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Oggetto recensito:
LA LETTERA DI NEWTON
di: Marinella Doriguzzi Bozzo




QUANDO L'AMORE ESISTE PER DARCI UN NUOVO CONCETTO DI NOI STESSI

LA LETTERA DI NEWTON,di John Banville,1998,Passigli,2010.Operazione benemerita di Passigli,che si preoccupa di fare conoscere al pubblico italiano questo esile testo di dodici anni fa.Operazione benemerita,perchè Banville sembra aver preso il posto di Ian McEwan nel firmamento della letteratura inglese-e non solo-ascendendo lui mentre l’altro-un tempo bravissimo-continua a declinare.Di cosa si tratta,questa volta?Di un pretesto storico/ scientifico:mentre un romanziere in via di inaridimento cerca di ultimare un libro su Newton ,che gli è costato sette anni di lavoro,collassa come il suo protagonista,che,a 50 anni,e dopo aver perpetrato una delle più ardite rivoluzioni scientifiche,sembra rinunciare a tutto,capendo che nulla ha senso di fronte alla vastità imperscrutabile eppur finita dell’esistere individuale.Che rimane comunque ai margini del flusso universale.Non diversamente da un bambino che si bei dei piccoli tesori della spiaggia,ignorando che tutto è inattingibilmente altrove,nella sovrana -e indifferente-estensione degli oceani.Se una personalità come Newton,che tale si rivela ai margini di una difficilmente decifrabile lettera,improvvisamente subisce il disvelamento della rinuncia come unico atteggiamento funzionale all’inutilità del vivere,a maggior ragione un arido scrittore post umanista capisce che anche il suo lavoro non vale niente.E,con il pretesto di terminare un libro che non finirà,si rifugia in una scrostata ex dimora patrizia,abitata da una coppia decaduta e da un ragazzino, nonchè più o meno ancillarmente ingentilita da una giovane nipote.Nella figura geometrica che i rapporti fra i quattro vanno via via tracciando e dipanando,si coglie un’eco de Le affinità elettive di Goethe,intese come incroci sbagliati che solo un nuovo arrivo o una fatalità improvvisa rivela come tali.E a cui invano,accolta la consapevolezza, si potrà porre rimedio.Senza nessuna dicotomia fra scienza e umanesimo,ma tuttavia sfiorando l’argomento,lo scrittore compirà rispetto allo scienziato lo stesso percorso,senza peraltro aver attinto a nessuna grandezza.Semplicemente lasciandosi vivere in una regressione carnale e amara,dove ciò che si desidera si disvela progressivamente essere sempre altrove.Stretti fra atmosfere equinoziali,che fondono i sentimenti dell’individuo con gli stati d’animo -giornalieri e stagionali -della natura-si consumano un amore troppo esplorato e un amore impossibile,entrambi pretesti per un ulteriore passo indietro rispetto al raccoglitore di conchiglie sulla spiaggia.Con la deliberata consapevolezza e volontà di lasciarsi intrappolare dai sommovimenti insignificanti della vita,fino ad una resa che,nel suo fatale immobilismo,anticipa la morte reale e simbolica sia dei componenti del gruppo che della casa che li ospita e li illustra.E in un’atmosfera che potrebbe ricordare una sorta di sturm und drang anglofono e "di campagna",brilla miracolosamente,e tutto impregna e pervade, l'inconfondibile modo di scrivere di questo straordinario letterato.Che riesce,con una prosa di una semplicità e di un nitore assoluti,a creare dei corto circuiti violenti e morbidi,che illuminano e ombreggiano la scena come un moderno de La Tour,brillando altresì qua e là come gocce ancora appese,passata la pioggia.Non più di centoventicinque pagine,che però sembrano esistere per introdurre alla lettura di capolavori più complessi,quali-si raccomandano in particolare-Il mare,La notte di Keplero,e ,soprattutto,L’intoccabile.Per una volta ,la copertina dice il vero:”come far capire ai lettori che La lettera di Newton è qualche cosa di assolutamente straordinario"?Leggendola, e considerandola come un pretesto per immergersi progressivamente nel magma delle opere di Banville, soggetto miracolato dal talento,che riesce ancora e sempre a sorprendere in tempi in cui tutto sembra essere già stato detto, sperimentato,copiato,ripetuto ,stravolto,in una sempre più difficilmente raggiungibile amalgama tra " forma" e" contenuto".

Un passo qualsiasi,assolutamente a caso:"Quando cerco le parole per descriverla non riesco a trovarle.Quelle parole non esistono.Dovrebbero essere nient'altro che forme dell'intenzione,in bilico sull'orlo del dire,un'altra versione del silenzio.Anche quando pronuncio semplicemente il suo nome,esso suona come un'esagerazione.Quando lo scrivo sembra gonfio in modo impossibile,come se la mia penna vi avesse lasciato cadere otto o nove lettere di troppo.La sua presenza fisica sembra esagerata,una goffa rappresentazione della lei essenziale.Quell'essenza si può vedere per un attimo solo,ai margini del campo visivo,un'immagine che è sempre là e sempre svanisce,come l'alone di una luce intensa sulla retina"





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