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POLITICA

Documenti, prego

Una nuova legge dell'Arizona per combattere l'immigrazione clandestina ha suscitato aspre polemiche


di Dario De Marco

courtesy www.infoaut.org


Laggiù nell’Arizona, qualche giorno fa è stata approvata una durissima legge contro l’immigrazione clandestina. Questa nuova normativa ha sollevato polemiche e proteste in tutti gli Stati Uniti, a partire dal presidente Barack Obama che l’ha definita “un provvedimento irresponsabile” e ha chiesto ai tecnici del ministero della Giustizia di verificare se ci sono profili di incostituzionalità. Anche la Chiesa ha espresso forte contrarietà: “È la legge più inutile, meschina e reazionaria del paese”, ha tuonato l’arcivescovo di Los Angeles. Davanti al Parlamento di Phoenix ci sono state veementi proteste da parte della comunità ispanica. E autorevoli commentatori hanno bollato la norma come “folle” e “controproducente”. 
 
Ma che cosa dice questa legge assurda? Prevede una cosa molto semplice: d’ora in poi la polizia avrà il diritto, anzi il dovere, di fermare chiunque sia ragionevolmente sospettabile di essere un immigrato clandestino, e potrà - udite udite - chiedergli i documenti. Già.
Robert Creamer, editorialista dell’Huffington Post, scrive che l’Arizona del 2010 è come l’Alabama del 1963 (per chi non c’era: quello delle stragi e delle repressioni razziste). E aggiunge: “La nuova legge fa sì che chiunque abbia la pelle scura, chiunque sembri provenire dall’Europa dell’est, chiunque abbia un accento strano, così come il tizio irlandese che lavora al bancone del pub – insomma chiunque minimamente possa sembrare un immigrato – sia soggetto alla richiesta: ‘Documenti, prego’. Questa frase – ‘Documenti, prego’ – è quella che ci si sentiva rivolgere dalle autorità nella vecchia Unione Sovietica, o nella Germania nazista”. O nell’Italia del 2010. 
  
Ora, mettiamo da parte i facili confronti, e le facili battute. Perché è anche vero che l’Arizona ha i suoi problemi: sta attaccata al Messico, e da là entrano tonnellate di cocaina. E pure vari criminali (insieme a tanti disperati che se non li beccano le guardie di frontiera, rischiano di morire di sete nel deserto): l’uccisione del proprietario di una fattoria molto vicina al confine è stato l’episodio più recente, che ha convinto i politici firmatari della legge di avere la popolazione dalla loro. Ma insomma, certo la previsione non si limita al controllo dei documenti, dando invece alla polizia il potere di arrestare il clandestino. E questo comporta innanzitutto il riproporsi del racial profiling, cioè la cultura del sospetto verso chi è - o appare - etnicamente diverso. E poi un affievolimento invece che un intensificarsi della lotta alla criminalità vera: perché chi mai, con un clandestino in famiglia fino al quindicesimo grado di parentela, si permetterà di denunciare un reato, quando la conseguenza è che i tutori dell’ordine arrivano in casa e fanno: “Si vabbè, ma adesso tutti con le mani in alto e fuori i documenti”? 
 
Però, e al di là di tutto, l’invidia scorre a fiumi. Verso la cara vecchia America, additata a esempio (positivo o negativo, a seconda del proprietario del dito) per la tolleranza zero, la lotta al crimine e al terrorismo con annessi calpestamenti di diritti civili, e simili. E che riscopriamo invece, se non faro di libertà, almeno paese in cui suscita clamore e indignazione una legge più blanda di quella tranquillamente in vigore da noi. Non guardiamo solo al reato d’immigrazione clandestina, ma pure alla vita quotidiana dei cittadini “normali”. Perché ci sarà pure una ragione culturale, la storica avversione dei paesi anglosassoni e di common law per le carte d’identità, il formalismo giuridico e la burocrazia statale. Ma alzi la mano chi, pur elettore di una destra tutta legge e ordine, pur con la fedina penale non macchiata neanche da un furto di caramelle alle elementari, alzi la mano chi non ha mai provato una punta di fastidio quando un suo simile in divisa gli si è avvicinato e con tono imperioso ha proferito la fatidica frase: “Documenti, prego”. 
 
Viene la voglia allora, nel momento molto vicino in cui quella legge sarà dichiarata contraria alla Costituzione (degli Stati Uniti, che avete capito), di ritirare fuori la vecchia valigia di cartone. E andarci davvero, laggiù nell’Arizona. Anche da clandestini.



Tags: clandestini, controlli, Dario De Marco, documenti, immigrazione, leggi, libertà, razzismo, stati uniti,
27 Aprile 2010


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