
Oggetto recensito:
Quando è l'Oscar a pacificare gli animi
THE HURT LOCKER,di Cathryn Bigelow,con Ralph Fiennes,Jeremy Renner,Anthony Mackie,Guy Pierce,131 minuti,Usa 2008.Un imprecisato pezzo di Irak,sospeso nelle lontananze allucinate di quotidiani attentati.Un ancor meno precisato plotoncino di artificieri,sospeso all’interno di gerarchie più fumose che deflagranti.Un percorso di episodi in linea retta,sempre uguali tranne qualche variante secondaria,che si svolgono secondo una tensione senza empatia,come gli amori prezzolati.Un carattere di sminatore invincibile,che trae la sua forza dal non pensare,e la sua droga adrenalinica nell’affermare la propria bravura,sapendo fare una cosa sola:sfidare la morte.Qualche dettaglio delicato al contorno:molti parenti poveri dei gatti nostrani che si trascinano zoppi,frastornati e con il pelo irto su di una magrezza agli estremi;i profili dei locali,amici e nemici,che si stagliano in pieno sole,o all’ombra di spigoli insidiosi,ma sempre furtivamente,come occhi della coscienza prima di essere a loro volta vittime o carnefici;l’infanzia faccendiera e levantina di un ragazzino smembrato e redivivo;un dialogo chiarificatore alla fine,anche se non c’è bisogno di chiarire nulla.La desolazione della non evoluzione umana,che combatte unidimensionalmente per sentirsi vivere.Non poco,ma nulla che dica una parola altra rispetto a film già visti e molto migliori sull’argomento,a partire da Nella valle di Elah fino,a ritroso,a Black hawk down di Ridley Scott, che illustra un episodio della guerra civile in Somalia,inscenando un labirintico assedio delle menti e dei corpi, mentre coloro che devono arrivare in soccorso non arriveranno mai.Kathryn è una brava ed originale regista,che ha irrorato di una personalissima freschezza alcune memorabili pellicole,quali Il buio s’avvicina, Point break,Strange days,ma che qui ha rinunciato alla particolarità di una invenzione,una angolazione,un punto di vista, forse reputando che un percorso così sgranato e dolente parlasse da solo.O che la sceneggiatura,il montaggio, la monotematicità dell’assunto meramente esistenziale,e quindi politicamente equidistante rispetto ad ogni posizione bellica,fossero autoreggenti,come le calze.Ma non è così.Ancora una volta la diligenza non paga abbastanza,facendo di un aspirante capolavoro un buon film-dolentemente astuto e didatticamente ridondante- da Oscar,che sa però un poco impropriamente di quote rosa e di gossip attualistico,nella sfida golosa -e non casuale,data la ricorrenza dell'8 marzo--di un ex marito versus una ex moglie.Con i debiti sprechi di retorica,che alla fine hanno pacificato tutti
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