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Oggetto recensito:
Katia Ricciarelli: "CHI" è stata un dì...
di: Davide Steccanella




L’altra sera su canale 5 hanno trasmesso l’ennesima orrenda celebrazione di Katia Ricciarelli la quale, forse non tutti sanno che…, non è sempre stata come si vede (e soprattutto si sente....) da almeno 20 anni a questa parte. In TV canticchia ancora in maniera francamente imbarazzante (il suo stupendo timbro vocale non esiste più, si sente una specie di traballamento stile sirena della ambulanza calante e metallico direi persino irritante), ma un tempo, limitato va detto ma ci fu, questo singolare soprano, così poco “cantante lirica”, è stata una delle più importanti apparizioni sulla scena operistica del dopo-guerra, osannata da tutti i più importanti Teatri del mondo, e coccolata da registi e direttori di chiara fama. Era giovanissima questa ragazzina bionda con il viso somigliante a quello di Kim Novak quando sconvolse tutti i giurati cantando al concorso RAI dedicato alle voci verdiane del 1971 l’aria di Medora dal Corsaro di Verdi “non so le tetre immagini”: timbro screziato dai colori, si disse, tizianeschi, intonazione magica, accenti poetici, legato impeccabile, pianissimi di grande effetto, dizione esemplare, note gravi appoggiate e di rara bellezza, agilità espressive seppur non funamboliche e acuti facili fino al re bemolle e talvolta anche naturale, insomma bastò una serata per creare l’evento. Il Corsaro integrale, I due Foscari, Giovanna d’Arco in Teatro ancora oggi forse prive di confronto e quindi un recital di arie verdiane (stupendo) diretto da Gavazzeni e subito il lancio in grande stile alla Scala nel 1973 con Suor Angelica di Puccini inciso integralmente insieme al Simon Boccanegra verdiano ancora con Gavazzeni ed un cast di gente come Domingo, Raimondi e Cappuccili e sempre per la RCA che aveva appena perso, a favore della EMI, la Caballé. Il pubblico scaligero non perdonò tanta spocchia, e dopo la celebre aria “Senza mamma” qualche contestazione ruppe la festa organizzata e quel tremendo urlo dal loggione ”sei mediocre” che avrebbe ucciso chiunque, chiunque ma non lei.... Se la Scala non la voleva pazienza, disse la giovane Katia dal viso e voce angelica ma dalla tempra di acciaio, e via con una carriera mondiale strepitosa quasi fosse la risposta italiana alla spagnola Caballé alla quale oltre ai pianissimi ed al repertorio senza confini rubò anche il giovane virgulto tenore dalla voce solare (Carreras), e così per qualche anno dischi e Teatri si contesero questa coppia di innamorati anche nella vita, Karajan li volle in una celebre edizione di Tosca dal suono orchestrale dai mille colori con il geniale Scarpia di Raimondi. Nel 1975 i due giovani amanti fecero a Miami un concerto di canto che rimane ancora oggi una delle più straordinarie pagine sopranili da me mai sentite, con la Katia in forma strepitosa che chiude ogni aria con acuti in piano interminabili e se penso alle romanze da Straniera o da Otello di Rossini mi riesce difficile sentire cantare meglio. Poi dopo il giovane Verdi degli esordi cui aggiunse Luisa Miller con Maazel, arrivò il Verdi della maturità e così Otello con Kleiber, Ballo in maschera con Abbado, Don Carlo, Falstaff con Giulini ed anche la Messa da Requiem ancora con Karajan, e chiunque vuole oggi può recuperare in DVD una edizione londinese del Ballo in Maschera targata 1975 ove la sua Amelia è semplicemente straordinaria, poi arrivarono la Micaela nella Carmen e quindi Liù nella bellissima Turandot di Maazel prima a Vienna e poi alla celebre inaugurazione scaligera del 1983. Inquieta e desiderosa di sperimentarsi in tutto come la Caballé Katia decise quindi di seguire la catalana sulla strada del “soprano assoluto”, ovvero del soprano i grado di cantare tutto, e fu un errore fatale. Infatti se già la Caballé era stata poco prudente nella scelta del repertorio, la Ricciarelli fu addirittura velleitaria, anche perché la sua tecnica non era certo di pari robustezza, e così arrivarono quelle le “sforate” che misero in chiaro taluni non risolti problemucci vocali che presto si sarebbero rivelati irrecuperabili, eco perché dopo alcune buone Traviate ed una ottima Bolena arrivarono incisioni volute si da grandi maestri che non erano riusciti (forse ?) a convincere la furbetta Freni ad inciderli con loro, e furono i fiaschi di Turandot con Karajan e di Aida con Abbado. Nella seconda metà degli anni ‘80 Katia capì che una soluzione per lei dopo tanto Verdi che ormai le stava..largo, poteva essere Rossini che appariva, grazie al festival di Pesaro, sempre più in auge, anche perché con la sua voce ancora sublime poteva supplire alla minor esattezza delle specialiste straniere dalla voce un tantino ordinaria, e dopo Tancredi (ottimo) e Semiramide (buona) arrivarono Armida (buona), Donna del Lago (così così), Viaggio a Reims (media), Bianca e Falliero (buona anzi ottima) e Gazza ladra (scadente). Le nozze mediatiche col Pippo le diedero la forza di riprovare alla Scala ma quella Luisa Miller che tanto aveva amato le costò cara nell’ormai inadeguato 1989 e lo scandalo fu clamoroso (io c’ero e cantò davvero maluccio....) e quindi quella stessa stupenda Manon che solo due anni prima aveva esaltato a Macerata apparve in tutta la sua fragilità, per non parlare dei Puritani baresi cantati a intermittenza, cadute che le sollevarono la critica ormai impietosamente contraria, il resto fu declino inarrestabile e anche veloce lasciando perdere la follia di quella Norma a Trieste che ancora se la ricordano e non certo per mirabilie, ma io una sera estiva del 1986, sotto le stelle di Macerata, dove ero andato per sentire la mia amica Ghena in Turandot prima di partire militare, rimasi folgorato da quell’attacco del “Signore ascolta”....non si può avere idea di cosa fosse stata ai tempi d’oro questa cantante che scriveva Celletti, prima di cominciare a massacrarla, cantava da...bionda, e che Zeffirelli, che aveva come noto lavorato con la Callas, disse un giorno in tivvù, dopo un suo “vissi d’arte”: “straordinaria, veramente straordinaria”. “I momenti”, diceva Arruga, dopo un suo controverso Jerusalem a Parma, i suoi momenti....Tecnica pochina e studio scarsetto insomma, ma musicalità e personalità da vendere poche storie, e gran firma oggi così spesso latitante. In ogni caso pensando anche ad una sua Lucrezia bolognese del 1984 e al suo attacco dell’ "era desso il figlio mio..." quel timbro lì, garantito, non si è sentito più, mai più !!!





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