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SPECIALE VIOLENZA SULLE DONNE

Vittime

Oggi è la Giornata internazionale contro la violenza sulle donne. Ecco che cosa c'è dietro la cultura della sopraffazione


di Sandra Petrignani

La giornalista russa Anna Politkovskaja, la studentessa iraniana Neda Agha Soltan, la vittima ignota della violenza domestica


Il 25 novembre, Giornata internazionale contro la violenza sulle donne, non è una data scelta a caso. E’ stata istituita nel 1999 con una risoluzione dell’Onu prendendo a emblema una giornata luttuosa del 1960, quando nella Repubblica Dominicana vennero assassinate le tre sorelle Mirabal, ree di essersi impegnate politicamente contro l’allora dittatore Trujillo.
Ma quanto a date emblematiche, a distanza di un decennio, ci sarebbe solo l’imbarazzo della scelta. Così come alla causa non mancano grandiose eroine. La giornalista Anna Politkovskaya, paladina dei diritti umani, uccisa nel 2006 perché criticava la politica russa in Cecenia. La leader dell’opposizione alla dittatura in Birmania, Aung San Su Kyi, da anni agli arresti domiciliari, ora di nuovo in carcere a seguito di un caso montato ad arte contro di lei. Neda Agha Soltan, studentessa iraniana, uccisa perché manifestava a Teheran contro il regime e un’altra studentessa ventottenne, Taranè Moussavi, stuprata fino alla morte dai Guardiani della Rivoluzione, anche lei colpevole di protestare contro i brogli elettorali del presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad, e soprattutto rea di truccarsi ed essere orgogliosamente bella sotto il velo imposto dal regime.
 
Ma questi casi eclatanti sono paradossalmente meno significativi delle violenze anonime, quotidiane, quasi sempre sommerse, in famiglia, a scuola, sui posti di lavoro. O del plateale svilimento del corpo e della mente femminili che senza suscitare scandalo la tv continua a somministrarci e che è venuto potentemente alla ribalta grazie al video Il corpo delle donne di Lorella Zanardo, Marco Malfi Chindemi e Cesare Cantù. Un documentario che gira per festival dal marzo di quest’anno e che Gad Lerner ha presentato all’Infedele facendo impennare gli ascolti. Si potrebbe dire, la scoperta dell’acqua calda: è bastato un sapiente montaggio di orrori televisivi, con protagoniste le donne, a far prendere coscienza generale di quello che, dentro, tutte sappiamo e molti uomini cominciano a capire, quello che Lidia Ravera ha così sintetizzato in un recente articolo sull’Unità: “La violenza contro le donne non è soltanto il marito che torna a casa ubriaco e ti picchia, non è il fidanzato respinto che ti prende a coltellate, o il capufficio che si vendica perché non ti sottometti al suo desiderio. Non è soltanto lo stupratore che ti aspetta nel buio del garage e quando scendi dall’automobile ti salta addosso e si accanisce su di te. E’ anche tutto questo. Ma è, soprattutto, una costante e strisciante mancanza di rispetto. E’ lo sguardo che ti svaluta come persona nel momento stesso in cui ti valuta come merce”.
Ne discuto proprio con lei passando in rassegna il solito bollettino di guerra rappresentato dalle statistiche. Un omicidio su 4 avviene in famiglia. Il 70% delle vittime sono donne (dati Eures). In Italia: 6 milioni 743 mila sono le donne vittime di violenza, pari al 31,9%. Il 23,7% ha subito violenze sessuali (5 milioni). Il 18,8% ha subito violenze fisiche (3 milioni 961 mila). Il 4,8% ha subito stupri o tentati stupri (1 milione). Il 18,8% ha subito comportamenti persecutori, il cosiddtto stalking (2 milioni 77 mila). 7 milioni 134 mila hanno subito violenza psicologica (dati Istat).
 
Dico che c’è chi ancora sostiene che le donne se lo vogliono. Che insomma la colpa è nostra: siamo castranti, prepotenti, indecenti. Risponde Lidia: “Da quando il femminismo si è inabissato, nessuno si vergogna più di pensarle e di dirle certe cose, sostanzialmente di disprezzarci. Abbiamo abbassato la guardia, bisogna rialzarla. Il peggio è che le stesse donne hanno interiorizzato il deprezzamento. Sento dire in giro da giovani piene di talento: per far carriera bisogna darla! Ti rendi conto?”.
Ravera è convinta che anche le grandi violenze in crescita esponenziale siano figlie di quest’altra subdola, strisciante violenza che riguarda lo svilimento del corpo e della mente femminili e che ha nella tv il principale e più potente responsabile. E sogna un’altra manifestazione, incentrata solo su questo, a cui dovrebbero partecipare in massa tutte le donne consapevoli, senza limiti di orientamenti politici: un grande “partito” delle donne che scenda in piazza a rivendicare i propri diritti al riconoscimento di una dignità così penosamente calpestata. Quando è andata a proporlo nel salotto di Serena Dandini, Parla con me (sui Rai3), ha ottenuto valanghe di consensi.
 
“E’ evidente che siamo finalmente pronte per questa rivoluzione culturale – sostiene – le donne non ne possono più”. E la novità è che anche molti uomini non ne possono più dell’offerta mercificata, mortificante, di tette, bocche, culi pompati, un bombardamento sessuale che invece di potenziare il desiderio lo ammazza. Insomma non siamo sole. Glielo domando, è così? “Viviamo in un paese più maschilista di tanti altri, dove la televisione berlusconiana la fa da padrone e dove subiamo più pesantemente lo strapotere sessista della più arrogante cultura cattolica. E’ impensabile che gli uomini intelligenti non ne siano mortificati quanto noi e non sentano il bisogno di opporsi”.

Una cultura che produce (e continua a difendere) i Marcinkus, ma si mobilita contro l’aborto e la libertà di morire dignitosamente, vorrei aggiungere. Un paese le cui contraddizioni sono probabilmente arrivate al punto di rottura e che non può ancora dirsi civile.Non c’è che prepararsi a rimontarne i cocci, con sapienza e pazienza. E con mani femminili, possibilmente.



Tags: Aung San Su Kyi, lidia ravera, lorella zanardo, onu, Politkovskaya, Sandra Petrignani, violenza donne,
25 Novembre 2009

Oggetto recensito:

LA VIOLENZA SULLE DONNE

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