
Oggetto recensito:
L’Ape di Chicago
[Linda Valori “DAYS LIKE THIS” / ANTEPRIMA NAZIONALE - 30.11.’12 h21.15 - Teatro delle API - Porto Sant’Elpidio] Le ART’ World Music www.leartproduction.com Raisin’ Music Records
Atmosfera di festa alle “API”, il nuovo bel teatro color miele scuro. Calda amichevole accoglienza per tutti, a diluire quel po’ di tensione per una prima non qualsiasi, di un concerto di musica ormai inusuale in Europa. Gli entusiastici tempi del Rhytm and Blues ce li ricordiamo bene, fu come un vento rigenerante. Le grandi orchestre “americane” di derivazione jazz dalle splendenti divise, gli agili musicisti di colore, le voci “nere”, le coriste e i coristi, ondeggianti, “neri”… Fiati e ottoni luccicosi in quantità, chitarre elettriche semiacustiche (un po’ kitsch) tutte lustrini e madreperla, organi Hammond ex da chiesa dal brontolìo struggente; contrabbasso e batteria, invece, sempre molto austeri… chissà. Solo brani americani, ovvio. Avvolgenti, coinvolgenti, orecchiabili ma non banali. Con arrangiamenti fantasiosi ma studiati, dai rigorosi schemi ritmici: la struttura matematica degli spirituals dei gospel e del folk, dai fraseggi acrobatici simil-barocchi ben calcolati, senza sbavature, oltre l’indubitabile equilibrio dei solisti. Poi il sound, ah il sound! Tutta gente con lo spartito davanti, professionisti sublimi, talenti, anche stelle. Era travolgente. Per noi tapini sognatori l’America era quella. Noi che suonicchiavamo, i Rhytm and Blues & company li scopiazzavamo dalla radio e dai dischi, con tanta volontà ma con mediocri risultati: non avevamo le basi, ci mancava la cultura, l’anima, certo anche la rabbia stratificata, il dolore popolare dell’America profonda. Eravamo anche troppo dilettanti. Legammo un po’ meglio e più a lungo con la canzone francese, seppur più elegante, ma poi finì lo stesso. Tempi convulsi e disordinati, ci stranimmo: ci buttammo su altre musiche e canzonette, e il Rhytm and Blues se ne ritornò da dove era venuto. Ogni tanto, ciclicamente, qualcosa di mediamente meraviglioso riattraversò l’Atlantico, ma le nostre mode furono più forti. Ci dedicammo ad altro, talvolta anche con valore, anche con bravura.
Mettici anche che fino a circa dieci anni fa, “geneticamente”, non conoscevamo una voce come quella di Linda. Dalla timbrica “nera”: potente ma intima, perforante ma dolcissima. Sbocciò per caso ad un Festival di Sanremo, quasi vinse mi pare. Me la ricordo, sul lungomare di Grottammare, lei ragazzetta timorosa che rispondeva con educazione e timidezza ai goffi complimenti paesani… E adesso rieccola qui alle “API” con la sua band, a presentarci in anteprima il suo fresco disco “days like this”, prodotto negli USA. Prima di ripartire per Chicago (diventata sua seconda patria), dove l’aspettano tournée e concerti, ha voluto cantare per i suoi “amici”, come per averne un pass d’approvazione, d’augurio, d’incoraggiamento. Linda è sempre Linda, ma s’è trasformata. Ha studiato. Ha viaggiato. E’ cresciuta. Non so se è lei che ha scelto questo genere di musica d’America intrisa di jazz d’antan, o viceversa; certo è anche molto merito di chi l’ha scoperta e la segue come una figlia. Voce, talento, sicurezza, istinto, personalità, energia, sensibilità. Può spaziare da un Ray Charles (So Doggone Good) agli spirituals tipo The Way You Love Me, dai ritmi di sapore giamaicano (After Laughter) ai pensosi lenti come Jealous Kind.
Ma il bello è che mentre l’ascolti, qui al Teatro delle API di Porto Sant’Elpidio, sì, t’immagini proprio Chicago con le sue atmosfere, anche se non ci sei mai stato: lo skyline dei suoi grattacieli storici “chiari” della famosa Scuola d’Architettura, ormai sovrastati dai guizzanti monoliti “scuri” delle archistars; i fascinosi magazzini a mattoni rossi delle degradate e pericolose periferie; le polverose fabbriche dove povere donne nere lavorano (e respirano) l’avorio; gli improbabili locali dove si suona di tutto; il lago che pare un mare, il Chicago River che pare finto, la sfilza di ponti che sembrano costruiti col Meccano, le incantevoli torri-parcheggio Marina City; i treni sulla “antica” sopraelevata di ferro… Ti potrebbe sembrare anche di vedere Obama fare footing a tempo di… Rhytm and Blues!
2. 12. 2012 Giorgio Camaioni faxivostri.wordpress.com
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