
Oggetto recensito:
Andare a lavorare a 15 anni. Giusto o sbagliato? Guardiamola da tutti i punti di vista. Dal punto di vista dello Stato ci saranno sì meno spese nell'istruzione ma anche contributi più bassi da parte dell'azienda. Dal punto di vista dell'azienda, questa avrà a disposizione poveri ragazzi/e che ancora pensano a divertirsi, taluni ancora decerebrati, se non scalmanati, e quindi si ritroveranno a fare da educatori. Certo, meno tasse sui lavoratori ma più impegno sociale. Non sarà così per i grandi manager che avranno eterni schiavi da sfruttare, ogni tanto pescandone uno dal mucchio per passargli il testimone, magari scegliendo quello meno pericoloso. Dal punto di vista della famiglia che oggi paga le multe se il proprio figlio non va a scuola, si ritroverà in casa un essere già difficile di suo da controllare ancora con in più dei diritti perché possessore di uno stipendio, sul quale quindi non varranno più i tradizionali ma salutari ricatti del tipo "Finché ti mantengo fai quello che ti dico". Dal punto di vista del ragazzo che a 15 anni l'unica cosa di cui ha la certezza è quali amici invitare al suo compleanno e quali no, si ritroverà magari a 30 anni a doversi pentire per non aver nemmeno tentato di esaudire i propri sogni. Dal punto di vista dei professori questi saranno sempre di meno, ma quei pochi che rimarranno insegneranno a studenti intenzionati a imparare veramente e mentre con una mano indicheranno la lezione alla lavagna, dall'altra saluteranno alla finestra i colleghi disoccupati i quali terranno compagnia ai presìdi dei 30enni in cassa integrazione.
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