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Oggetto recensito:
LETTERA DA LONTANO
di: Sara Di Giuseppe




Piovono lettere del piccolo presidente. E allora:

LETTERA DA LONTANO *

Al Magnificentissimo Silvio nella dimora Sua di Arcore

Magnifico Presidente, essendo stato Voi assai tempo senza scrivermi, mi pareva haver smarrita la gratia Vostra, ma l’epistola del marzo 2010 hammi confortato, “tarde non furon mai gratie divine”. Et io resto contentissima di vedere quanto ordinatamente et quietamente voi exercitate il Vostro offizio publico. Voi conoscete che chi lascia i sua interessi per quelli d’altri, perde li sua, et degli altrui non gli è serbata gratitudine: tamen, pensando meco medesima a come l’Italia sia sanza ordine, battuta, spogliata, lacera, percorsa da bande di malviventi, non vedo al presente da chi ella possa attendere redenzione se non dal Vostro illustre casato. Non si deve lasciar passare questa occasione acciò che l’Italia, dopo tanto tempo, vegga un suo redentore.

Picciol tempo manca al dì del trionfo Vostro: faccia, adunque, la Magnificentia Vostra, ogni possibil astutia per vincere e mantenere lo stato, o per forza o per fraude, e i mezzi saranno giudicati honesti e laudati da tutti. Poiché il vulgo sarà sempre persuaso dalle apparenze, e sono tanto semplici gli uomini e tanto obbediscono alle necessità presenti, che colui che inganna troverà sempre chi si lascia ingannare. Perciò uno Signore prudente dovrà parere tutto pietà, tutto fede, tutto integrità, tutto umanità, tutto religione: non è necessario havere tutte le soprascritte qualità, ma è ben necessario parere di averle. Faccia anco ogni possibile e impossibile promessa, sapendo che uno Signore non debbe mantenere la parola data quando sien venute meno le circostanze che determinarono la promessa. Vedesi infatti, ne’ nostri tempi, quei Signori aver fatto gran cose, che della parola data hanno tenuto poco conto e che hanno saputo con l’astuzia aggirare i cervelli degli uomini. Poiché due sono i modi di combattere, l’uno con le leggi, l’altro con la forza: quel primo è proprio dell’uomo, quel secondo delle bestie. Ed essendo uno principe necessitato a saper bene usare la bestia, deve di quelle pigliare la volpe e il lione, e saper meglio usare la volpe. Ma è necessario questa natura saperla bene colorire ed essere gran simulatore e dissimulatore e sempre gli inganni riusciranno ad votum.

Faccia apparire, la Magnificentia Vostra - come degnaste illustrarmi nell’epistola Vostra - d’aver conseguito ogni più extraordinario successo e che l’Italia sia luogo d’ogni sicuritate et diritto et felicitate et progresso. E conciosiacosache ella fa parere di aver mantenuto fede alle promesse fatte, prometta nuove e più extraordinarie imprese e il vulgo presterà fede ad esse. Poiché uno che diventi principe mediante il favore del populo, debbe mantenerselo amico, essendo necessitato a vivere sempre con quel medesimo populo. E gli uomini in generale credono più all’apparentia che alla concreta realtà: ognuno vede quello che tu appari, pochi sentono quello che tu se’. E quelli pochi non ardiscono opporsi alla oppinione di molti: e nelle azioni delli uomini, massime de’ principi, laddove non c’è tribunale a cui appellarsi, si guarda al fine.

Desidererei adunque, Magnificentia illustrissima, che Voi ancora mi scriveste quello che sopra questa materia vi paia, et a Voi mi raccomando. Sis felix.

Die 21. 3. 2010 Sara Di Giuseppe da Interamnia Praetutiorum

Libere estrapolazioni da N.Machiavelli (Il Principe, XVIII e XXVI ; Lettera a Francesco Vettori ) Il grande Niccolò perdoni il travisamento del suo pensiero politico, intenzionalmente adattato agli scopi del mio scritto.

* ( E. Jannacci )





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