
Oggetto recensito:
Con Chabrol scompare l'ultimo dei grandi artigiani del cinema, non solo francese. Non catturato dalle avanguardie degli anni Sessanta (ma non per questo ostile, vedi la collaborazione con Jean Luc Godard in un episodio dei Sette peccati capitali, 1961), - nouveau roman alla Resnais o alla Robbe-Grillet, ma anche al cinema-veritè, Chabrol, fin dagli inizi si mostra interessato (come un moderno Balzac) all'indagine dei vizi privati e pubbliche virtù della piccola e media borghesia (Le Beau Serge, 1957, I cugini, 1958). Capisce prima degli altri registi che la chiave dell'indagine è racchiusa nel roman policier (A doppia mandata, 1959: Landru, 1963; Il tagliagole, 1969; Ucciderò un uomo, 1969) e persegue con questa chiave di lettura fino agli ultimi film. Non è casuale che quasi la metà dei suoi film siano ispirati ad autori 'popolari' (in Italia reperibili nei 'Gialli Mondadori' (Quando la bestia muore di Nicholas Blake, 1969; All’ombra del delitto di Charlotte Armstrong, 1970; Dieci incredibili giorni di Ellery Queen, 1971;Il buio nella mente di Ruth Rendell, 1991; Grazie per la cioccolata, ancora Charlotte Armstrong; La damigella d'onore, sempre di Ruth Rendell, 2004). Due suoi capolavori sono tratti da Georges Simenon (I fantasmi del cappellaio, 1982; Betty, 1992). Alla grande Patricia Highsmith si rifà Il grido del gufo del 1987; alle trame fulminanti dei racconti di Stanley Ellin (molto amato da Hitchcock, Ellin come Roald Dahl ha ispirato molti episodi della serie Hichcock Presents ) Leda del 1959. Non sono secondari i film ispirati a grandi autori anche se non del tutto riusciti (Sterminate gruppo zero, Jean-Patrick Manchette, 1974; Il sangue degli altri, Simone De Beauvoir, 1984; Giorni tranquilli a Clichy, Henry Miller, 1990; Madame Bovary, Gustave Flaubert, 1991).
Au revoir monsieur le directeur
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