Inaugurato l'Auditorium dell'archistar Oscar Niemeyer. Un progetto controverso, che ha ricevuto critiche ambientaliste. Certo, l'impatto è forte anche dal lato estetico, ma ricalca l'andamento a sbalzi della costiera amalfitana
di Cesare de Seta
Il Memorial Masieri di Frank Lloyd Wright sul Canal Grande, l’Ospedale in terraferma di Le Corbusier, il Palazzo del Cinema di Louis Kahn al Lido di Venezia sono progetti che fecero epoca non solo per la rilevanza degli autori, ma perché contro questi progetti - che avrebbero arricchito la scena dell’architettura in Italia - si scatenò un’acre polemica, in nome dei sacri principi dell’ambientalismo. Furono affondati, questi progetti, come s’usa fare nelle battaglie navali.
Il progetto per l’Auditorium di Ravello ha rischiato a lungo, e più di una volta, una sorte simile: come quella dei progetti di Wright, Le Corbusier e Kahn, e sarebbe stato un ennesimo disastro. Per fortuna non è accaduto, ed ora abbiamo un’opera che arricchisce l’Italia, la penisola amalfitana e Ravello. Ma questa battaglia, i cui dettagli francamente non interessano nessuno, ha un suo risvolto etico ed estetico allo stesso tempo: ed esso merita d’essere non dico affrontato nella sua interezza e complessità, ma almeno evocato nei suoi punti salienti.
Le argomentazioni di chi si è opposto al progetto sono riconducibili a due temi dominanti: l’inconciliabilità del progetto di Oscar Niemeyer con il contesto paesistico in cui si inserisce e la non rispondenza del progetto alle norme urbanistiche comunali e regionali. Tra le due argomentazioni non c’è relazione alcuna, perché una cosa sono le valutazioni di carattere estetico e paesistico, altre quelle di carattere amministrativo e giuridico: l’architetto Pinco Pallo può progettare un’autentica meraviglia che non risponde alle prescrizioni della legge, ma questo nulla toglie alla qualità e alla bellezza di quanto progettato. Pinco Pallino, all’inverso, può costruire un edificio perfettamente rispondente ai dettami della legge, ma se esso non si sottrae alla deficiente banalità, tale rimane, nonostante il rispetto della norma.
La costiera amalfitana e il comune di Ravello sono devastati da orrori edilizi che si sono costruiti con tutte le benedizioni della legge. La norma è stata rispettata, la forma è stata vilipesa e l’etica del paesaggio offesa. Il paesaggio anche ha una sua etica.
A Ravello, come testimonia una sequenza di sentenze favorevoli alla costruzione dell’Auditorium, la norma giuridica è stata rispettata. Ma è ancor più importante, ai miei occhi, che la forma non sia stata offesa, il paesaggio non sia stato violato: infatti la scala territoriale dell’intervento edilizio è del tutto idonea ad assorbire questo strano animale dalla arcuata gobba. Ma so bene che in un contesto così delicato ci vorrà del tempo perché l’Auditorium venga metabolizzato non solo dal paesaggio e dal centro storico in cui si inserisce, ma anche dalla nostra capacità percettiva. Un’architettura è sempre un’alterazione degli equilibri preesistenti di un territorio e nel caso dell’Auditorium - soprattutto se lo si guarda dalla strada provinciale da cui si accede al parcheggio, cioè lateralmente dal basso - quella gobba di cemento ha un suo forte effetto che va commisurato con le gobbe del sistema collinare assai scosceso e accidentato della costiera. Il termine di riferimento dell’Auditorium è la morfologia della costiera, questo mi pare essenziale metterlo in massima evidenza.
Ravello è appollaiata in un sistema paesistico possente, con episodi che poteremmo definire persino drammatici, che solo talune tele di Caspar Friederich ci hanno saputo rendere, sebbene mai il pittore sia stato in costiera: è la costiera un autentico miracolo di equilibrio tra Artificio e Natura. Ed è un miracolo il modo in cui, nel corso di lunghi secoli, Ravello sia stata capace di metabolizzare la mole possente del Duomo, l’imponente complesso di Villa Rufolo, o quello, a picco sul mare, di villa Cimbrone.
Si pensi ai ravellesi che dalle cave portarono le pietre necessarie per costruire la loro casa di Dio in un tempo in cui il nome di Dio aveva ancora un senso, e il loro stupore quando fu terminato il Duomo. La scala del tempio doveva apparire davvero spropositata se si pensa al minuscolo abitato medievale che sorgeva attorno. Ogni pietra che si muove merita a Ravello la massima attenzione, ma se vediamo la scala delle fabbriche citate ci rendiamo conto che l’Auditorium è commisurato a queste preesistenze e non certo a quello sfregio che è la linea Maginot costituita dalle case popolari che devastano la valle del Dragone.
L’Auditorium s’inserisce in quel succedersi di gobbe, magari ricoperte d’alberi di noci e di castagni, che sono le colline come si vedono percorrendo la strada che da Tramonti conduce a Ravello. La forma creata da Oscar Niemeyer ha la funzione di assorbire la musica che si farà in quella sala, la cui platea è adagiata sul naturale declinare della collina; il posto per l’orchestra sporge arditamente nel vuoto con una soletta a sbalzo di cemento armato che affaccia sulla strada provinciale. La sezione di questa conchiglia è una dolcissima linea curva, idonea alla rifrazione e alla diffusione delle onde sonore.
All’interno l’Auditorium ha forma concava e una pianta trapezoidale che si restringe verso il palcoscenico e si estende in una piazza esterna, sagomata secondo le esigenze difficili del terreno a quote diverse compreso tra due strade. Nelle viscere della montagna ci sono accucciati i servizi e i parcheggi. Dalla platea si gode sul fondo, grazie ad un grande occhio, il panorama del mare, come nel teatro greco di Taormina o in quello di Siracusa che hanno il frons scenae volto verso il mare.
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