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APOLOGIA DI B
di: Sara Di Giuseppe




APOLOGIA DI B [ Anticipazioni sul libro “Due anni di governo” ]

E’ in arrivo nelle case degli italiani il libro Due anni di governo. Grazie ad un fortunato scoop siamo in grado di anticiparne l’ORAZIONE INTRODUTTIVA, ideata e scritta da B medesimo. Ecco alcuni dei passaggi più ispirati:

* “Io non so proprio, o Italioti, quale effetto abbiano prodotto su di voi i miei accusatori, ma poiché Dio mi ha assegnato un posto di combattimento, sarei ben colpevole e sarebbe veramente cosa grave se io, temendo le accuse, disertassi il campo. Giacchè - sappiatelo bene - è questo che mi ha comandato Dio, e credo che nessun bene maggiore abbia il nostro Paese che questo mio zelo a servirlo, sollecitando voi, giovani e vecchi, a non prendervi cura né del corpo né delle ricchezze più che dell’anima, giacchè non dalla ricchezza deriva la virtù, ma dalla virtù la ricchezza e ogni altro bene ai cittadini e al Paese.

Ascoltatemi dunque bene, o Italioti: mi assolviate o no, state pur certi che io non muterò la mia condotta, dovessi morire molte volte. E sappiate che se mi indurrete alle dimissioni, più che a me recherete danno a voi stessi. Se mi allontanerete, infatti, voi non troverete tanto facilmente un uomo posto da Dio alla tutela del Paese come in groppa ad un cavallo grande e generoso ma incline, per la sua stessa grandezza, alla pigrizia, per cui ha bisogno d’esser stimolato dagli sproni. Questo è l’ufficio a cui Dio mi ha destinato, perché abbia a stimolarvi, ad esortarvi, a correggervi. Un uomo siffatto non lo riavrete più tanto facilmente.

E che io sia stato inviato al Paese come un dono di Dio, lo potete desumere dal fatto che ho trascurato per tanti anni i miei interessi personali e quelli della mia famiglia per occuparmi soltanto di voi come un padre o un fratello maggiore affinché coltivaste la virtù. E si potrebbe ancora capire se tutto ciò lo avessi fatto per ricavarne vantaggi personali o qualche remunerazione in denaro; ma voi vedete bene che gli accusatori, pur attribuendomi spudoratamente tante colpe, non sono stati così spudorati da addurre un solo testimone che affermasse d’aver io percepito o chiesto mai denaro. Ma io invece ho un testimonio della verità di ciò che dico: la mia povertà. E tutta la mia vita, sia nelle funzioni pubbliche che nelle mie private faccende, testimonia che mi sono sempre mostrato tale da non concedere mai a nessuno cosa alcuna contraria alla giustizia, chiunque egli fosse.

Quanto a me, ho il dovere di adempiere a questa missione commessami da Dio con vaticini, con sogni e con tutti quei modi di cui un divino volere si serve per ordinare cosa alcuna ad un uomo. Forse penserete che queste mie parole siano dettate da un sentimento di orgoglio. No, o Italioti, non è così! Piuttosto è che io sono persuaso di non aver mai fatto torto ad alcuno e tanto meno, dunque, voglio fare torto a me stesso assegnandomi la pena della rinuncia al governo del Paese. E per quale motivo dovrei fare ciò? Quale vita menerei io a questa età, passando da una città all’altra, sempre d’ogni parte cacciato via? Perché so bene che dovunque andrò io terrò gli stessi discorsi e tutti, come accade qui, mi ascolteranno.

A questo punto qualcuno potrebbe dirmi: - Ma non sei capace, o B, andato che tu sia in esilio, di vivere tranquillo tacendo? - Ecco ciò di cui mi pare veramente difficile persuadere alcuno di voi: se vi dico che ciò per me è disubbidire a Dio e che, di conseguenza, io non posso astenermene, voi non mi credete e pensate che parli con ironia. Tuttavia, o Italioti, questa è la verità, anche se non è facile persuadervene. D’altro canto io non sono capace d’assuefarmi all’idea di rinunciare al governo del Paese e credo fermamente, inoltre, che a colui che è buono non può accadere nulla di male, e che gli Dei si prenderanno cura della sua sorte. Per questo non sono affatto in collera con i miei accusatori.

Ma vedo che è tempo ormai di andare, io a comandare, voi ad ubbidire. Chi di noi avrà sorte migliore occulto è a ognuno, tranne che a Dio.”

*Spudorata incursione in: Platone, Apologia di Socrate (IV sec. a.C.) - trad. V.Stazzone. [ Mi perdoni Platone e mi perdoni soprattutto Socrate ]

14. 11.’10 Sara Di Giuseppe





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