
Oggetto recensito:
Quarto libro di Barbara Balzerani dopo "compagna luna", "la sirena delle cinque"e "perchè io perchè non tu", e come gli altri tre un libro denso, asciutto, e scritto con quel suo stile tutto particolare che alterna oggettive crudezze e soggettivo lirismo, e che costituisce un inquietante e tragico atto di accusa alla attuale società del benessere che tutto ha sacrificato al consumismo più bieco ed ingiusto. Con la "scusa" della attesa dell'ultimo anno di semi-libertà prima della definitiva conclusione della lunga pena detentiva (circa 30 anni), l'autrice evoca, nei suoi ricordi infantili, il percorso di una famiglia povera, la sua, trasferitasi in un paese del Lazio alla ricerca di quel boom economico di cui usufruiranno in ben pochi, ma ben presto finisce con il commentare i principali avvenimenti degli ultimi anni di politica sociale italiana e mondiale fino all'ultimo scandalo del ruby-gate. "Ho tante cose ancor da raccontare per chi vuole ascoltare e al culo tutto il resto" cantava Guccini nella celebre Avvelenata, ed imperterrita barbara balzerani non cessa di raccontare, senza retorica e cedimenti al facile sentimentalismo di maniera, quanto sta avvenendo davanti ai nostri occhi, sempre più distratti e sempre più obnubilati dal conformismo di informazione.Dal sacco edilizio agli inquinamenti diffusi, dalle morti sul lavoro al dramma delle carceri, dalla chiusura razzista al diverso al disimpegno cultural-televisivo, dalla facile solidarietà pelosa per il terzo mondo al residuato belligenrante verso i paesi più poveri, e chi più ne ha più ne metta, anche il cosiddetto impegno civile accettato sembra una pietosa foglia di fico per coprire le nostre colpe. Il mondo moderno insomma più cresce e più aumenta le ingiustizie e ne fa vessillo di una sopravvivenza sempre meno consapevole e sempre più auto-distruttiva, al punto che solo il recupero di certi valori semplici e dimenticati di un tempo meno avanzato consente alla autrice uno sguardo meno depresso e intimamente foriero di immagini ancora piacevoli. Il degrado giovanile dei gruppetti di ragazzi privi di sbocchi contrasta in modo violento con la curiosità ancora viva della detenuta disposta a concedersi solo un atto dello spettacolo di PIna Bausch prima di rientrare nella sua cella, ed il gusto ancora vivo per il mare e per la forza della natura (Matera ancora una volta e la bellezza della sicilia assolata) forma una dura contrapposizione all'orrore del nulla urbano privo di confine all'incontrollato cemento. Di fronte a questo libro che fortunatamente la casa editrice DeriveApprodi non manca di divulgare, e meno male che c'è, so già che in tanti potranno obiettare sul "pulpito", ma la insuperabile forza del dato snocciolato con assoluta obiettività non consentirà a nessuno la negazione della verità della "predica" di chi, dopo anni e anni e diverse esperienze ha pagato senza rompere i coglioni a nessuno e a differenza di molti interamente il proprio debito con lo Stato, e oggi ha ancora voglia di denunciare quello che non va, con la coerenza assoluta di chi, ancora come scriveva Guccini in Cirano ammette e rivendica che: "spiacere è il mio piacere, io amo essere odiato" togliendosi anche il sassolino sacrosanto di dire pubblicamente che la recente appropriazione di De Andrè da parte del facile conformismo (alla Saviano o alla Travaglio aggiungo io) è solo un ulteriore sfregio alla grandezza di quell'autore ed al suo importante pensiero. Un libro che consiglio vivamente per chi ritiene che la nostra vita non debba ridursi ad una pantomima priva di sguardi anche sul peggio oppure anche a chi solo ritiene che Pasolini ci abbia visto giusto 50 anni fa.. .
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