Alle proverbiali bugie di Pinocchio Roberto Latini contrappone il contraltare negativo e lo rilegge come una sorta di profeta: il sogno di un Paese dei Balocchi dove fuggire, il rigetto fisico verso lo studio fanno del personaggio collodiano il portavoce di un mondo senza prospettive
di Nicola Arrigoni
Noosfera Lucignolo è un’immersione nell’angoscia di un esistere che non può sperare in un altrove, eppure vive nel desiderio di andar via. Noosfera Lucignolo è la dimostrazione di quanta sensibilità e intelligenza ci sia ancora nel teatro d’autore italiano; è l’urgenza di un artista come Roberto Latini di interrogare il mondo e interrogarsi sul mondo, di mostrare il vuoto dell’anima, la disperazione di un esistere in cui l’unica soluzione è appesa sopra la testa del personaggio collodiano: un cappio da impiccato.
Roberto Latini guarda a Lucignolo come a un atto pensante, proiettato altrove ma destinato a implodere in un essere fatto di vuoto, fatto di un desiderio di andare via non tanto verso un qualsiasi Paese dei Balocchi, ma verso un futuro diverso, ancor prima di un futuro migliore. Lucignolo è lì, una sorta di creatura demoniaca, lo sguardo vitreo, un cappio sospeso sopra la testa e la condanna a non essere, a esistere senza prospettiva, la condanna a urlare un "io" che finisce con l’essere un "ahi", urlo di dolore. Un dolore che nessuno può sentire, un io che illude (e s’illude) nel promettere, perché intanto promettere non costa nulla e dopo tutti sono più contenti.
Roberto Latini con Noosfera Lucignolo costruisce un pensiero sul mondo senza prospettiva, "le parole sante le ho pregate tutte non ho studiato mica, io mi fido, non ho studiato mica, poi mi faccio male", afferma il protagonista: daimon che gioca col linguaggio, è lì a dimostrare la sua fragilità e la nostra colpa, a urlare la sua disperazione in un mondo che lo riempie tutto, in un mondo che fuori da lui non esiste e che finirà con l’ucciderlo.
Lo spettacolo è un pugno nello stomaco, è un buco nero in cui abissarsi e nel quale teatro/danza/parola sono mirabilmente incarnati. Latini al centro di uno spazio bianco, con una sedia, due dita d’acqua e una forte necessità di dire, sa essere un'arringa al mondo, al disinteresse, alla pochezza morale, sa dare corpo e anima a Lucignolo, bestia sacrificale sull’altare dell’indifferenza. Egli è vittima e carnefice, è uomo e bestia. Lucignolo alla fine è un corpo che danza, è un corpo che esplora con i sensi l’ambiente, è un bimbo che si accovaccia in posizione fetale, umido di acqua lustrale e amniotica per sognare – forse – solo un’altra vita, o solo un futuro diverso.
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Noosfera Lucignolo, di e con Roberto Latini
Il resto della locandina: musiche originali di Gianluca Misiti, organizzazione e cura di Federica Furlanis, promozione di Nicole Arbelli, aiuto tecnico di Nino Del Principe, produzione Libero Fortebraccio
Prossimamente: il 23 luglio a Polezine parmense nel festival Il Grande fiume, mentre il 24 porterà sempre a Polesine Noosfera Titanic, dopo il debutto la settimana prima a Santarcangelo
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