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Oggetto recensito:
AMOUR FOU TRA FRANCIA E ORIENTE
di: lorenzo velle




Bataille/Breton

L’azzurro del cielo (Einaudi Editore) del 1935 di George Bataille è un romanzo chiave sull’erotismo. Allo scrittore francese non era sconosciuta la letteratura orientale, penso alla fotografia che lui inserisce tra le pagine del saggio L’erotismo (Sugar.Ediz. Fuori collana - copertina di Max Ernst)la terrificante immagine della donna sulla quale viene praticato il Leng Tche, la tortura dei cento tagli, un orribile sevizie cinese che contemplava lo smembramento del corpo di un condannato, senza che questi tagli comportassero la morte che doveva arrivare lenta e dolorosa.

Bataille aveva recuperato la foto (che oggi è facilmente visibile anche online e ha ispirato John Zorn) da un antropologo (è noto che lo scrittore viaggiò anche al seguito di Marcel Mauss). Per non allontanarmi dal tema, dico subito che il cinema giapponese, ma anche la letteratura (Junichiro Tanizaki soprattutto), hanno fornito, prima che il cinema occidentale ci arrivasse, gli esempi più estremi sul tema dell’amore divorante, vedi il Breton surrealista di Nadja (Ediz. Einaudi) e soprattutto l’Amour Fou (Ediz. Einaudi), per non parlare del breviario erotico, il meraviglioso L’Immacolata Concezione (S.E. Ediz), sembra attingere (anche se nessuno lo ha mai scritto) dalla narrativa orientale a partire dalle Mille e una notte; del resto, già nel fervore impressionista, musicisti come Ravel e Debussy e scrittori come Pierre Loti (autore di un introvabile Japonaires d’automne) presero a piene mani dall’esotismo del paese del Sol levante.

La play può solo poveramente illustrare con alcuni film un discorso che soltanto in un saggio potrebbe trovare una sistemazione adeguata.

Il tema: l’amore e la morte. Il luogo: una camera da letto.

Gli amanti si avvinghiano, si divorano, muoiono insieme; una donna spicca il pene dell’amante dopo averlo ucciso in un amplesso di asfissia erotica e lo porta appeso alla cintola; uno scultore cieco cattura una giovane donna e in un itinerario di erotofollia, su richiesta della partner, le taglia di netto le braccia e le gambe; un’altra coppia litiga in una stanza fino a divorarsi metaforicamente. In tempi recenti, un horror movie di grana grossa riprende il rito del Leng Tché adattandolo ai nostri giorni di insania collettiva.

Tanizaki

Va annotato che Tanizaki è noto in Italia per il pessimo trattamento riservatogli da Tinto Brass nel film La chiave, una vergognosa trasposizione dal grande omonimo romanzo e da Liliana Cavani che ha riadattato La croce buddista in una variante “ammodernata” e bruttissima, Interno berlinese (1985). Non resta che leggere i suoi romanzi tra i molti pubblicati in Italia.

Edogawa Ranpo/Yasuzo Masumura

Non è andata meglio a Edogawa Ranpo, giallista noto in tutto il mondo tranne che in Italia. Edogawa Ranpo (al secolo, Taro Hirai), grande ammiratore degli scrittori di gialli occidentali, specialmente di Edgar Allan Poe, ha scelto lo pseudonimo Edogawa Ranpo che è infatti la trasposizione fonetica del nome di Poe (Edogav- aran- po). Dal suo più famoso romanzo Moju: the Blind Beast, il regista Yasuzo Masumura trasse uno dei film erotici più persuasivi della storia del genere, Blinb Beast (1969) poco noto in Italia ma che il database molto sfacciatamente non riporta, mentre non dimentica i meno noti e tradotti con titoli corrivi Indagine su una ninfomane [1969, titolo originale Jotaj, titolo inglese Vixen; notare la ‘finezza tutta italiana delle traduzioni!], Bisexual [1968, titolo originale Daini No sei, titolo inglese The Sex Check], Nuda per un pugno di eroi [1966 e non 1973 come è scritto in MyMovies, titolo originale Akai Tenshi, titolo inglese Red Angel] .

Dei circa sessanta film girati da questo grande regista, morto prematuramente nel 1986 a 62 anni, in Italia si conoscono soltanto una dozzina di film tutti ‘contaminati’ con titoli soft core: speriamo che Enrico Ghezzi faccia giustizia e ci fornisca un ritratto serio di Maumura, come sta facendo in questi giorni con Kinji Fukasaku.

Edogawa Ranpo/Noburu Tanaka/Nagisa Oshima

Edogawa Ranpo è anche l’autore dello stupefacente thriller L’uomo che camminava nei solai, che il regista Noburu Tanaka traspose in immagini nel nel bel film La casa delle perversioni del 1976 [anche in questo caso: titolo originale è Edogawa Ranpo ryoki-kan: Yaneura no sanposha, il titolo inglese Watcher in the Attic o The Stroller in the Attic che traducono correttamente il titolo del romanzo e del film] (che Ghezzi ci regalò in un Fuori Orario di quindici anni fa). Il romanzo, noto come L’uomo che camminava nei solai (in realtà l’uomo cammina su un solo solaio!) è stato pubblicato in Italia (anche qui grande confusione sui titoli delle opere dello scrittore, segno inequivocabile del provincialismo italocentrico), con il titolo La belva nell’ombra dall’editore Marsilio nel 2002 (è bene dire che il protagonista del romanzo non è una belva, ma un semplice voyeur), mentre The Blind Beast è stato pubblicato questa estate dalle edizioni “Creation Books” finalmente con il titolo giusto Moju: The Blind Beast. Va anche detto che alla Casa delle perversioni è ispirato il film di Barbet Schroeder Inju, la Bête dans l’ombre (2008) mai arrivato (che io sappia) sui nostri schermi. Un altro romanzo di Edogawa Ranpo è apparso presso i tipi della Marcos y Marcos nel 1994, Il mostro cieco. Di Noburu Tanaka è il famoso film Abesada, l’abisso dei sensi del 1975 che precede di un anno il film di Nagisa Oshima L’impero dei sensi (1976) attingendo alla stessa storia (vera) della donna che tagliò il pene all’amante. [Per essere precisi: il titolo originale del film di Tanaka è JitsurokeAbe Sada cioè, come è tradotto correttamente in inglese A Woman Called Sada Abe, Una donna chiamata Sada Abe, niente ‘abissi dei sensi!]





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