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Oggetto recensito:
Quadri reclusi
di: Giorgio Camaioni




Quadri reclusi [Antonio Fabiani: “Conoscere per riconoscere” 22.12.’12 – 9.1.’13 Palazzina Azzurra / San Benedetto del Tronto]

Con le feste di mezzo i 37 quadri di Fabiani stanno come reclusi, nella Palazzina Azzurra quasi sempre chiusa. Non sono ammesse visite, neanche di parenti e amici. Tutto buio. In compenso, apertissimi a fauci spalancate centri commerciali supermercati e negozi. Come del resto le chiese, è il loro momento, profumate melodiose anzi mielose, specie quelle coi presepi. Eccitazione convenzionale. Ovviamente traffico folle e asfissiante. Ma bus vuoti e bici zero, comprese quelle arancione gratis (ormai pezzi di ruggine) dei “parcheggi scambiatori”, che nessuno vuole né ha mai voluto. Insomma, come sempre, in evidenza solo il totem del commercio, pure quando fallisce. Guai distrarsi dal mercato compulsivo. Guai chieder aiuto alla Cultura, per comprendere e affrontare la miseria del quotidiano e sollevarsene; inutile sfiatarsi a dire - ad amministrazioni sorde cieche e ignoranti - che in tempi come questi dovrebbero restare aperti più musei-teatri-biblioteche-gallerie d’arte, che luoghi d’imbarbarimento collettivo. Invece ci comportiamo come se durante un’epidemia, per far festa, chiudessimo gli ospedali.

Quadri che si capiscono e che piacciono, questi di ‘Ntò. Potrebbero essere dei brevi racconti. 37 racconti.

- “Piazza Garibaldi”, per esempio: 4 palline di vetro e una trottola-a-stantuffo di latta (la piazza c’è, “sembra” che non si vede…). Quello che conta è la trottola giocattolo, meraviglia meccanica dei primi anni ’50. Evoluzione da quelle di legno antiche, che per farle girare veloci e a lungo dovevi essere bravo ad avvolgerle con lo spago e poi tirare forte. Questa no, bastava pigiare con un po’ d’energia lo stantuffo dall’anima a spirale, che faceva quasi lo stesso rumore della messa in moto a pedale della Lambretta 150 LD. Anche la carrozzeria s’ammaccava uguale. Piazza Garibaldi, certo. C’erano poche auto allora, la trottola poteva allegramente partire per una tangente fino a sbattere sulle case (che nel quadro “sembra” che non si vedano…). - “Eccesso”: moncone di albero adulto, con pallone da mare a spicchi colorati. Per me è un ailanto (o albero del paradiso) di via Ugo Bassi dopo la cura, cioè dopo la potatura a morte dei “giardinieri” del Comune aizzati dai commercianti. Eppure quanta dolcezza: il quieto pallone anni ‘60 che consola l’albero, la tamerice testimone discreta, la nuvola bianca come angelo custode. Sì: “eccesso” di cattiveria sugli alberi, oh se ce ne intendiamo a San Benedetto!

- “Dialetto sambenedettese”: moncone solitario di barca di pescatori. Irreale e infantilmente macabra, fa pensare che l’abbia azzannata uno squalo gigante. Immagine certo d’altri tempi, qui ormai non ci sono nè squali nè quasi più pesci; oggi abbiamo solo mareggiate, che schiaffeggiano e spezzettano scafi da turismo o da corsa pieni di scritte pubblicitarie, magri catamarani al carbonio, surf da esibizione, motoscafi a punta coi sedili in pelle… Certo che i proprietari s’incazzano, ma chi lo parla più il bel “dialetto sambenedettese”… - (…)

25. 12. 2012 Giorgio Camaioni faxivostri.wordpress.com





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