlano, cantano, muovono con forza e autenticità il loro bisogno di essere: l’effetto è energetico, la forza della coralità che commuove e trascina è detonante. Spiega Ermanna Montanari: "Il simbolo della nostra non-scuola sono due lunghe orecchie di asino. Ecco, questa condizione di asinità è una condizione ideale, è una condizione senziente, che ti fa tenere le orecchie ben aperte, che ti fa sentire la realtà, te la fa agire, prendere di petto con la voglia di sperimentare. Questo fanno i nostri ragazzi, questo è il pertugio attraverso cui passare per cambiare e trasformare le cose, o almeno tentarci". 
  
C’è invece una freddezza spiazzante nella performance Som Faves di Ivo Dimchev, attore bulgaro che intreccia il dilemma del fare arte con la straziante biografia di un trentenne gay, alle prese con nostalgie materne e la difficoltà di trovare un suo spazio nel mondo. E se il performer bulgaro sembra vivere con ironia il suo ruolo, la sua capacità performativa ne fa invece un attore/mondo, un corpo sacrificato al narcisismo quotidiano.  
 
Bambini capricciosi sembrano Churchill, Stalin e Roosvelt in The Yalta Conference di Oriza Hirata (foto sopra), il lavoro che insieme a Tokyo Notes ha portato in Romagna la maggior compagnia di teatro contemporaneo del Giappone. In The Yalta Conference assistiamo alla ripartizione del mondo ad opera di leader mondiali infantiloidi, in uno spaccato storico dissacrante ma anche disvelante delle umanissime debolezze che attraversano la storia. In Tokyo Notes storie di ordinaria quotidianità s’intrecciano o meglio si affiancano in un contesto museale da fine del mondo, in una sorta di concentrato di cultura occidentale salvata dal Giappone in un futuribile 2024 di declino dell’Occidente e di guerra permanente in Europa. Oriza Hirata affida ai toni dimessi di un gruppo di venti attori la banalità del quotidiano. E ancora una volta – in questo Santarcangelo 41 – a tenere banco è la coralità, è il desiderio di agire per mostrare il male di vivere di una collettività che nel teatro si specchia.



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27 Luglio 2011

Oggetto recensito:

FESTIVAL DI SANTARCANGELO DI ROMAGNA

Il Festival: si è svolto dall'8 al 17 luglio, informazioni su www.santarcangelofestival.com

giudizio:



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