
Oggetto recensito:
Due DI BONAVENTURA in due giorni “un giorno dopo l’altro…”
[ L’attore Vincenzo : “IL VICARIO”(Rolf Hochhuth) - Torrione CarloV - Martinsicuro [TE] 27. 1.’11 - Il musicista Daniele: Fresu / Di Bonaventura & Band’Union - Teatro dell’Aquila - Fermo 28. 1.’11]
Quando capita mai, di assistere “un giorno dopo l’altro” a due bravi spettacoli, vicini e diversi, intensi ambedue: fuor di retorica, di forte sensibilità e coraggiosa denuncia morale l’uno, d’alta evasione e originale sperimentazione artistica l’altro, e con due Di Bonaventura! Il maturo attore solista di “mostruosa” bravura che ricrea sette-otto personaggi in scena unica, e il “giovane” di una fresca formazione jazz che si fonde in musica pensante, sorgente di emozioni per palati fini.
Circa 50 anime a Martinsicuro, dentro le mura possenti del Torrione di CarloV sopravvissuto alla folle edilizia truentina; più di 500 a Fermo, nel teatro più fascinoso delle Marche, per fortuna o per caso non (ancora) a rischio di divenire Centro Commerciale. La (ri)proposizione nel Giorno della Memoria di brani da “Il Vicario” toglie il respiro. Niente a che fare con l’appiccicar medaglie o sbrodolare discorsi tristemente uguali. Qui qualcosa ti esplode dentro: cogliere “l’antefatto di un teatro che vorremmo abolito, cancellato dalla storia della nostra vita”, somma di vergogne e di dolori. E sordità e silenzi e calcoli e convenienze. Il male alla massima potenza, eppure così a portata di mano. L’estratto di un dramma in 5 atti mai chiuso, mai finito, mai espiato. Anzi, esso si ripropone nelle nostre “realtà ridotte”, nei nostri piccoli “teatri personali” ogni volta che - conniventi o inconsapevoli, sempre colpevolmente - ci adattiamo alle sguscianti suggestioni del male e dell’oblìo. Vincenzo Di Bonaventura - col suo Hochhuth - con calda crudezza ci addita questa “normalità” strisciante: il silenzio è la massima colpa, dopo la volontaria rinuncia alla libertà. A tutti i livelli.
Il Giorno della Memoria è appena consumato ed eccomi il giorno dopo a disimpegnatamente pregustare l’ascolto di Paolo Fresu, del suo concerto qua a due passi. A Daniele Di Bonaventura non pensavo per niente. Invece ieri sera, “autorizzato” da Fresu, la scena se l’è presa lui. Come solista, come duo, come quartetto, come intrattenitore nella “sua” Fermo. Il respiro gli viene non dai polmoni ma direttamente dal mantice del bandoneon con apertura alare d’aquila, ticchettante come l’orologio della chiesa, duellante col vissuto flicorno che danza al ralenti e si torce con eleganza di ginnasta al circo. Il secondo pezzo - il più “facile” per noi – sarà “Non ti scordar di me”. Come potremmo! Poi, Daniele pure al clavicordo, un po’ di musica simil-settecento in salsa di elettronica calda [e il Fresu su una gamba, la sua tromba-col-filo che bacia le assi del palcoscenico…]. Guarda cosa è venuto fuori dal figlio di un signore che lavorava qui da maschera, sì, proprio in quel teatro, che s’appostava sotto ai palchi 3 e 4; da un abruzzese di Fermo che a 11 anni suonava la pianola! Ma noi che conosciamo l’altro Di Bonaventura attore, pure abruzzese e teatrante in San Benedetto, non ci sorprendiamo. Garantisce il nome Di Bonaventura. Ce lo conferma l’ottimo contrabbassista di Band’Union Felice Del Gaudio (ma non dimenticheremo neppure gli altri bravissimi Marcello Peghin e Alfredo Laviano), raccontando che l’estate scorsa, in un improbabile villaggio dalle parti di Casablanca (mi pare), gli si era parata di fronte una tipica chiesa sul cui portale c’era scritto in grande…San Di Bonaventura…
29. 01. ’11 Giorgio Camaioni www.faxivostri.wordpress.com
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