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Oggetto recensito:
PATRICK SENECAL VS ERIC TESSIER
di: lorenzo velle




Patrick Senécal

Qualche critico ha fatto il nome di Stephen King a proposito dei romanzi di Patrick Senécal. Valerio Evangelisti, che non è l’ultimo arrivato ha scritto: “Questi, secondo me, godrebbe una fama pari a quella di Stephen King se non fosse nato in Québec (dove è venerato e fatto oggetto di tesi di laurea) e non scrivesse nella lingua di quell’angolo di Canada. Lo stesso Senécal è un tipo singolare. Di aspetto contadino, parla un franco-canadese che più corrotto non potrebbe essere, rispetto al francese dell’Europa. Eppure è persona sensibile e colta (di mestiere fa l’insegnante), e narratore eccezionale.” Nato nel 1967, Senécal è scrittore precoce, a dieci anni scrive il suo primo racconto. Si iscrive alla facoltà di Medicina, ma lascia l’università per studiare Letteratura francese all’Università di Montréal. Il successo non tarda ad arrivare, ma Senécal non è tipo da montarsi la testa e alterna l’attività di professore con quella di scrittore. Nel giro di pochi anni diventa l’autore più letto e più premiato del Québec. In Italia nessuno si accorge di questo grande scrittore di horror, nonostante Sur le seuil del 1988, Aliss (il suo capolavoro) del 2000 e 5150, Rue des Ormes del 2001, siano stati pubblicati in tutto il mondo. Solo nel 2008 la benemerita Editrice Nord pubblica Sur le seuil con un titolo ridicolo che ammicca a un film che non c’entra nulla, Una mente pericolosa. Scrive ancora Evangelisti: “Aliss. Riscrittura terrificante di Alice nel paese delle meraviglie, con una ragazzina che si perde in un quartiere periferico di Montréal, da cui scopre di non potere uscire; e si trova alle prese con un crescendo di orrori, tutti ispirati al racconto di Lewis Carroll. Quasi un capolavoro, però di un sadismo estremo, non facile da sopportare. E per di più infarcito di espressioni gergali del Québec, capaci di sfidare i migliori traduttori.”. Spero che l’Editrice Nord continui a pubblicare tutti i romanzi di questo straordinario costruttore di trame inquietanti.

Èric Tessier

A giudicare dalla distrazione dei critici, ma prima ancora di quella dei distributori, la speranza che i film tratti da Senécal arrivino in Italia sono scarse, così come è accaduto per i film di Wolfgang Murnberger (vedi mia playlist “Missing Film” del 9 marzo). Infatti, mentre a Hollywood è in cantiere il remake di Sur le seuil, in Italia non c’è traccia (neppure su filmtv) dei due film che Èric Tessier ha diretto, entrambi tratti da romanzi di Senécal, Sur le seuil del 2003 e 5150, Rue de Ormes del 2009 (noto anche come 5150, Elm’s Way), quest’ultimo molto noto e apprezzato dai downloaders.

Sur le seuil (2003)

Thomas Roy (Patrick Huard), scrittore molto famoso del Québec, invitato spesso in televisione per parlare dei suoi romanzi dell’orrore, viene trovato in casa sua orribilmente mutilato delle dita delle mani e in stato catatonico. Mentre la polizia indaga (tentato omicidio o tentato suicidio), Roy è trasportato in osservazione in un ospedale psichiatrico e affidato alle cure del dott. Paul Lacasse (Michel Côté). Questi sulle prime tratta il caso come una sindrome di automutilazione, ma lo scrittore, continuando a battere sulla tastiera del computer con una matita stretta fra i denti, cerca di raccontare ciò che è realmente accaduto. Il dottore è restio ad accettare la terribile spiegazione del mistero, poi, spinto dall’interesse del giornalista Charles Monette (Jean L’Italien), comincia a indagare sulle forze del male. Rispetto alla scrittura di Senécal, che molto deve a Steven King ma che si smarca dal modello horror dell’americano con molta originalità, la regia di Tessier (almeno in questo film) è diligente, non direi piatta, ma ‘vacante’; abile nello sfruttare i movimenti di macchina, il regista (per mancanza di fondi?) indulge nelle inquadrature fisse e su carrelli all’indietro che ricordano troppo film come Rosemary’s Baby e analoghi film degli anni Settanta. Buona la direzione degli attori, sui quali svetta Jean L’Italien, la fotografia del paesaggio innevato, infine un film che non è un capolavoro, ma apre strade nuove al morente horror made in Usa.

5150, Rue des Ormes (2009)

Dopo alcune serie televisive, Tessier torna, sei anni dopo, a dirigere un secondo film tratto da Senécal, un film che potrebbe rappresentare una sorpresa come è accaduto a Lasciami entrare di Tomas Alfredson, se solo qualche distributore avesse il coraggio di promuoverlo. Con questo film il regista canadese si libera del modello horror americano, solo agli ‘analogici’ per forza, la trama sembrerà simile a Misery di King. Se qualcuno pensa che ogni film in cui c’è una persona rapita e tenuta prigioniera somiglia a Misery, allora non resta che affermare che anche Buongiorno notte è un film kinghiano! 5150, Rue des Ormes è la via in cui il giovane Yannick Bèrubé (Marc-André Gordin – era Regis Débray in Che Guerriglia di Soderberg) cade dalla bicicletta per evitare un gatto. Yannick, partito da casa, perché ha vinto un concorso per diventare regista, ha fatto appena in tempo ad assaporare la libertà di stare lontano da un padre stronzo, che tra poco si troverà nei pasticci seri con un essere diabolico. Insomma, il gatto è salvo, ma per Yannick stanno per aprirsi le porte dell’inferno. A malincuore ha salutato la sua ragazza Cathérine (Josée), tra poco incontrerà un’altra ragazza, Michelle Beaulieu (Mylène St-Sauveur), poco rassicurante. Ecco la famiglia Baulieu al completo: Jacques Beaulieu (Normand D’Amour), il padre: psicopatico a tendenza persecutoria, è il capofamiglia che ha formato ‘L’esercito dei giusti’; Jacques soccorre il giovane Yannick e lo sequestra perché ha visto troppo. Madame Maude Beaulieu (Sonia Vachon), la consorte: ha la casa piena di insegne religiose, accetta con serena rassegnazione la folle dittatura del marito, pur conoscendone la crudele determinazione a giustiziare le persone che ritiene ingiuste (omosessuali, tossicodipendenti, ‘perdenti’). Michelle Beaulieu: è la figlia maggiore, su di lei Jacques ha un potere immenso, è lei che dovrà raccogliere l’eredità paterna di liberare il mondo dagli ingiusti. Anne Beaulieu (Èlodie Larivièere): la figlia piccola, una dodicenne devastata psicologicamente. La famiglia Beaulieu è in apparenza una famiglia tranquilla agli occhi del vicinato: Jacques fa il tassista, la sua filosofia si basa sul gioco degli scacchi: il mondo è fatto di cavalieri bianchi e cavalieri neri, i primi (cui lui dice di appartenere) rappresentano i giusti, i secondi sono la vergogna del mondo e vanno eliminati, “senza violenza”, come insegna a Michelle. “Un colpo secco al cuore”. Yannick resterà due mesi nella casa Beaulieu, prigioniero, tutti i suoi tentativi di fuga saranno vani; unica arma a sua disposizione è la cinepresa, message on the bottle lanciata ai naviganti. Film gelido come pochi, 5150, Rue des Ormes regala frutti amari che il cinema thriller-horror ha dimenticato. Fare raffronti con Psycho, come molti azzardano, è un esercizio inutile perché nega al cinema ogni possibilità di progresso. Raccontare la trama, significa fare un torto a chi vorrà vederlo. Qualcosa si può dire sulla scelta di Tessier di calare il terrore nell’atmosfera dolciastra di una famiglia affiatata: le buone maniere a tavola, l’educazione cristallina della piccola borghesia lavoratrice, gli intingoli di Maude, sono la spia del nero più profondo che mente umana possa concepire. L’alternanza di quiete e massacro, preghiera e sangue, carezze e incisioni nella viva carne sottopongono lo spettatore a docce di sudore freddo, né Tessier rassicura con il ricorso al grottesco che in film di questo genere serve solitamente a dirottare la storia nella fabula bachtiniana. 5150, Rue des Ormes non è realtà romanzesca, è rappresentazione documentaria del punto di non ritorno cui è pervenuta oggi la paura dell’altro, indotta da sistemi di potere che hanno prodotto mostri. Jacques è il rappresentante del nuovo cittadino securitario che siede a tavola sopra gli scalini dell’orrore. Da lui Yannick imparerà a giocare a scacchi, il lui vedrà il riflesso del padre dal quale è fuggito, a lui concederà l’ultima mossa nel grand guignol finale per eleggere la Regina Bianca, ultima dea di un impossibile ravvedimento. L’ultimo cavaliere bianco è la paura.





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