
Oggetto recensito:
Pier Paolo Pasolini e i mezzi di comunicazione di massa. Un rapporto controverso, feroce, di critica del primo nei confronti dei secondi. Perché Pasolini le amava le masse, ci teneva, in qualche modo le voleva difendere, proteggere. Per lui una parte della gente, quella contadina, era l'unica capace di trovare la salvezza eterna, come dimostra il suo film-romanzo Teorema. Può questo affascinante artista essere considerato il precursore del mezzo più sincero della nostra epoca, Internet? Infatti come Internet è in grado di raccogliere senza filtri, senza paure le idee in circolazione, così si esprimeva Pasolini: incensurato. Per esprimersi senza remore non bisognerebbe avere nulla da perdere. Su Internet è semplice perché non si ha nemmeno un corpo, si è giunti completamente al termine di quel processo che è stato definito come dematerializzazione. La dematerializzazione è un'idea già intravista dall'artista all'epoca dei suoi scritti. Pasolini denunciava sulla carta stampata l'omertà dei sensi, la catalessi d'animo in cui era caduta la popolazione: una massa che si era rimbambita davanti alla televisione. Il nuovo modo di produzione, il capitalismo, insieme alla perdita della cultura popolare e della memoria sta alla base di un processo di vacuità corporea di cui lui, coscienza italiana e profeta, si era accorto. Il corpo come merce, non c'è dubbio, ma anche come contenitore vuoto. E chi meglio di Pasolini, possessore di un corpo scomodo, poteva capirlo? Lo spazio web è un particolare tipo di non-luogo composto da non-corpi, nel quale passeggiano (navigano) persone virtuali (ma personalità reali), insomma avatar come direbbero gli internauti. La forma di uno spazio del genere e infinito (davvero come l'universo: in continua espansione), cioè di Internet come la conosciamo noi oggi, nasce in un momento storico ben definito, precisamente negli anni '70. Come ricorda Manuel Castells nel suo libro La società in rete, il pensiero post-industriale tipico di un'economia dematerializzata, dove la merce più preziosa è l'informazione, coincide con il fermento informatico degli Stati Uniti occidentali, della Silicon Valley, quando la Berkeley, la Stanford e le altre università sfornavano giovani ingegneri sui quali nuovi imprenditori orientati all'innovazione e al rischio puntavano i loro tanti dollari. Erano gli anni che cancellarono in qualche modo il sogno comunitario e gli ideali del '68, gli stessi anni che videro la crisi petrolifera: si era agli albori della New Economy, un sistema fatto da nuovi capitalisti, da spese stravaganti e da individualismi sfrenati. Il silicio implementato in computer sempre più veloci e leggeri, perciò portabili, ha trasformato una rete ideata in campo militare rivoluzionandone il messaggio, trasformandola in una costellazione di consumatori di informazione, senza corpo. Un po' quello che probabilmente ha sempre voluto la televisione ma non è riuscito a farlo. Quella stessa televisione che Pasolini definiva come cattiva maestra e che nel forgiare una cultura unica aveva avuto l'indubbio svantaggio di eliminare le sfumature regionali che generazioni di storia popolare avevano per natura creato. Non per nulla i nuovi giovani nascevano vicini ma più lontani dalla propria storia: una gioventù senza valori, senza ideali e senza corpi. Una gioventù che cresceva rispondendo solo al consumismo (perché la prima educazione ce la danno gli oggetti), all'edonismo spassionato (proprio come gli imprenditori della New Economy), in sogni standardizzati. Tanto che il poeta arrivò a sostenere che non sarebbe più riuscito a girare un film come Accattone del 1961: pochi anni dopo sarebbe stato impensabile un cinema realista come quello del passato perché mancavano i soggetti 'veri'. I malviventi non erano più ladri buoni, costretti alla malavita per necessità fisiologiche ma diventavano criminali cattivi e feroci, senza più umanità. Senza contare che ciascuno era la copia identica dell'altro. Nessuno aveva più un'identità. Il consumismo per funzionare richiedeva tanti soggetti deboli uguali fra loro. E nei deboli il corpo è debilitato. Questo il ritratto della società capitalista. Una società in cui la desemantizzazione corporale, la perdita di significato dei corpi impedisce di distinguere i comunisti dai fascisti, i maschi dalle femmine, i buoni dai cattivi. Ma la discesa non è infinita: al fondo inizia sempre una nuova ripresa. E questa ripresa è il potenziale racchiuso oggigiorno in Internet. Gli eccessi e gli sprechi convivono al suo interno con ideali e anime vaganti. Le anime, sì. Perché Pasolini dopo aver mostrato con Decameron l'erotica sensualità del corpo umano, con Salò e le 120 giornate di Sodoma ne definì la sua umiliazione, una violenza che genera annullamento del corpo stesso. Ma l'anima, seppur ferita dal nazifascismo rimane viva e può comunicare la sua testimonianza ad un gregge di anime altrettanto ferite o inermi o semplicemente all'oscuro dei fatti, disinformate. Certo, finché queste testimonianze restano parole scritte sullo schermo esse sono inutilità vaganti, feccia passiva, ma queste accuse possono rivelarsi le uniche a stimolare la coscienza intorpidita, a far seguire istanze fisiche a voci in rete. I mass media non richiedono un corpo ma allora Internet potrebbe non esserlo, perché lei il corpo lo stimola in continuazione.«Contro l'irrealtà della sottocultura dei mass media […] l'ultimo baluardo della realtà parevano essere gli innocenti corpi con l'arcaica, fosca, vitale violenza dei loro organi sessuali» ricorda Pasolini a proposito della sua Trilogia della Vita. Gli organi sessuali, appunto. Non è un caso se su Internet è la spettacolarizzazione del sesso, il materiale pornografico ad essere il più frequentato dal pubblico: nonostante questo sia solo il modo più basso di partecipare alla rete si capisce che lo stimolo corporeo è presente. Cogliere questa spinta, questo invito a reimpossessarsi del proprio corpo è il testimone che Pasolini ci ha lasciato (o lanciato) e noi oggi possiamo ritrovarlo in Rete, trasformandolo da oggetto a soggetto operante.
Commenti
Invia nuovo commento