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I MANIFESTI/2

Manifesto della gratuità

Continua la serie di articoli, firmati dal direttore di Giudizio Universale, che prendendo spunto da un libro allargano il discorso fino a formulare delle proposte concrete per cambiare la società. E’ la volta del Manifesto della felicità di Stefano Bartolini, che ci porta a immaginare spazi pubblici aperti a tutti e momenti di educazione non competitiva nelle scuole


di Remo Bassetti

 


La storia della crescita economica racconta la diffusione della democrazia? A chi pensa di no, perché specie nei suoi sviluppi più recenti la crescita ha visto aumentare le diseguaglianze, si risponde puntualmente che beni inaccessibili per una generazione sono diventati alla portata di quella successiva, e questo allargamento di risorse è uno degli indicatori di democrazia. Stefano Bartolini, tuttavia, mette in luce un altro, parallelo effetto della crescita economica: essa tende a sostituire beni liberi e gratuiti con beni costosi. “Silenzio, aria pulita, un bagno in un fiume pulito, passeggiate piacevoli, boschi o semplicemente curiosità umana o quartieri senza criminalità sono tutti esempi di beni disponibili gratuitamente o quasi ai nostri nonni e spesso ai nostri padri, ma che per noi sono divenuti scarsi”.
 
Più in generale, quelli che secondo Bartolini (ed è difficile dargli torto) vanno scomparendo sono i beni “relazionali”, che il capitalismo ha il torto di disincentivare e degradare a favore di beni a pagamento. Forse se non avessimo a disposizione le baby sitter per i bambini o l’home video per passare piacevolmente la serata in casa piuttosto che in mezzo ai pericoli notturni della strada, saremmo più impegnati a preoccuparci di ricreare un tessuto sociale di quartiere e di comunità che non faccia sentire soli i bambini e tenga a bada i delinquenti. Può darsi che vi sia in questa tesi una semplificante assenza di sfumature (un bel viaggio con i bambini è un bene a pagamento, però è un’esperienza formativamente diversa da quella di giocarci gratuitamente tutti i giorni in cortile, tanto per dire), ma l’asserzione della “cattiva coscienza” del mercato è sacrosanta.
 
E azzeccata è anche l’individuazione del cavallo di troia che il mercato usa per sfavorire le relazioni (e i beni che ad esse si ricollegano): la sostituzione delle motivazioni intrinseche con quelle strumentali. In altre parole, offrire alle persone una finalità economica per compiere un’azione al posto di un movente fondato sulla spontaneità dell’affetto, della dignità, della solidarietà, del senso di responsabilità. Ora, non solo il cambio di motivazioni modifica la natura stessa dell’azione (e tendenzialmente indebolisce la determinazione a eseguirla): esso instaura una consuetudine economicistica nei rapporti, basandoli sull’interesse personale e materiale (tra l’altro grande protagonista editoriale di questi mesi è stata l’empatia. E’ uscita un’innumerevole quantità di libri tendenti a rivalutare componenti altre da quelle utilitaristiche nell’agire umano).
 
Dentro questo orizzonte psicologico, quale spazio rimane per ciò che, insieme ai beni relazionali, costituisce il cosiddetto “capitale sociale”, ovvero il legame tra gli individui e le istituzioni? Pochissimo, perché alla loro radice c’è la fiducia, un altro bene squisitamente sociale, che il pragmatico scetticismo verso le buone intenzioni del prossimo tende a minare. Ecco, dunque, implicita una conclusione che Norberto Bobbio una volta aveva provato a esplicitare: forse non è affatto vero che il capitalismo e la democrazia camminino a braccetto, anzi può darsi che abbiano profili di incompatibilità. Bartolini porta avanti un discorso (nonostante l’enfasi comunitaria e una serie finale di ricette politiche) soprattutto nella chiave individualistica della felicità: le persone, negli Stati Uniti specie ma anche in Europa, sono meno felici di prima anche se è aumentato il loro reddito. Ma la sua rilevanza principalmente politica è contenuta in questa considerazione: “Nella città moderna ciò che è di qualità è privato e costoso - belle case, bei locali pubblici, bei negozi, spettacoli divertenti - mentre ciò che è comune e gratuito e degradato”. Questo è un deficit di democrazia (e un problema profondo, che non merita una caricatura quale fu la pratica degli “espropri proletari”).
 
Uno degli obiettivi per recuperare la felicità è l’aumento del tempo libero. Il guaio è che finché riempirlo ha un costo consistente necessita lavorare molto. Un’aporia irrisolvibile? No, se tornano a circolare di nuovo beni relazionali gratuiti. Quest’ultima circostanza richiede una trasformazione degli spazi urbani: largamente pedonalizzati, aggreganti, innervati di attività culturali in ogni area.
  
Anche se c’entra fino a un certo punto con l’insieme del volume, c’è un argomento di Bartolini relativo alla scuola che mi fa piacere segnalare. Nella valorizzazione della competizione, che è un naturale carburante del capitalismo, accade che i programmi scolastici penalizzino la valutazione dei risultati di un lavoro di gruppo (di tutto il gruppo, non di un gruppo opposto ad altri gruppi), e dunque l’attitudine alla cooperazione. Questa è l’anticamera della frustrazione, è una mutilazione dell’empatia ed è un’impostazione non lungimirante neppure in un’ottica orientata a stimolare l’attitudine a competere. Incredibilmente il mondo aziendale lo sta comprendendo prima della scuola.
 
Ecco i manifesti, che sullo spunto del libro, proponiamo ai nostri lettori.
 
MANIFESTO DEMOCRATICO PER I BENI GRATUITI
Ogni aderente si impegna a valutare i partiti politici per i quali è chiamato a votare anche in considerazione della quantità di spazi pubblici che essi intendono aprire a tutti gratuitamente e valorizzare nella qualità dell’offerta e nell’attitudine a instaurare relazioni non economiche tra le persone.
 
MANIFESTO PER LA SCUOLA NON COMPETITIVA
Ogni aderente si impegna a richiedere presso la scuola dei figli la promozione di attività cooperative, all’interno delle quali la valutazione di merito investa un gruppo nella sua totalità, e senza opposizione a gruppi differenti.



Tags: Gratis, manifesti, manifesto della felicità, Remo Bassetti, scuola, stefano bartolini,
22 Settembre 2010

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