
Oggetto recensito:
E’ importante, io credo, rivedere a distanza di tempo certi spettacoli mito che hanno fatto la storia moderna del Teatro lirico e 34 anni sono passati dal celeberrimo Otello scaligero diretto da Kleiber che sentito e risentito in CD non avevo tuttavia mai visto, e così ieri sera, grazie al DVD (ottima qualità video, suono un po’ basso ma più che accettabile) inviatomi dagli americani di House of Opera, ho piazzato il grande schermo ed il proiettore in soggiorno e sono tornato a quella sera che ai tempi e per ragioni anagrafiche mancai e mancai, lo dico subito, un grandissimo Otello. Cominciamo da quello che non è mitico ma più che buono, ovvero da regia, scene e costumi di uno Zeffirelli ai tempi ancora più che valido (nel film lo sarà molto meno), nulla di sensazionale sia chiaro, ma adeguato il servizio visivo di supporto a quello che di musicale accade in scena, e dalla Orchestra e coro della Scala dove tutti fanno il loro bravo mestiere senza sbavature con punte di eccellenza per il coro, e quindi arriviamo a quello che ancora oggi è mitico e con la emme maiuscola, e parlo innanzitutto di direttore e di protagonista. Sulla memorabile direzione di Kleiber credo non sia necessario spendere alcuna parola in più rispetto a tutte quelle che in tanti hanno già detto, ma quello che il video ci mostra è il “gesto” di questo fenomeno, un gesto assolutamente ammaliante e pregno di genialità mista a passione totale, Kleiber respira e costruisce musica a diretto contatto, sembra, con Verdi e quando la regia del video inquadra il suo accompagnamento di un superlativo Domingo nel “Dio mi potevi scagliare” hai l’impressione di vedere lì il vecchio Giuseppe Verdi che sorride sornione per il suo capolavoro che sta andando in scena come meglio non si sarebbe potuto fare, e forse e perché no anche Shakespeare che ascolta rapito. Ma se tutta la direzione di Kleiber, a cominciare da quegli attacchi di inizio atto che creano sin dalle prime battute una atmosfera di pura magia, e per finire ai suoi incredibili stacchi con cui passa dal momento intimista alla grande scena di insieme, è l’allora quasi debuttante nel ruolo Domingo a sbalordire ancora oggi 34 anni dopo. Domingo in questo video è…Otello, è Otello dall’inizio alla fine dell’opera e non solo dal punto di vista vocale nella superba valorizzazione del legato verdiano a mò di viloncello, ma proprio per quella sua recitazione sofferta ma intelligente che coglie come mai nessuno ha più saputo fare lo spessore del moro dilaniato dalla ossessiva forza del suo controverso sentimento per Desdemona. Mi importa davvero poco, di fronte ad un tale magistero unito ad una generosità di canto peraltro a serio rischio ammazza-voce, che qualche Si naturale risulti stiracchiato o che talvolta si percepiscano alcune forzature nei punti più concitati del secondo atto, qul che conta è il personaggio complessivo che ne viene fuori, affascinante ed irresistibile dall’Esultate al finale tragico, con punte, lo si è già detto, di autentiche memorabilia e proprio laddove Verdi ha principalmente costruito questa gigantesca figura (a titolo di esempio i suoi interventi nascosti “l’empio mi irride”, la forcella-corona tenuta verso l’Ora e per sempre addio dopo lo sfogo a Iago, il suo falso "grazie madonna" del dettone atto terzo e tutta la grande scena del finale atto terzo). Aggiungo solo che uno che canta in quel modo nel 1976 avresti detto (ed alcuni soloni lo dissero…) avrebbe perso la voce in pochi mesi, del tutto incredibile è il pensare che oggi egli canti ancora, a riprova di quale artista sommo egli fosse, con tanti saluti ai vari Celletti et similia, ma questo è altro discorso che in nulla intacca la superba grandezza di questa storica raffigurazione di 34 anni fa. Accanto a questo fenomenale protagonista giganteggia altro mito che a distanza di 34 anni e nuovamente con buona pace dei vari Celletti et similia si conferma più che tale, e parlo dello sbalorditivo Jago di Cappuccilli che in alcuni punti addirittura quasi ruba la scena a quel portento, quando entrambi avanzando al proscenio declamando l’Ora e per sempre addio vengono, ve lo giuro, i brividi, e del tutto ovvio che alla fine venga giù il Teatro, pazzeschi e punto. I lussi dell’epoca fan si che tra i comprimari troviamo non solo il bravo Luigi Roni ma i due futuri tenori in carriera Cianella e Raffanti che per vero tuttavia non lasciano qui grandi impronte, ma non era facile farsi notare in serate di tale livello. Chi un pochino delude e mi spiace per gli strali che questa considerazione porterà, è invece la Desdemona della Freni. Sia chiaro il canto ovviamente è come sempre eccelso e non c’è suono che non risulti perfettamente appoggiato etc. ma il video rispetto al CD la penalizza non poco. Di fronte infatti a quei due mostri che si trasformano letteralmente in Otello e Iago dando sfogo ad ogni più periglioso sforzo per catturare gli spettatori anche i meno avvezzi alla lirica, vedere quella bocca perennemente posizionata in avanti stile cavallo per il giusto suono, quel respiro sempre controllato per evitare qualsiasi sbavatura, quello sguardo sempre rivolto alla bacchetta, quel cercare sempre il gesto più comodo per la giusta emissione, quella assenza di qualsivoglia rubato o indugio in qualche legato della serie guai a mettere la benché minima firma laddove Verdi ha scritto, e tutto questo sempre ed anche nei momenti più teatralmente rilevanti onestamente alla lunga ammorba. Certo, come scrisse Celletti, Desdemona è di base una “oca patentata” quindi non è che il personaggio sia poi così facile da fare emergere, ma se penso ad una Ricciarelli che di certo era meno pulita nei suoni ma che incanti in certe frasi più liriche, ad una Scotto che nel disco RCA gareggia alla pari con Domingo con il suo fraseggio sempre ispirato, od anche alla giovane Caballé che nel live del MET del 1967 surclassa tutti gli altri con continue magie vocali, ma anche, andando indietro, alla matronale verdianità manzoniana di una Tebaldi degli anni d'oro, non è poi così vero che anche questo ruolo non consenta in certi casi di raggiungere la eccellenza, eccellenza che qui a Desdemona non mi sento di riconoscere. Considerato comunque che stiamo pur sempre parlando di Mirella Freni annata 1976, e che a fianco a lei ci sono due mostri sacri all’apice della loro forma, e che tutti sono diretti da quello che è stato forse il più grande direttore di Otello del dopo-guerra, direi che anche a distanza di 34 anni il DVD conferma che si trattò di uno spettacolo di quelli che fanno dire ancora oggi ai fortunati di allora la fatidica frase “io c’ero”, anche perché in seguito sul fronte Otello di Verdi non mi risulta che in questi 34 anni sia stato detto qualcosa di migliore né alla Scala né altrove… Davide Steccanella
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